EPILOGO

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Chalfont St. Giles, 1902.

Erano passati dieci anni dal ricongiungimento di Sophie e il signor Vincent, ed il loro rapporto, e il loro amore, non fecero che crescere e fortificarsi negli anni, giorno dopo giorno, unico nel suo genere.

Le cose non furono fin da subito semplici. Vincent mise più di un anno a riabilitare la propria salute e ad uscire dalla sempre più insidiosa dipendenza da oppio; e nemmeno le sue paranoie e insicurezze svanirono rapidamente. Sophie, però, si occupò di lui in ogni momento, con coraggio e devozione, e senza mai stancarsi dei suoi fragili atteggiamenti, alleggeriti dal solido e puro sentimento che provava nei suoi confronti. Lo rassicurò quando ve n'era bisogno, lo consolò nei momenti di tormento e lo prese per mano quando si sentiva più solo, senza mai perdere il sorriso e la gioia di averlo accanto.

Divennero marito e moglie prima ancora che le cure terminassero. Fu un matrimonio semplice e vivace, nella chiesa del villaggio di cui ormai la ragazza conosceva perfettamente la storia e lo stile, dove parteciparono solo pochi conoscenti e alcuni bimbetti curiosi della campagna, venuti a vedere chi fosse la nuova signora Jenkins. L'abito bianco non era dei più appariscenti, e ne aveva preferito uno dal taglio più classico, mentre sul capo aveva messo una corona di fiori a circondare la chioma nerissima. Il viaggio di nozze fu rimandato di un anno, per via della salute di Vincent, e scelsero come meta l'Italia, visitandone le città più belle come Venezia, Roma e Firenze; e quella fu la prima volta, ma non l'ultima, che Sophie mise piede fuori dall'Inghilterra. Infatti, negli anni a venire, si concessero di tanto in tanto una gita in visita del mondo e le sue bellezze, per apprezzarne la storia e l'arte insieme, ma ovunque andassero il loro luogo preferito e di ritorno restò sempre casa, in quel vecchio maniero di Chalfont St. Giles.

Sophie inoltre continuò a scrivere e pubblicare romanzi, che narravano per lo più di amori difficili ma dal legame solido, ed il suo primo lettore fu sempre il marito, fiero di lei e della sua piccola carriera.

Constance tornò a vivere con loro, dove trascorse la vecchiaia non più come governante ma più a fare da nonna della famiglia; mentre nuova servitù, mai troppo numerosa e invasiva, venne nuovamente assunta dando più vitalità a quella dimora che era rimasta silenziosa per troppi anni. Tutte le stanze vennero riaperte, come anche le ante da cui poté rientrare luminoso il sole, ed il giardino tornò ad essere uno splendido dipinto di colori grazie ai nuovi fiori seminati e curati cresciuti.

Peter, invece, rimase a vivere a Londra, dove continuò la sua carriera lavorativa a cui si era molto legato e che continuava a soddisfarlo. Si sposò con una brava ragazza del posto qualche anno più tardi, e continuò un rapporto d'amicizia via lettera con Sophie. Fu un'unione felice da cui nacquero ben tre bambini e, da consueta abitudine, quella grande famiglia giungeva in visita durante le festività da loro in campagna ogni anno.

Una nuova estate era alle porte ed il sole brillava nel cielo limpido; Vincent e Sophie passeggiavano nella distesa di prato verdissimo, mano nella mano, accompagnati dal soffio di brezza del vento e da un leggero canto di cicale tipico della stagione. A movimentare quella tranquilla uscita vi erano le risate allegre dei due gemelli, Alfred e Elizabeth: i loro figlioletti che ormai erano ad un passo dal compiere i sette anni. Essi correvano qui e là giocosi e si nascondevano nell'erba nei punti dov'era più alta, facendo spuntare solo le loro testoline biondissime, tra un sorriso e l'altro.

Dopodiché corsero entrambi verso i genitori e Vincent si abbassò per poterli stringere tra le sue braccia forti. Sophie osservò il volto del marito: le sue labbra, e l'intero suo viso, erano dominati da un sorriso sincero e dalla bellezza semplice e spontanea che solo un volto innamorato poteva avere; la migliore, pensò, che potesse esistere.

La donna sorrise a sua volta, ringraziando in ogni momento Dio per la vita e la felicità che le aveva concesso. Mise una mano sul gioiello che portava al collo: la collana con diamante che le aveva donato il suo Vincent durante il loro primo Natale insieme, nonché suo primo regalo; la scoprì essere appartenuta a Rose Harrington quand'era in vita, e fu anche l'unico oggetto che Sophie portò via con sé, pur tenendolo sempre nascosto, quando lasciò la dimora Jenkins per sette anni, a ricordargli il loro indissolubile legame. In quel gioiello, che l'aveva sempre accompagnata, poteva sentire percorsa la loro storia e, a quel punto, sentì di essere riuscita a donargli quel valore immateriale di cui era stato sprovvisto.

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