Cap.5 Ti ricordi di noi

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Il borgo era sferzato da un gelido vento quel 16 Dicembre. Dalia vi faceva ritorno dopo ben due anni.

"Come ti senti?" Chiese João.
Le teneva la mano mentre,lei fissava fuori dal finestrino del Suv il panorama della valle.  

I tornanti sembravano infiniti e un ricordo doloroso emerse prepotentemente dal passato.
Provó a ricacciarlo ma vi si arrese consapevole che sarebbe stato solo la punta dell'iceberg.

"Non te lo so ben definire, di certo non bene". Rispose con tutta la sincerità di cui era capace.
Avrebbe voluto fare una sosta all'emporio di Vittorio e Gertrude, ma qualcosa l'aveva bloccata. Si era rimessa da sola il guinzaglio.

"È normale sentirsi confusi ed è altrettanto normale aver paura di rincontrare Riccardo." Disse cauto, stava rompendo il tabù più grosso pronunciando il nome del fantasma suo antagonista.

Come prevedibile la scosse da quella sorta di letargia depressiva in cui era scivolata. Stava di nuovo regredendo ai primi tempi in Brasile.
Aveva tolto le piume e la chincaglieria donatole dai bimbi della missione, aveva sciolto le trecce e pettinato i capelli fino a lisciarli di nuovo ed era scomparso anche il bracciale amuleto di Cuca.

Dalia aveva lasciato la Deusa Loba a Manaus. Vederla stringersi in un cappotto nero troppo largo, completamente disadorna fatta eccezione per quel maledetto orecchino che detestava con tutte le sue forze, lo incupiva.
Ma chi era davvero la sua futura moglie?....
Deusa Loba, Dalia Mastrangelo od entrambe?

Una sola cosa era certa, Riccardo era una spina nel  fianco e lui doveva giocarsela con astuzia.

"Non ho paura di rivederlo, fa male rivivere l'inferno che abbiamo passato insieme.
In questo momento ti chiedo di essere ancora una volta tanto paziente e sopratutto fare ciò che mi stare meglio..."
"Lasciarti libera?"
"Sì "
"Non devi chiedermelo, con me lo sarai sempre."

Le bació la fronte delicatamente.

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Adriana terminò una seduta on line con il primo paziente di giornata, fortunatamente non era il più ostico, con quello stato d'animo non avrebbe potuto reggere.

Adorava lavorare da casa ed aveva scelto la stanza con la vista migliore, quella più luminosa.
Il panorama della montagna le infondeva una pace interiore indescrivibile ed era quello di cui necessitava in quel momento.
Riccardo le aveva raccontato che inizialmente quella stanza era adibita a salotto privato di nonna Anna, le piaceva rintanarsi lì per leggere o semplicemente riflettere.
Sua madre Lea invece ne aveva fatto lo studio di lavoro: lì correggeva i compiti dei suoi alunni, preparava le lezioni e si dedicava alla stesura del suo primo romanzo, mai terminato.

Si sentiva onorata di far parte di una famiglia tanto importante ed antica e soprattutto apprezzava con tutta sé stessa il femminismo matriarcale che né caratterizzava il background.

Ora come ora però il peso di quell'ombra la faceva sentire insicura e questo proprio non lo tollerava, lei che era sempre stata indipendente e decisa.

Conscia di non poter combattere il latente autolesionismo, cedette all'impulso di aprire il file sul LapTop .

La sua nemica la fissava dallo schermo ed ancora una volta nutrì odio per quel viso tanto perfetto, per quegli occhi azzurri da bambina.
Si considerava una bella donna però ogni volta che fissava l'immagine di Dalia, l'autostima crollava.
Era qualcosa di più profondo del confronto estetico, quella maledetta ragazza era una calamita che attraeva come la luce attrae le falene.

Una portatrice di odore del genere avrebbe potuto letteralmente trascinare alla pazzia un licaone e lei ce ne aveva portati ben due.

"Lui è mio, ha scelto me mia cara e tu sparirai presto dalle nostre vite."

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"Sono lilith, codice 20024"
"Parla"
"24 dicembre 18:00 crinale ovest ruscello."
"Ricevuto"
"Voglio prove"
"Non è il momento di parlare."
Clic
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I nonni erano sempre lì ad accoglierla, anche questa terza volta e come sempre c'era anche il comitato delle grandi occasioni: Don Michele, le Pezzella, il sindaco ed Anselmo.

L'alba di DaliaWhere stories live. Discover now