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CUORE VERO

Condussi Tracy nella parte più vecchia del vasto cimitero, quella dove i morti non erano più visitati da nessuno ormai da diverso tempo perché ne dovevano essere deceduti persino i nipoti

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Condussi Tracy nella parte più vecchia del vasto cimitero, quella dove i morti non erano più visitati da nessuno ormai da diverso tempo perché ne dovevano essere deceduti persino i nipoti. Salimmo sempre più in alto, lungo la salita ripida, evitando di quando in quando cumuli di neve ghiacciata e gli scalini nel terreno causati da piccole frane periodiche.

Riparati poi da una parete, che lassù era di pietra, anziché di cemento come per la parte nuova del cimitero, mi accucciai dietro un pino secco, povera vittima innocente di un fulmine, per non essere visibile.

Tracy seguì le mie mosse in silenzio, pur comprendendo da me, e dalla confusione palese sul suo volto con le guance arrossate dal freddo, quanto fosse turbata dal mio comportamento che doveva risultarle piuttosto incomprensibile.

Come sempre, è in perfetto orario! Mi dissi, vedendo giungere a passo lento e aiutato da un bastone, un vecchietto avvolto da un pesante giubbotto marrone, indossava un'enorme sciarpa rosso mattone avvolta attorno al collo e una coppola, sul grigio scuro, poggiata sul suo capo.

«Quell'anziano signore, laggiù,» e lo indicai con l'indice sinistro, parlando sottovoce a Tracy, che se ne restava rannicchiata dietro le mie spalle, «lo vedi? Avrà più di novant'anni, penso, si vede dalla faccia e da come cammina curvo. Be', io non so come lui si chiami, che lavoro faceva, o come abbia trascorso la sua vita, se sia buono o cattivo... Non lo conosco affatto, però lo vedo venire qui tutti i giorni, alla stessa ora e sempre con una rosa rossa in mano. Rose che di certo non trova qui a Snowy Mountain, ma deve scendere la montagna e farsi qualche ora di viaggio per la città più vicina con un fioraio, o farcisi accompagnare... Come ho detto non so niente di lui, nemmeno se abbia o no una famiglia, se guidi oppure no. Comunque...»

L'uomo si avviò verso l'unica lapide che non era ricoperta da troppa neve o da rampicanti preistorici congelati; lapide di cui, spinto dalla curiosità di conoscere la vera storia del nonnetto, lessi più e più volte l'epitaffio fino a impararne a memoria ogni singolo dettaglio, come anche la frase scavata nel marmo che recitava: "Elisabeth sarà ricordata in eterno dal suo amore che aspetta di ricongiungersi a lei".

Dal silenzio di Tracy, intuii che lei volesse saperne di più e così continuai: «Fa visita a una donna, morta nei primi decenni di questo secolo: Elisabeth Lyn Sutton, nata il 15 Aprile del 1912 e morta il 3 Ottobre del 1931...»

«Il 15 Aprile...» esclamò lei allibita. «Il 15 Aprile è il giorno del mio compleanno! Che bizzarra, e inquietante, coincidenza!» aggiunse accigliata.

«Il mio compleanno invece è il 26 di Novembre», la volli informare per correttezza.

«Aveva solo diciannove anni...» Tracy dovette fare un calcolo a mente sull'età di Elisabeth. «Era molto giovane! Chissà per quale ragione se n'è andata così presto...»

«Sì, era giovane e...» le risposi, mi feci un po' nostalgico nel proseguire il mio racconto, «io credo che, questo signore, sia stato molto innamorato di lei e che continui tutt'ora a esserlo... È meraviglioso, non trovi? Mi riferisco al fatto che questa persona riesca ad amare così tanto qualcuno che non c'è più ormai...» i miei occhi incominciarono a farsi lucidi, ma non volevo che Tracy mi vedesse così emotivo, «che nonostante il tempo e la morte che li ha separati, lui sia ancora così legato a lei. Certo, è anche molto triste, però ha dell'incredibile sapere che, nonostante questo luogo contaminato da persone col cuore di pietra, ci sia ancora qualcuno che un cuore vero ce l'abbia e che continui a usarlo perfino.»

«In effetti,» la voce di Tracy mi arrivò commossa, «nella sua cupezza, tutto ciò è bellissimo.»

Sentii le sue braccia avvolgermi da dietro in un abbraccio. Mi colse alla sprovvista, come la volta in cui mi aveva stretto la mano nella sua, ma quel gesto così spontaneo e caloroso mi fece sciogliere più di quanto il vecchietto riuscisse, col suo amore per Elisabeth, a fare ogni volta che lo vedevo portare rose alla sua amata.

Restammo ancora circa cinque minuti in silenzio, celati dal pino, a osservare l'anziano che ripuliva la lapide per poi raccogliere la rosa del giorno precedente, sostituendola con quella nuova, per portarsela via.

«Credo sia una delle poche persone che mi fanno ancora sperare in qualcosa di buono al di fuori di Snowy Mountain», aggiunsi sovrappensiero.

«Grazie!» mi disse Tracy con dolcezza, lasciandomi per un attimo confuso. Mi voltai verso di lei per chiederle spiegazioni con lo sguardo. «Ti ringrazio per aver condiviso una cosa tanto bella con me, per avermi mostrato chi sei davvero nel profondo», mi chiarì lei sorridendomi.

«Adesso, è meglio se andiamo via di qui», le dissi aiutandola a tirarsi su porgendole le mie mani, non volevo si accorgesse che mi aveva fatto quasi arrossire con quel suo sorriso e il suo modo dolce di vedermi. «Ti porto a casa mia, così evitiamo di morire congelati. Ci riscaldiamo, mangiamo qualcosa... Non puoi tornare a casa tua prima che le lezioni siano terminate o tua madre potrebbe insospettirsi...»

«E tuo padre non c'è di sicuro», affermò lei, aggrappandosi con forza al mio braccio per non scivolare, «mia madre lo avrà fatto filare dritto da noi.»

Sei proprio una cittadina! Pensai divertito. Si vede che non sai camminare per le stradine di montagna.

«Con mio padre,» ironizzai, «potremmo trasferirci direttamente a casa vostra visto che passiamo più tempo lì, ultimamente, che in qualsiasi altro posto!»

La risata allegra di Tracy mi risollevò, nonostante la giornata non fosse stata una delle migliori, avevo passato un bellissimo momento: avrei avuto un prezioso ricordo da custodire gelosamente e in cui mi ci sarei potuto rifugiare negli attimi bui che non mancavano mai nella mia vita.

Avrei amato solo teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora