Cap.14 Oblìo

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Ogni volta che sveniva, secchiate di acqua gelida o scosse di un teiser la riportavano indietro. La mente annebbiata dalle torture non teneva più il conto del tempo trascorso. Ore, giorni, settimane?

Era allo stremo, al contrario di Tullio che invece sembrava rinvigorirsi ad ogni tortura inflitta.

Pensava di essere forte, pensava di essere un capobranco ed invece era solo una debole.

Dalia si stava arrendendo a lui...




Tre giorni che brancolavano nel buio, erano tutti a pezzi.
Riccardo e João avevano dormito sì e no dieci ore in quei maledetti giorni.

Si erano ritrovati fratelli nel dolore.
Mentre anche Santo Stefano volgeva al termine, Guglielmo obbligò suo figlio ad uscire dallo studio e fare quattro passi.

"Stasera dormirai con tua moglie, godrai del suo conforto". Disse imperativo. L'aria gelida della notte condensava il respiro creando degli sbuffi di fumo.
Il rumore prodotto dai passi degli uomini era scricchiolante per via della ghiaia ghiacciata.

"Non ce la faccio, non posso mettermi a dormire tra le braccia di mia moglie".
"Non la riporterai indietro fustigandoti. Adriana può darti un supporto emotivo efficace, data la sua professione".
Riccardo volse lo sguardo al crinale ovest, il profilo della montagna era netto; illuminato a giorno dalla luna, in fase gibbosa crescente.

"Ho passato la mia vita a cercare di essere degno della tua ammirazione. Papà".
"Sono stato sempre fiero di te anche se te l'ho dimostrato poco, e me ne pento. Come mi pento di esser sempre stato rigido".

"Ti ho dato del filo da torcere da ragazzo".

L'uomo fece un sorriso amaro e poi si buttò tra le braccia del padre.

"Non ho mai fatto male a nessuno, mai! Perché l'ho fatto solo alla donna che amo? Perché sono stato così stupido, egoista e orgoglioso?" Pronunciò queste parole pesanti come macigni, sconvolto da un pianto silenzioso.

"Non devi sentirti in colpa. Tu e Dalia siete stati semplicemente vittime di un destino spietato".

Allontanò il figlio da sè per poterlo guardare negli occhi, gli teneva saldamente le spalle con ambodue le mani.

"Tullio non la ucciderà, le farà di peggio... so di cosa è capace! Gliel'ho visto fare tante volte. Le strapperà l'anima e ci giocherà come meglio crede. Di lei non rimarrà nient'altro che un fantoccio senza volontà. E più passerà tempo per trovarla e meno ci sarà possibilità di riportarla indietro, non solo dal lato fisico. Capisci?!"

"Stiamo facendo l'impossibile e non ci fermeremo. Ora va da tua moglie. Ho bisogno di te al massimo delle tue capacità, sei il Presidente, hai delle responsabilità. E poi dobbiamo vendicare Laerte".

Il nome dell'amico fu come sale nelle ferite; quel dolore però gli restituì un po' di forza.

"Hai ragione. Sto andando alla deriva e non va bene."

"Bravo", gli diede un buffetto sulla guancia ispida. "Siamo i 'Del Percio': onore e orgoglio".

Il figlio annuì e ripetè mentalmente il motto di sua nonna Anna. Fece per avviarsi verso il portone, suo padre era invece rimasto al centro del vialone. Stava fumando un sigaro e sembrava godersi la quiete della notte.

"Papà, Adriana è incinta"fece di getto.

"Me lo dici così?!" esclamò andando incontro al figlio per abbracciarlo.

"Non è il momento di festeggiare, però c'è questa piccola grande luce che illumina la nostra famiglia".

"Infatti, c'è speranza! Va da lei, subito!"







L'alba di DaliaWhere stories live. Discover now