Cap.10 Giuda

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23 Dicembre casa di Laerte

Laerte ed Ira vivevano nell'ex foresteria della cascina che era stata convertita in un b&b durante gli anni 2000. Riccardo l'aveva donata poi alla coppia in occasione delle loro nozze, svoltesi due anni prima. Era circondata da un giardino privato con tanto di piccola piscina interrata,un orto e una rimessa per gli attrezzi.

Un posto tranquillo dove crescere una bambina che ne aveva viste fin troppe nonostante la tenera età.

Ira, il primo anno lì, era rinata: serena ed entusiasta come non lo era mai stata da quando si conoscevano. Spesso si recava nel paese vicino poiché aveva stretto amicizia con alcune mamme dei compagni di classe di Eva.

Poi qualcosa era cambiato, forse l'arrivo di Adriana e i suoi modi poco gentili, forse non lo amava più. Fatto sta che negli ultimi tempi qualsiasi fosse il suo disagio, era irrimediabilmente peggiorato.

Quella sera, l'antivigilia di Natale, Laerte avrebbe provato un riavvicinamento effettivo: una bella cena solo loro due, dei regali...doveva provarci a riconquistare la sua adorata compagna.

Erano le 20:30 quando finalmente Ira rincasò e quasi lanciò un urlo nel trovare Laerte al centro della sala da pranzo.

"Cosa diavolo fai, mi hai spaventato!" Disse agitata la donna e si portò la mano in petto come se volesse placare il battito cardiaco accellerato.
"Perdonami non volevo spaventarti, ti ho fatto recapitare un messaggio da parte di Assunta".

"Sì, detto me di venire qui a prendere del vino per domani. Comunque che significa tutto questo?" Ira indicò con disprezzo la tavola imbandita.

"Volevo passare una bella serata con te, visto che Eva è al pigiama party di Sofia. Pensavo di accorciare le distanze che ci sono tra noi o almeno chiarirci". Replicò con fervore.

Ira che era dall'altro capo del tavolo nemmeno lo guardò in faccia, fissava piuttosto concentrata la fiamma nel camino.

"Laerte io sono stanca...di fare schiava a quella schifosa di Adriana...stanca di vivere con te in questa casa...stanca!" Fu brutalmente sincera e con crudele soddisfazione vederlo ferito, la rintempró.

"Voglio solo saperti felice e al sicuro, se vuoi andare via un po' per decidere cosa fare per me va bene, parlerò con Riccardo per metterti in sicurezza". Non c'era nessun spiraglio al momento di farla ragionare, forse era meglio darle un po' di respiro, per quanto fosse doloroso il distacco era necessario.

"In sicurezza?! Ah, ah, ah...voi non siete potenti come credete, voi non siete predatori, voi siete prede".
La ferocia negli occhi di Ira fu come un pugno in piena faccia, quella risata sarcastica, tagliente come filo spinato.

Laerte si alzò di scatto dalla sedia, affondò le dita nella candida stoffa della tovaglia tirando verso di sé, si avvicinarono anche le stoviglie.

"Vattene, vai a farti un giro. L'aria fresca della notte magari ti fa rinsavire...ingrata che non sei altro!" Le sibilò minaccioso, non l'avrebbe mai toccata nemmeno con un dito, in quell'istante però non sopportava la vista della donna.

"Ho bisogno d'aria, quando tornare non voglio trovare te qui".

"Come vuoi".

Ira che non si era nemmeno tolta il cappotto, uscí sbattendo la porta e lasciando l'uomo nel pieno dell'amaro. Di colpo in quella casa sparí il clima natalizio e l'atmosfera romantica della cena, un'ombra scura era calata.

La donna camminò spedita in direzione della statale, superando la linea di confine e quando fu esausta si sedette sul prato ghiacciato dalla brina notturna. Viveva un inferno in terra peggiore di quello a cui era stata abituata da Bogdan.

Per lei non c'era salvezza, per un po' era stata felice ma poi il terrore era ritornato.
Se non fosse stato per sua figlia Eva, si sarebbe tolta la vita da almeno un anno.

Era marcia dentro come la sua stirpe, non meritava Laerte e non meritava l'amicizia di Riccardo, per colpa sua Dalia sarebbe morta dopo chissà quante torture.

