13 . Omosessualità

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I due ragazzi erano convinti che qualcosa sarebbe cambiato: magari il loro rapporto, i loro discorsi che fino a quel momento non erano mai andati oltre le lamentele scolastiche o pareri sul club, roba del genere. Non sapevano nemmeno loro cosa aspettarsi.

Però nulla, sembrava rimasto tutto uguale: Hinata e Kageyama si incontravano all'ingresso della scuola 13 minuti prima del suono della campanella, né prima né dopo, e già da quel momento iniziavano a borbottare su quanto i compiti - che non riuscivano mai a finire - del giorno prima fossero difficili, nonostante andassero in due classi differenti e con soli due professori in comune.

Bisticciavano nei corridoi nelle pause pranzo per delle sciocchezze, facevano due palleggi al volo per cercare di far migliorare Hinata, si rivedevano agli allenamenti stuzzicandosi a vicenda fino all'ultimo minuto tra le battutine di Tsukishima, i rimproveri di Daichi e qualche sana risata, e subito dopo si sedevano insieme su un muretto a condividere una barretta di cioccolato come se niente fosse. Niente. Non era cambiato niente.

Ed è qui che si sbagliavano. Perché non se ne rendevano conto, ma se prima erano due calamite destinate a non incrociarsi mai, ora si stavano lentamente avvicinando: sguardi sfuggenti che si scambiavano senza mai incrociarli, di cui si era reso conto solo Yamaguchi; continui "ti va di passare la notte da me?" che si erano trasformati in un appuntamento fisso per entrambi i ragazzi; sorrisi che comparivano a caso sul viso di uno appena vedeva l'altro avvicinarsi.
E soprattutto, la protezione e il rispetto che avevano a vicenda.

Questo lo avevano notato tutti in palestra, a seguito di un mezzo litigio tra Kageyama e Tsukishima. Ma partiamo dal principio: Kageyama aveva fatto un'alzata ad Hinata. Era successo e basta, Hinata era finalmente riuscito a ricevere una schiacciata in modo decente - o almeno, senza spaccarsi naso e labbra - e il moro lo aveva guardato mentre gli alzava la palla.

Kageyama da quel giorno in palestra non lo aveva più fatto. L'arancione era convinto che si fosse scordato la promessa che gli aveva fatto.

In quel momento, gli occhi di Hinata brillarono più delle luci di una città di notte. Quasi inciampò mentre correva alla rete, saltando e schiacciando la palla, tra lo stupore di tutti. Ed è stato in quel momento che il biondo della squadra aveva detto: <<Oh guarda, il Re ha finalmente accettato l'esistenza degli altri compagni di squadra>>

Diciamo che aveva pronunciato frasi ben più provocanti prima, ma irritò lo stesso Tobio che si girò di scatto verso Kei, dalla parte opposta della rete.

<<Ascolta, palo della luce>> borbottò <<mi hai stufato con quel cazzo di nome. Quindi, o la smetti, o ti giuro che da qui te ne esci senza un naso>>

<<Ragazzi, preferirei non fare certe scenate davanti al coach e il professore>> intervenì Daichi, facendo cenno ai due adulti che, come tutti gli altri, guardavano la scena confusi.
Ma Kageyama e Tsukishima non lo ascoltarono.

<<Ti dà fastidio il tuo nomignolo Re? Secondo me invece ti descrive perfettamente>>
Tobio aprì la bocca per parlare, ma non fu la sua voce a rispondere al biondo.
<<Quale sarebbe il problema Tsukishima?>>
I due si girarono verso Hinata, che aveva l'aria più tranquilla di chiunque altro nella palestra.

Aveva scoperto il significato di "re del campo" a cui Kageyama era associato: non era "il più forte del campo", ma "re egocentrico". Yamaguchi gli aveva spiegato in una pausa pranzo tutto il disastro successo alle medie, e Shoyo non aveva avuto il coraggio di parlarne con Tobio. Lo capiva, voleva costruire una nuova reputazione nel campo della pallavolo da zero. Ma se tutti continuavano a ricordarlo come il Re della Kitagawa Daiichi sarebbe stato molto più complicato.

