Capitolo trentesimo

597 35 171
                                    

«Ammetto che, quella notte, vi avevo vista fuggire rapida come un uccellino di bosco, eppure mi finsi cieca perché non avrei mai potuto darvi torto per quella decisione», iniziò il racconto, «Ma l'indomani la reazione del signor Vincent fu disumana: quando si accorse della vostra assenza si lasciò andare a delle animalesche grida di dolore, quali fossero quelle di una bestia gravemente ferita, e chiamò più volte addolorato il vostro nome. La sua intensa passionalità, che non mi aspettavo potesse essere così accesa essendo sempre stato - io lo so perché l'ho cresciuto- un bimbetto timido e silenzioso, lo portò subito ad uno stato febbrile che lo costrinse a letto per giorni.

Vi seguirono un paio di settimane per così dire tranquille, perché non solo il signor Vincent fu relegato a letto dalla malattia, ma anche sua moglie Victoria, a causa del freddo preso il giorno del suo arrivo, ebbe la stessa sorte. Quindi dovetti infine curare entrambi per quasi un mese.

Il signor Vincent ha sempre avuto la fortuna di avere un corpo forte e si riprese prima della moglie, molto più fragile di lui; riuscì a riprendere anche la lucidità e la parola, cosa che non mi aveva concesso per tutto quel periodo di degenza. Quel mattino di fine ottobre, ricordo ancora, le prime parole che disse furono rivolte a voi:

«Come posso non perdere la fede, quando non ho più nulla di buono a cui aggrapparmi? Dove siete mia luce e speranza? Mi lasciate davvero così nella desolazione?» blaterò addolorato.

«Oh, per fortuna sapete ancora parlare!» esclamai, perché ero stata davvero in pensiero, mentre provai ad accudirlo e imboccarlo con un cucchiaio inzuppato nel brodo di pollo, lui mangiò, fortunatamente senza proteste e opposizioni, ed io continuai: «Il vostro corpo è tornato in salute, dovreste ringraziare Dio di essere così forte, con la febbre che vi eravate fatto salire!»

Lui mi diede un'occhiata stanca col suo viso che si era riempito di foltissima e trascurata barba, «Darei la salute del corpo per quella dell'anima. Preferirei crepare di stenti ma sentendo il cuore pieno, libero e sollevato» mi disse. Io scossi il capo e lo spronai ad essere felice di avere ciò che aveva. Lui digrignò i denti impetuoso, e strinse i pugni così forte che per poco non credetti che sarebbe riuscito a farsi sanguinare le mani con le unghie, e delirò ancora, con una struggente rabbia e sofferenza: «Ormai ho l'impressione d'essere vivo solo perché il mio cuore batte e i miei polmoni respirano, senza alcuna mia volontà! Tanto vale essere morti!»

«Signor Vincent!» lo interruppi con tono di rimprovero, permettendomi di alzare di un po' la voce; devo infatti ammettere, signorina Sophie, che era da quando era solo un bimbetto che non mi permettevo più di sgridarlo a quel modo, eppure in quel momento mi sembrò di trovarmi nuovamente davanti proprio a quella creaturina piagnucolante e compassionevole, e non al pezzo di ghiaccio in cui si era evoluto e che mi aveva tolto la sfrontatezza di ammonirlo di tanto in tanto perché, sapete, un cuore di pietra non mi avrebbe mai ascoltata. «Non permettetevi di dire queste assurdità, quando uno ha la fortuna della vita e della salute! Vergognatevi, signore mio, e siate riconoscente! Cosa pensate giudicherebbe la dolce Sophie se fosse qui a sentirvi?» tirai in ballo voi perché sapevo foste il suo punto debole.

«Ah!» gemette allora lui addolorante, buttandosi in posizione fetale sotto al lenzuolo come per fare i capricci - e vi giuro che era uno spettacolo strambo, fatto da un uomo della sua età e stazza!-; intanto appoggiai il piatto fondo con il brodo sul comodino, anche perché capii che ne aveva benissimo la forza per terminarlo da solo.

«Se mi macchiassi di un qualunque crimine», farfugliò, «Sono certo che si allontanerebbe di venti volte tanto i passi che ci dividono ora. E non potrei sopportare nemmeno un millimetro più di così, visto come sono già dilaniato per ciò che ci separa adesso. Chissà se tornerà mai da me...»

«Se non vi rimettete non tornerà senz'altro!» feci ancora dura io, cercando di dargli un motivo per rialzarsi. Anche se continuai ad essere rigida e impassibile in realtà ero molto preoccupata per il suo stato, temevo davvero che si sarebbe potuto far salire nuovamente la febbre o lasciato semplicemente morire.

Anime AffiniWhere stories live. Discover now