Isac

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<<Isac, hai visto le mie pillole?>> Strilla Nora dal fondo del corridoio.
Scosto la borsa del ghiaccio dalla fronte e sospiro. Questa casa è cosi piccola che riuscirei a sentirla anche se sussurrasse.
<<Devo andare a comprarle Nor.>>
Sono due giorni che Nora non prende le sue medicine e questo non va bene.
So che è tutta colpa mia, sono io che devo preoccuparmi di tenerla sempre sotto terapia, ma i soldi scarseggiano ultimamente.
<<Isac, io so che tu ti arrabbierai davvero molto ma.. ecco.. lui mi ha mandato dei soldi.>>
Il cuore mi si ferma nel petto. Sento lo stomaco contorcersi e la rabbia annidata nel profondo emergere tutta insieme, potente come uno tsunami.
Balzo in piedi e la raggiungo, gli occhi nocciola di mia sorella fissi nei miei.
<<Ti avevo detto di smettere di rispondergli al telefono Nora. È lui che ti ha fatto questo lo capisci? Potrò non essere il massimo e mi dispiace, ma io ci provo ogni singolo giorno.>>
La mia voce vacilla e gli occhi di Nora iniziano a riempirsi di lacrime.
Intreccio le sue dita ossute alle mie e sospiro.
<<Manda indietro quei soldi,
non ci servono. Ci penso io, d'accordo?>>
<<Ok.>> Mormora.
Mi libero dalla presa delle nostre mani e mi infilo la giacca.
<<Isac.. però sta attento.>>
Annuisco ed esco.

***
Il buio umido e freddo di Ottobre rende la città ancora piú cupa.
La strada è scivolosa e viscida dopo il temporale di poche ore fa.
Faccio qualche curva piú veloce del necessario, corro sulla carreggiata deserta mentre le luci sfarfallanti dei negozi fatiscenti mi sfrecciano accanto.

Quando parcheggio sotto l'insegna al neon verde della farmacia sono quasi le undici.
La porta cigola e come per magia Ilary si materializza dietro al bancone.
Il camice bianco le dona, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri come il cielo. Le unghie smaltate di rosso corrono sulla tastiera del computer. Non mi guarda, ma sorride.

<<A cosa devo il piacere?>> Chiede.
Ilary è stata davvero.. gentile, per cosí dire, con me di recente e non solo per le medicine.
<<Ho bisogno del farmaco di Nora.>>
Lei finalmente mi rivolge i suoi occhi turchesi.
<<Fammi indovinare sei venuto fino a qui a quest'ora perchè non hai ne la ricetta, ne i soldi?>>
Annuisco divertito.
Ormai ha capito i miei giochetti, non che io l'abbia mai reputata una donna poco intelligente, ma un paio di volte sono riuscito ad ottenere quello di cui avevo bisogno.
<<Isac tu sei bello e sei anche molto sveglio, ci siamo divertiti, ma non posso perdere il mio lavoro per i tuoi casini.>>
Ha ragione, sono uno stronzo, ma ormai i miei problemi mi hanno ingoiato.
Il vecchio Isac è sparito e con lui anche la compassione per il prossimo.
In questo momento non mi importa di Ilary, del suo lavoro o del rischio che possa perderlo, voglio solo quelle stramaledette medicine.

Cammino verso di lei e quando mi avvicino per spostarle una ciocca di capelli grano dietro le orecchie, la porta cigola di nuovo.
Mi volto infastidito verso chi ha appena interrotto il mio patetico  tentativo di seduzione.

I jeans scoloriti le fasciano i fianchi morbidi e le gambe magre.
Il maglione lilla troppo grande le arriva sotto il sedere, ha le maniche tirate fino alla punta delle dita. Si tortura il labbro inferiore con i denti, non indossa un filo di trucco e i capelli sono raccolti in una coda scurissima che le arriva a metá schiena.
È bella da togliere il fiato, pulita, innocente e sexy.
Quegli occhi poi, neri come l'inchiostro che mi percorre la pelle, non me li levo dalla testa dalla prima volta che li ho visti.

<<Scusate non volevo interrompere.>> Farfuglia.
Quando mi guarda si accende di imbarazzo.
<<In cosa possiamo esserti utili? Come è che ti chiami? Arizona?>>
Mento. Il suo nome, il suono timido che emette quando lo pronuncia mi è rimasto incastrato  dentro.
<<Cali.>> Ribatte secca. <<Avrei bisogno di questo.>>
Passa un foglietto stropicciato ad Ilary che la osserva attentamente.

La guardo nascondersi nel maglione con gli occhi che cercano dovunque pur di non incontrare i miei. Il suo imbarazzo mi diverte e mi stupisce.
Sembra assurdo, ma non è una caratteristica spiccata delle donne con cui ho avuto a che fare fino ad oggi.
È nuovo per me avere difronte qualcuno che non cerca la mia attenzione.

<<Che ci fai da queste parti, da sola di notte?>>
Si volta a guardarmi sorpresa. Ilary armeggia con le scatole dei medicinali dietro alla tenda, siamo soli.
Si stringe nelle spalle. <<Camminavo, avevo finito l'aspirina.>>
<<Sei venuta a piedi?>>
Annuisce, con le iridi nere come il petrolio agganciate alle mie.
Mi avvicino a lei quel tanto che basta per farla irrigidire.
<<Questa non è una zona adatta alle passeggiate notturne.>>
Lei alza gli occhi verso di me che la supero di dieci centimetri buoni.
<<So badare a me stessa.>>
La sua voce è quasi un sibilo.
È arrossita e devo ammettere che provocarle questa reazione mi piace.
Cazzo se mi piace.

Ilary sbuca dal retro e ci trova vicini. Cali fa un passo indietro, tira fuori una banconota da venti dalla tasca e prende la scatola che le porge la farmacista alla velocità della luce. La fa sparire nella borsa alla svelta, saluta entrambi ed esce.

Qualcosa mi si rivolta nello stomaco, pensarla tornare da sola nella notte malata di questa periferia mi infastidisce.
Non riesco a trattenere l'impulso di correrle dietro.
<<Questa è l'ultima volta Isac.>>
Tuona Ilary perentoria mentre mi lancia il sacchetto con le pastiglie.
<<Ti devo un favore.>> Le faccio l'occhietto e me ne vado.

Di lei non c'è traccia fuori dalla farmacia.
Il buio appiccicoso mi solletica la faccia mentre mi infilo il casco. Percorro pochi metri quando la riconosco camminare sul marciapiede.
Fermati Isac, non sono affari tuoi. Lei non è per te.
Ignoro i miei stessi pensieri e per una volta faccio quello che mi dice lo stomaco, per una volta mi lascio andare.

La vita di un attimo. PRESTO IN LIBRERIA E ON LINE!Où les histoires vivent. Découvrez maintenant