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DECISIONI

Finito l'ennesimo periodo di sospensione, era tempo che tornassi a scuola, ma non ne avevo alcuna intenzione

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Finito l'ennesimo periodo di sospensione, era tempo che tornassi a scuola, ma non ne avevo alcuna intenzione.

Disteso nel mio letto, mi voltai a guardare per la sesta volta l'orologio sul comodino: erano ancora le quattro del mattino ed ero sveglio già da diverse ore.

Non riuscivo a prendere sonno, non facevo altro che pensare alla discussione avuta con mio padre.

«Drake, prima ti diplomi, poi potrai fare quello che vuoi!» mi aveva detto mio padre, per l'ennesima volta. «Pensa al tuo futuro! Come potrai lavorare senza un diploma? Chi vuoi che ti assuma?»

Dopo il mio sbuffare, gli avevo risposto: «Io già lavoro, papà, con te! Te lo sei dimenticato? Non mi serve quel pezzo di carta, ho già l'esperienza e le competenze che mi servono!»

 «Non importa quanto tu sia bravo in ciò che fai,» aveva insistito il vecchio Amery, ormai erano giorni che ripetevamo lo stesso copione, «se non hai un titolo di studio, non vai da nessuna parte! È così che gira il mondo!»

«Il mondo fa schifo!» avevo detto con una rabbia crescente, che faticavo a contenere. «Si nasce senza volere e si vive in attesa di morire... Ormai ho deciso. Papà, fattene una ragione! Io non mi diplomerò! E se insisti a mandarmi a scuola, a dirmi che devo studiare di più, io mi farò cacciare da lì e in maniera definitiva!»

Mio padre, in seguito a ciò, mi aveva rivolto uno sguardo affranto: non approvava ciò che gli avevo detto, oltre la mia visione pessimistica della vita e del mondo, lo avevo capito dalle sue braccia incrociate e dal suo scuotere la testa in piena disapprovazione.

Continuava a guardarmi in silenzio e io mi stavo seriamente irritando.

Forse, intuendo l'umore pessimo che stava dimorando nell'animo del suo stesso figlio, il vecchio aveva ripreso a parlarmi, cambiando approccio: «Devi crescere, Drake! Rifletti sul tuo comportamento, su come ti poni: non sei ancora abbastanza maturo per prendere decisioni così drastiche e me lo stai dimostrando con le tue argomentazioni. Allora,» e continuava a rivolgersi a me con una serietà e una calma che, nonostante mi sentissi ferito nell'orgoglio per le accuse di immaturità ricevute, non me la sentivo di ribattere, «quando mi dimostrerai che ti comporterai da vero adulto, io ti lascerò fare a modo tuo, ma, siccome sono tuo padre e tu hai solo diciassette anni, e io ti voglio un gran bene, per adesso, è meglio che dai retta a me e fai come ti dico io», mi aveva detto infine, trattandomi come se non avessi compreso affatto il concetto base del suo discorso. «Io non voglio che tu possa pentirtene, tra dieci anni, o venti. Voglio solo il meglio per te».

«Io non ci torno!» avevo affermato, alzando le spalle e adottando un tono pacato di voce, insieme a un volume alquanto basso.

«E allora», mi aveva detto lui dispiaciuto, dandomi le spalle, «farai del male solo a te stesso.»

Mi alzai dal letto in tutta fretta, rabbrividendo per lo sbalzo di temperatura eccessivo, guardando fuori dalla finestra notai anche che, dall'ora precedente, si erano aggiunti altri dieci centimetri di neve ai venti già presenti.

«Magari facesse un'altra bufera!» dissi, osservando i fiocchi di neve illuminati dalla luce del lampione in strada. «Mi darebbe una scusa per non uscire più di casa!»

Mi diressi verso la mia scrivania, tirai fuori da un cassetto chiuso a chiave un quadernino dove appuntavo i miei guadagni giornalieri.

È ora di vedere quanti soldi ho messo insieme! Mi dissi con decisione. Se ho raggiunto una bella somma, posso pensare sul serio di andarmene!

Il mio pensiero si fermò subito su Malory, a quando le avevo detto che desideravo lasciare Snowy Mountain insieme a lei.

Non riuscivo a non sentire, anche in quel momento, la morbidezza della sua pelle a contatto con le mie mani, strinsi i pugni per non arrabbiarmi all'idea di non poterle accarezzare subito quello splendido viso; potevo immaginare anche il profumo che emanavano i suoi capelli neri e che mi inebriava ogni volta le narici; le sue labbra, morivo dalla voglia di baciarle.

Magari se ho abbastanza denaro, prenderà sul serio in considerazione l'idea di venire via con me! Riflettei, convinto del fatto che Malory avesse rifiutato la mia proposta più per precauzione e timore che io non potessi darle tutto, anziché per altro.

«Mi ama anche lei!» dissi tra me e me. «Lo so! Lo capisco, quando stiamo insieme, quanto Malory ci tenga a me!»

Mentre facevo calcoli a mente, appuntando su un altro foglio i risultati, però, davanti ai miei occhi, si presentò l'immagine di Tracy: vidi la sua frangetta, i suoi innocenti occhioni verdi, le sue felpe larghe...

«No, non posso lasciarti qui da sola!» affermai chiudendo il quadernino e strappando il foglietto con i risultati. «Che razza di amico sarei per lei, se ora la abbandonassi?»

Nella mia mente turbinii di pensieri iniziarono a tormentarmi il cervello: ero consapevole solamente del fatto che Tracy Barlow avesse un gran bisogno di me, della mia presenza. Non avevo idea di come o del perché, ma me lo sentivo dentro.

Riflettei su come, in quei giorni in cui ero andato a casa sua, per lavorare con mio padre, l'avessi trovata assai demoralizzata, spenta: era come se Tracy avesse perso la gioia di vivere, quel suo ottimismo che la caratterizzava e che tanto mi faceva provare tenerezza per lei.

Immaginavo bene quanto, per Tracy, non potesse essere semplice avere a che fare con un padre prossimo a morire e una madre che tale non poteva definirsi.

Quando potevo, lontano dalla visuale della velenosa e assillante signora Barlow, le stavo accanto, come ci si aspetterebbe da un amico, ma in Tracy c'era una strana cupezza, oscura e accanita, che la stava come divorando dall'interno. Non riuscivo a comprendere cosa le stesse "uccidendo", ma ero certo che, qualunque fosse la ragione che l'affliggeva, non era da sottovalutare.

«Ah, dannazione!» urlai, colpendo la lampada sulla scrivania col braccio e facendola cadere a terra, dove si ruppe. «E va bene!» mi rivolsi al nulla. «Non è il momento per me di darmela a gambe, di mandare a quel paese questo schifo di città. Ho capito!»

Passi agitati e rumorosi si diressero verso la porta della mia camera.

«Drake!» mio padre spalancò la porta, indossava il suo pigiama bianco a righe verticali viola e reggeva in mano una chiave a forchetta. «Che è successo? Perché hai urlato? È entrato qualcuno in casa?»

«Papà!» mi alzai dalla sedia girevole con autorevolezza. «Ti dimostrerò che sono un uomo. Continuerò a frequentare la scuola!»

Almeno finché ci sarà Tracy Barlow! Aggiunsi mentalmente.

Avrei amato solo teWhere stories live. Discover now