<<Finché riceve e alza la palla>> continuò <<non penso che dia fastidio>>
Tsukishima storse il naso, per poi sospirare non sapendo come replicare.

Kageyama guardò Hinata, gli occhi un po' lucidi ma riconoscenti. Per un attimo aveva temuto il peggio: tornare ad essere chiamato "Re", ad avere paura di tornare a scuola per sentire quegli sguardi cadere sulla sua pelle, tornare a lavorare su quegli esercizi sulla gestione della rabbia che aveva smesso di svolgere da quando quel nano arancione era entrato nella sua vita.

L'arancione gli sorrise di rimando. Sembrava comunicargli "è il mio modo di dirti grazie". Probabilmente grazie per averlo accettato in quanto trans, come pansessuale, per tutte le volte che era andato a casa sua trovando il solito futon, buona compagnia e un pasto caldo.

<<Be', può diventare una veloce perfetta!>> Daichi ruppe il silenzio, riferendosi all'alzata di poco prima che Kageyama aveva "regalato" ad Hinata.

Tobio tornò a guardare Shoyo, il viso più serio: <<Aspettatene altre>> disse, rimettendosi in posizione nel campo con gli altri. <<Stavolta per davvero>>
Il più basso sorrise. <<Altre eh?>> sussurrò ridacchiando, tornando anche lui nella propria posizione nel campo da gioco.

Poco più in là, oltre la rete e nascosti dalle ombre degli altri, Tsukishima e Yamaguchi stavano parlottando a bassa voce, lanciando sguardi veloci al moro e all'arancione.
<<Se non sono gay loro non so cosa significhi "omosessualità">> borbottò Kei, guadagnandosi una risatina di Tadashi.

<<Tieni>> Kageyama sorprese il più basso, fino a qualche attimo prima intento nel scrollare i messaggi sul telefono. Alzò lo sguardo, notando che il moro gli stava porgendo un cartone di latte al cacao.
Lo prese esitante, girandoselo tra le mani sotto lo sguardo attento del moro.
<<Lo hai avvelenato?>> scherzò l'arancione, ma guadagnandosi lo stesso uno sguardo assassino e un buffetto sulla guancia destra.

Ridacchiò sotto i baffi, scartando la cannuccia e iniziando a sorseggiare la bevanda. Tobio lo imitò, sedendosi accanto a lui sul muretto davanti al negozio del loro coach Ukai.
<<Grazie. Di nuovo>> disse poi il moro, rompendo il silenzio che li avvolgeva.
Shoyo finì il suo cartone, per poi guardare l'altro nei suoi occhi blu mirtillo. Non riusciva a smettere di pensare a quanto fossero belli.
<<Figurati. È il minimo, dopo tutte le volte che mi hai ospitato a casa. Ho solo detto la verità>>

Kageyama gli rivolse un sorriso misto ad una smorfia con le guance rosse. Scompigliò i capelli di Shoyo, consapevole di quanto gli desse fastidio e dando il via all'ennesimo bisticcio della giornata.

Poco più in là, nascosto dai vetri, il coach Ukai li stava osservando, con davanti Tsukishima che stava aspettando Yamaguchi alla cassa.
L'uomo ridacchiò, scuotendo la testa. <<Siete circa una dozzina di ragazzi in squadra e non c'è una sola persona etero>>

Kei lo guardò, alzando un sopracciglio e abbassando il volume delle cuffie. <<Guardi che a me non piacciono i ragazzi>> ribatté.
<<Non ne sarei così sicuro>> fece il coach, facendo cenno a Tadashi che stava scegliendo un pacchetto di patatine qualche scaffale più avanti.

Il biondo mantenne un'espressione pacata, ma le punte delle orecchie rosse lo tradirono. Tossì lievemente, cercando di sviare la conversazione.
<<Comunque sia, quei due non sono per niente etero>>

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Facciamo finta che il coach Ukai "insegni" al Karasuno da diverso tempo perché giuro, se dovessi inserire pure il momento in cui vede per la prima volta la veloce stramba non arriverei mai alla vera storia.

Intanto non aggiorno da più di un mese penso, lmao chiedo venia.
Ora che ho finito con i capitoli sul rapporto di sti due sto già meglio idk

Binder ── KagehinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora