Capitolo 32

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L'idea di Max era folle. Non c'era altro modo di definirla.

Sosteneva di aver saputo che il mio professore avrebbe tenuto un ricevimento nella sua villa principesca, in cui avrebbe illustrato le particolarità della sua setta a un numero controllatissimo di invitati per raccogliere finanziamenti e potenziali nuovi membri.

E, quindi, noi dovevamo intrufolarci all'evento come invitati e rivoltare la sua casa per impadronirci del fantomatico diario.

«Non funzionerà. Non funzionerà. NON FUNZIONERÀ!» strillai, sempre più agitata, quando mi guardai nello specchio ed esaminai il trucco e i vestiti che Max mi aveva costretto a indossare.

Maximilian aveva stabilito che, per poterci introdurre nella villa, dovevamo essere irriconoscibili, per cui aveva stravolto il mio aspetto tingendomi i capelli di nero e lisciandoli con la piastra, facendomi indossare un abito di lamé argentato, con scarpe in tinta dal tacco come minimo ventiquattro, e un trucco pesante, tutto scintillii e paillettes, che mi faceva somigliare più a una escort che a un'invitata al ricevimento di una setta esoterica, sì, ma tutto sommato rispettabile.

Seduta accanto a me, sul letto della mia camera nel palazzo di Max, c'era la new entry del nostro sgangherato gruppo di vampiri, mezzi vampiri e streghe: Marta, una fanciullina esile con gli occhi spaventati, che Astarte ci aveva affibbiato perché, a quanto sembrava, era un asso nei poteri psichici. A quanto avevo appreso dalla bocca della mia mentore, sapeva ritrovare oggetti con la forza del pensiero.

Non male, visto che avevamo in progetto di introdurci nel palazzo del nostro peggior nemico in cerca di un diario senza avere idea di dove si trovasse.

Max mi circondò la vita con le mani e si esibì nel suo mezzo sorriso che mi piaceva tanto. «Funzionerà. Inganneresti perfino tua madre» dichiarò in tono orgoglioso.

Quello era poco ma sicuro. Mia madre aveva sempre la testa tra le nuvole, non pensava a me quasi mai e di sicuro non si ricordava neppure di che colore fossero i miei capelli.

«È pericoloso» insistetti, in preda alla tremarella. «E se qualcuno mi parla? Mi chiede da dove vengo e cosa faccio?»

«Rispondi come abbiamo concordato: che vuoi diventare una pop star e muori dalla voglia di dare un tocco di avventura alla tua vita, acquisire potere ed essere ancora più convincente nelle tue esibizioni.»

«Non ci crederà nessuno» mi lamentai, tornando a guardarmi nello specchio e cercando in tutti i modi di tirare giù il vestito per nascondere meglio le gambe, con il risultato di scoprire fin troppo il petto.

«Perché non sai cantare?» mi prese in giro Max.

Mi voltai e lo minacciai con un dito. «Per tua informazione, io so cantare benissimo. Stono solo sotto la doccia.»

Abbassai gli occhi e osservai il volto di Marta: con quel viso sparuto sembrava un uccellino caduto dal nido. Per quanto fosse così timida da non parlare nemmeno sotto tortura, comunque, sembrava gustarsi il battibecco tra me e Max come se fosse lo spettacolo più spassoso del mondo.

«E se mi aggredisce?» sbottai tornando a girarmi verso Max e riprendendo il litigio da dove si era interrotto.

«Sei esperta di arti marziali. E una manipolatrice delle aure di primo livello» replicò lui serafico, passandosi forse inconsciamente una mano sul petto, nel punto in cui l'avevo colpito l'ultima volta che mi ero esercitata nel controllo delle aure.

Quel gesto m'intenerì. Mi concentrai per un momento, ritrovai l'energia della sua aura e vi diedi una piccola carezza, anziché un colpo vigoroso: capii, da come il suo viso si rischiarò, che aveva percepito il mio tocco e l'aveva apprezzato. Marta, che continuava a spostare lo sguardo da me a Max come se si ripromettesse di cogliere ogni dettaglio dei nostri poteri per appropriarsene, arrivò perfino a sorridere, mettendo in mostra una schiera di denti candidi come piccoli gioielli.

Il ragazzo con l'aura d'argentoWhere stories live. Discover now