Capitolo 41

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Althea pov's

Esitazione. Esitare è umano, ci sono persone che si paralizzano di fronte ai problemi, alle emergenze, ai pericoli.

Per me non è mai stato così, tra Li e me, io sono sempre stata quella che agiva e lui quello che si paralizzava.

Quando però vediamo quel gigante di Dan cadere a terra come una pera matura dall'albero, non abbiamo la minima esitazione, e ci precipitiamo entrambi verso di lui.

Li lo prende al volo, evitando un trauma cranico, mentre io gli prendo il polso, è gelido. Sento di nuovo quella pressione a livello della corteccia cerebrale.

<<Che succede?>> chiede Caleb, ha fermato tutti ed io ho un presentimento orribile.

'Carichiamolo sul carro e spostiamoci più velocemente che possiamo, sono qui vicino.'- gli dico e lui annuisce, sistemiamo Dan sul carro e procediamo a passo spedito. -'Li, Caleb, Clark e Tolin alzate i vostri muri più alti che potete, io penserò a Kane e Dan.' Clark e Tolin si voltano verso di me, stupiti nel sentire la mia voce così delicata dentro di loro, ma annuiscono secchi.

'Se alzo i muri non potremo comunicare.' mi risponde Caleb con fare ovvio.

'È meglio così, l'ergasia potrebbe fare troppi danni. Fate come vi ho detto.' esegue anche lui ed io cerco di ampliare i miei scudi di protezione a Kane e Dan, come ho fatto anche stanotte.

Dopo aver ucciso l'ultimo Ramiz, l'ergasia se l'è data a gambe, con un'unica promessa, 'Tornerò'. Sussurrato, come una carezza che si posa delicata sui miei scudi. Sappiamo che ci sono almeno altri sei gruppi di Ramiz in giro e che probabilmente l'ergasia è a capo della congrega. Questo, però, è un problema a cui dobbiamo pensare dopo, mio malgrado Dan non ha più ripreso conoscenza e questo è più importante di tutto il resto.

Siamo riusciti ad accamparci in un luogo decisamente più sicuro del solito, è un piccolo villaggio nomade della dinastia Mong. Sono nomadi da sempre e ben accetti in ogni regno, non creano problemi e sono villaggi composti prevalentemente da pescatori ed allevatori. Si riconoscono facilmente dalle vesti color crema in lino o lana, e dalla linea sottile tatuata sul volto, solitamente passante sopra al naso.

Ci hanno permesso di accamparci con loro, soprattutto quando hanno capito che il nostro gruppo è composto solo da esseri speciali.
Mia madre era una di loro e diceva che vivendo così a contatto con la natura gli sia rimasto 'l'occhio', una specie di superpotere con cui guardano l'aura delle persone. Con quello aveva visto mio padre e aveva capito quanto lui fosse buono e puro.

Dentro la tenda c'è Dan sdraiato a terra, con il volto sofferente, gli occhi stretti e serrati.

<<Cosa gli è successo? Stava bene fino a qualche ora fa...- dice Kane, sono inginocchiata di fianco a Dan, gli altri sono dietro di me -...Sei stata tu? È per la discussione di ieri sera?>>

<<Pensi davvero che potrei mai fare una cosa del genere?>> lui alza gli occhi al cielo.

<<Sei un'incantamenti, non è questo che facevate durante la guerra?>>

<<Cretina io che oggi ti ho anche difeso dall'ergasia...- scuoto la testa -È stato lui a ridurlo così, non pensavo si avvicinasse tanto. Tra tutti i muri quelli di Dan sono i più deboli ed ha attaccato lui come diversivo.>>

<<E noi dovremmo crederti? Dopo che ti sei finta un uomo?- chiede ancora Kane, provo ad ignorarlo ed accarezzo la testa di Dan. Scusa. Continuo a ripeterlo come se potesse sentirmi -Sei solo una donna...una di quelle che era meglio non far nascere.>> mi alzo in piedi e mi volto verso di lui.

La guardia del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora