Capitolo 18

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Non potei impedirmi di dare un'occhiata al torace muscoloso e alla pelle levigata di Kurt, ma rimasi a bocca aperta quando lo sguardo mi scivolò più giù e vidi l'orrenda lacerazione che aveva al livello del cuore. Non ero un'esperta forense, ma mi accorsi subito che si trattava di una ferita particolare: doveva avere provocato una morte immediata, tuttavia il taglio non era irregolare. Era... pulito, se esisteva un termine del genere per indicare il colpo di coltello che aveva ucciso una persona. Come se non si trattasse in alcun modo di un incidente, ma di una morte voluta e concordata in anticipo.

Toccai la cicatrice; il resto della pelle di Kurt era vellutato, ma in quel punto era ruvida. Strano che non si fosse ricostituita come avevo visto accadere appena pochi istanti prima, dopo la bruciatura solare.

Kurt non fece commenti, né ridacchiò con la sua solita sfacciataggine. Chiuse gli occhi e sopportò il mio tocco, invece, come se sentisse il bisogno di condividere con qualcuno una sofferenza che per lui doveva essere ancora viva e più ardente del sole stesso.

Allontanai la mano e lui si ricompose, mettendo a posto la felpa per evitare che qualche sguardo indiscreto notasse quanto era accaduto. Non me la sentivo di allontanarmi, per cui lo presi per un braccio, anche se il bicipite era così muscoloso che, in realtà, avrei potuto circondarlo solo usando tutte e due le mani.

«Mi dispiace» mormorai.

Kurt annuì e, per la prima volta, mi guardò con un'espressione intimidita.

«Come si diventa vampiri?» domandai.

Kurt mi prese la mano e se la portò al petto; mi sforzai di non rabbrividire quando mi resi conto che, mentre nel petto di Max sentivo un leggerissimo palpito, in quello di Kurt il cuore non batteva affatto. «Bisogna essere morsi da un vampiro» mi spiegò, pronunciando le parole con gravità funerea. «E, subito dopo, essere uccisi.»

Le sue parole mi scoccarono un'onda di gelo in tutto il corpo, ma non volli abbandonare l'argomento. «La tua ferita è...»

Dato che le parole mi morirono in gola, fu Kurt a completare la frase. «Precisa. Voluta» disse. Esalò un sospiro-non-sospiro, guardandomi da sotto le ciglia lunghe e bionde. «Non si è trattato di un incidente.»

«Perché?» strillai, rendendomi conto che le parole mi erano uscite di bocca in un gracidio spaventato.

Kurt socchiuse gli occhi in una fessura di pura sofferenza. «Perché Max si era cacciato in un guaio. Uno bello grosso. E l'unico modo che ho trovato per aiutarlo è stato andare in cerca del primo vampiro che mi è capitato tra le mani e implorarlo di farmi diventare uno della sua stirpe.»

Fui così inorridita dalla sua confessione, e dal sottofondo di amarezza che colsi nella sua voce, che liberai la mano dalla sua stretta e me la portai alla bocca, per soffocare un grido.

Avrei dovuto capirlo prima, in effetti. Kurt sembrava troppo affezionato alla vita per accettare con entusiasmo l'ingresso del mondo dei vampiri.

L'aveva fatto per Max. Solo per lui.

Non esisteva modo migliore per dimostrare a un amico l'affetto che provava nei suoi confronti.

«Mi dispiace» ripetei, e questa volta le mie parole mi sembrarono vuote e prive di significato. Non potevo immaginare la pena che Kurt aveva dovuto sopportare per proteggere il suo amico, né cosa volesse dire vivere ogni giorno nel rimpianto di non essere morto del tutto.

Per quanto mi sentissi inadeguata a confortare questo vampiro, che di giorno in giorno stavo scoprendo più profondo di quanto avessi pensato, lui parve apprezzare le mie parole inutili.

Il ragazzo con l'aura d'argentoOnde histórias criam vida. Descubra agora