Capitolo 9 - Oh my Sirius

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𝓜𝓪 𝓲𝓵 𝓶𝓲𝓸 𝓬𝓸𝓻𝓹𝓸 𝓮𝓻𝓪 𝓬𝓸𝓶𝓮 𝓾𝓷'𝓪𝓻𝓹𝓪 𝓮 𝓵𝓮 𝓹𝓪𝓻𝓸𝓵𝓮
𝓮 𝓲 𝓰𝓮𝓼𝓽𝓲 𝓭𝓲 𝓵𝓮𝓲 𝓬𝓸𝓶𝓮 𝓭𝓲𝓽𝓪 𝓼𝓾𝓵𝓵𝓮 𝓼𝓾𝓮 𝓬𝓸𝓻𝓭𝓮

- 𝓙𝓪𝓶𝓮𝓼 𝓙𝓸𝔂𝓬𝓮 - 𝓖𝓮𝓷𝓽𝓮 𝓭𝓲 𝓓𝓾𝓫𝓵𝓲𝓷𝓸

- 𝓙𝓪𝓶𝓮𝓼 𝓙𝓸𝔂𝓬𝓮 - 𝓖𝓮𝓷𝓽𝓮 𝓭𝓲 𝓓𝓾𝓫𝓵𝓲𝓷𝓸

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Alex

Destino. Il destino era qualcosa in cui non ho mai creduto e mai lo avrei fatto. Non c'era un destino scritto per me, c'eravamo io e le mie scelte del cazzo. Mai giuste. Per questo vivevo la giornata, il momento, l'attimo. Nessuno me lo avrebbe più portato indietro quel tempo se non ne avessi goduto fino all'ultimo secondo. Il mio mantra era questo e tutto stava andando bene fino a quando una stella anzi il Sole in persona aveva deciso di tornare da me a farmi visita, accecandomi e colpendomi dritto al cuore.

<<Spesso quando guardiamo il cielo, in realtà guardiamo il passato. La luce viaggia a una velocità infinita, perciò tanto più una stella è lontana da noi, tanto indietro nel passato è stato emesso quel bagliore che vediamo. Solo che appunto, per giungere da noi, impiega del tempo smisurato>> sospirò non staccando però gli occhi dal manto sopra di noi. Quel pensiero, in qualche modo, doveva farle pensare a suo padre, a come era il loro rapporto e l'amore che condividevano.

Quell'amore che io non avevo provato e del quale non avevo memoria.

<<Sai, Alex... Dopo la scomparsa di mio padre, c'era un'altra cosa che mia nonna mi ripeteva sempre. Non si impara a soffrire meno, ma si impara a gestire il dolore>> concluse affranta da quelle sue stesse parole.

Doveva aver visto il mio sguardo perplesso e continuò. <<È tratto dal libro Henry & June di Anais Nin. A dire il vero non l'ho mai letto ma quella frase è talmente vera... Mi ha aiutato dopo la morte di mio padre ma non mi è stata di aiuto dopo la morte di mia nonna>> sospirò dopo aver pronunciato l'ultima parola. Sembrava che ad ogni parola che pronunciasse, ricevesse un colpo dritto nel cuore.

For your eyes only - Deep scarsWhere stories live. Discover now