Le si riempirono gli occhi di lacrime e intanto strappò ciuffi d'erba dal terreno duro.
Nella sua mente rivisse l'inizio del calvario:




Faceva piuttosto caldo per essere fine ottobre, stava prendendo un caffè ad un bar del centro di Nusco, insiema a Mariagrazia e Caterina, quando il cameriere le disse che c'era una telefonata per lei.
Inizialmente le sembrò strano, aveva il cellulare con sé, ma era anche conscia che ogni volta che si spostava dal borgo veniva protetta con discrezione da uomini di Riccardo, forse volevano comunicarle qualcosa loro.

Si scusò con le amiche, inventando una banalità frettolosa e si recò dietro al bancone per prendere la telefonata.
Una voce dall'altro capo telefonico le intimò di non riagganciare e di guardare dritto davanti a sé, oltre le vetrine del locale sul lato opposto della piazza, Tullio la salutò

Lo conosceva, aveva visto molte foto di quell'uomo e poi qualche volta era venuto ai combattimenti. In quel preciso istante realizzò quanto fosse fallace il sistema di sicurezza dei Licaoni e il terrore la invase.

Tullio la rassicurò dicendole che non voleva farle del male, poi disse che c'era un pacco per lei nell'edicola adiacente e riagganciò.

Il pacco non era molto grande e così l'occultò in borsa. Trovò il coraggio di aprirlo solo dopo molte ore, all'interno c'era: un telofono satellitare protetto, un usb e istruzioni ben precise che dicevano di rispondere ad una telefonata l'indomani alle 15 in un luogo sicuro, prima però doveva guardare il contenuto della chiavetta.

Ringraziò mentalmente il fatto che Laerte passasse l'intera giornata fuori casa e appena accertatosi di essere sola, inserì la chiavetta nel pc di famiglia. Era seduta al tavolo della cucina e tremava talmente tanto da non riuscire a cliccare sull'unica icona presente sullo schermo.

Tamburellò con le dita sul freddo marmo del tavolo, chiuse gli occhi e cliccò sull'icona, partì un breve video di una quindicina di secondi:
Dal buio di quello che doveva essere un sotterraneo o una cella si udì prima un rumore di catene e poi comparve un uomo emaciato e con il volto tumefatto. Ira si avvicinò allo schermo e con orrore si accorse che quell'uomo con la grossa catena al collo e con i tratti somatici massacrati da botte, era suo fratello Bogdan.

Si portò la mano alla bocca per reprimere un urlo; non stava empatizzando per quel mostro che aveva la sfortuna di ritrovarsi come fratello, stava semplicemente unendo i puntini.

Per ricevere la telefonata si recò verso i vigneti della tenuta, in quel periodo dell'anno erano deserti. Il tempo sembrava non passare mai mentre l'ansia assunse proporzioni bibliche.

Il suono metallico del dispositivo diede inizio alla fine....

Ciao,sono Tullio. Non c'è molto tempo quindi lascia parlare me! La faccio breve: Bogdan è nelle mie mani, il suo destino dipende da te.

Come da me?

Non interrompere! Da questo momento sarai la mia spia, avrai il nome in codice Lilith. Portami notizie utili a localizzare Dalia e io uccido Bogdan, ti porto la sua testa! Se fallisci e/o ti fai scoprire, consegno te e tua figlia a lui e credimi, ha una voglia matta di vendicarsi. Da questo momento ti arriveranno dei pacchi a quell'edicola, li faremo passare per acquisti Amazon, all'interno oltre all'attrezzatura utile al tuo incarico, troverai le istruzioni che dovrai memorizzare e distruggere...tutto chiaro?

S...sì

Bene, come hai potuto constatare, i Licaoni non sono capaci di proteggerti, io sì.
Sono un uomo molto riconoscente con chi mi è fedele e soprattutto utile. Datti da fare.

Clic

E fu così che Ira fece la sua scelta peggiore per viltà e poca fiducia nei confronti dei suoi amici e del suo uomo.
Avrebbe consegnato un innocente ad un mostro per salvare sua figlia, altrettanto innocente.
Ira scese a patti con il diavolo diventando Giuda.

L'alba di Daliaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن