Capitolo terzo

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Lo seguì fuori dal locale passando dalla porta sul retro, appena usciti vennero colpiti da un'ondata di gelo, mentre il cielo si era fatto più cupo preannunciando che da lì a poco ci sarebbe stato un bel temporale. All'angolo, in parte coperta dalla piccola tettoia del locale, c'era una cerchia di persone riunite che seguivano con vigore una partita a scacchi. Thomas fece strada a Vincent tra quella gente che continuava a fare il tifo a gran voce, e si misero in una posizione in cui riuscirono a vedere bene l'incontro.

«Vedete signor Vincent, la bambina è Sophie, sarà lei a battervi!» disse Thomas indicando una dei due giocatori. Vincent riconobbe subito la ragazzina, era la stessa che era passata sotto i suoi piedi e che era gattonata via poco dopo. «È un vero genio degli scacchi. Ogni sera si mette qui fuori per gareggiare con uomini di ogni tipo. Io l'ho sfidata tre volte e altrettante volte mi ha battuto. Ci ho perso dei soldi, sapete? Ad ogni partita si scommette del denaro, solo che non tutti gli uomini sono abbastanza onesti da pagare al momento della loro perdita. Voi siete onesto quindi non dovete scommettere molto.» aggiunse.

Vincent non rispose e rimase a guardare la partita tra la bambina e l'altro giocatore, un uomo sulla quarantina. Osservò il comportamento e le mosse di quella che da lì a poco sarebbe divenuta la sua sfidante: non mostrava nessun tipo di emozione, giocava con estrema calma e un lieve sorriso stampato sulle labbra chiare. In poche mosse mise alle strette il suo avversario e poco più tardi lo colpì con uno scacco matto secco. La gente attorno a loro le fece un applauso e l'uomo che aveva appena perso, dopo alcune imprecazioni, le diede la somma scommessa e se ne andò via senza causare problemi.

«È stata incredibile, come sempre.» constatò Thomas mentre batteva le mani come gli altri presenti, sorridente come un bambino a cui viene mostrato un trucco di magia.

«Il suo avversario mancava totalmente di strategia, è normale che abbia perso.» rispose Vincent facendo alcuni passi in avanti, e parlando alla ragazza disse: «Se avete ancora voglia di giocare vorrei provare a sfidarvi.»

Sophie alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, «Voi siete l'uomo che pensava che gli avessi rubato del denaro, sarò felice di mostrarvi di non essere una ladra.» rispose cominciando a risistemare gli scacchi sulla scacchiera in legno grezzo. Vincent si sedette di fronte a lei ed iniziò a studiarla con attenzione: il suo viso cadaverico rispecchiava quello della morte, era visibilmente denutrita, pallida e con una respirazione irregolare indice di qualche malattia da cui probabilmente non si sarebbe potuta salvare. Le sue mani intente a sistemare la scacchiera erano anch'esse scheletriche, piccole e tremolanti che si muovevano lentamente, a causa anche del freddo che le intorpidiva. La sua voce usciva flebile come se anche parlare fosse ormai diventato un grande sforzo per lei, e spesso era rotta da alcuni colpi di tosse secca. Eppure nonostante apparisse come un fantasma, nei suoi occhi socchiusi, quasi abbandonati al sonno eterno, e nel suo lieve sorriso si leggeva una vitalità ardente come se con tutte le sue forze, con unghie e denti, cercasse di attaccarsi alla vita desiderando invano la sopravvivenza. Era un morto che desiderava la vita, Vincent provò quasi pietà per quell'anima.

«Cosa volete scommettere, signore?» chiese non appena ebbe finito di preparare il gioco fissandolo coi suoi occhi chiari, dal colore simile a quello del cielo grigio quando piove.

«Voi non avete nulla da offrirmi.» rispose Vincent.

«Siete molto sicuro di voi, non credete forse di poter perdere?» domandò Sophie tenendo tra le mani un pedone bianco, il primo a sinistra, e portandolo avanti di due caselle iniziando la partita.

«Non ho mai perso a scacchi.» affermò Vincent rispondendo alla prima mossa aprendo un varco alle sue pedine muovendo avanti di uno il pedone nero situato davanti al cavallo a destra.

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