Episodio 8-parte 2

65 12 9
                                    

Nat allora parlò.

«Tutto è accaduto 20 mesi fa. Ricordo quel giorno distintamente per due ragioni: il calore opprimente di quell'estate, con temperature che la nostra città non aveva registrato da 15 anni, e perché stavo rientrando a casa dopo il mio primo giorno di riprese della webserie che mi ha lanciata come attrice. Ero emozionata e contenta, poiché i miei sogni stavano iniziando a realizzarsi: diventare un'attrice di fama.

Per festeggiare l'inizio della mia nuova vita, decisi impulsivamente di fare una sosta nella mia bakery preferita, deviando così dal mio percorso abituale. Quando iniziò il terremoto di quel giorno, la prima scossa fu abbastanza forte da far crollare il pesante cornicione dell'antico edificio su Carlton Street, proprio mentre, da lì sotto, stavo passando io. Mentre frammenti di muratura precipitavano al suolo, non mi accorsi subito di essere stata ferita, nemmeno quando fui costretta a sdraiarmi sull'asfalto per il dolore. Guardando verso l'alto, osservavo il palazzo che si sgretolava come fosse fatto di sabbia e nonostante l'istinto urlava per la mia sopravvivenza, ero incapace di muovermi . Distesa, sentivo il caos delle grida spaventate delle persone in fuga e il rumore sordo dei pezzi di cemento che si sbriciolavano a terra. Ero certa che presto uno di quelli mi avrebbe colpita.

Ebbi un solo pensiero, l'ultimo prima di lasciare questa vita: quanto ero sfigata a morire proprio nel giorno in cui la mia carriera iniziava finalmente ad avere senso.

Decisi di chiudere gli occhi, non volevo temere la morte; anzi, speravo che sopraggiungesse improvvisamente e, quando ciò avvenne, non me ne accorsi. Non sentii dolore, mi sentivo così leggera da sembrare di fluttuare nell'aria. Tuttavia, quella sensazione fu interrotta dal ritorno del dolore alla gamba destra. Credevo che dopo la morte non si provasse alcuna sofferenza, quindi aprii gli occhi per guardare intorno. Fu allora che realizzai di non essere morta e che qualcosa mi stringeva mentre saltavamo facilmente da un tetto all'altro. Perdevo e riacquistavo i sensi continuamente, fino a che, dopo l'ultimo svenimento, mi ripresi e realizzai di essere di nuovo distesa sull'asfalto. Questa volta, però, sopra di me c'era solo un vasto cielo. Tentai di spingermi sulle braccia per alzare il busto e controllare le condizioni della mia gamba, e fu in quel momento che notai una donna con il viso coperto di polvere che, dopo essersi tolta la giacca, la stava strappando per ricavarne dei pezzi. Quando si rese conto che mi ero risvegliata si fermò per fissarmi dritta negli occhi. Rimasi incantata dal suo sguardo e pensai che dovevo aver sbattuto davvero forte la testa per vedere brillare i suoi occhi gialli. Mi fissò per pochi istanti, istanti che avrei desiderato fossero giorni o persino anni, poiché in quello sguardo mi sentii al sicuro. La donna si concentrò nuovamente su di me, e usò prima un pezzo della sua giacca per tamponare la mia ferita sanguinante e poi mi sfilò la cintura. Con un gesto deciso, la legò intorno alla mia gamba e l'acuto e non atteso dolore mi fece perdere i sensi di nuovo.

Mi risvegliai ancora una volta per trovarmi, questa volta, in un letto d'ospedale. Appena sveglia, l' infermiere chiamò d'urgenza il dottore, che giunse nella mia stanza e, appoggiandosi alla sponda del letto, mi sorrise sollevato: «Lei ci ha fatto prendere un bello spavento. Quando l'abbiamo soccorsa, non eravamo sicuri di riuscire a salvarla; la sua arteria femorale era gravemente lesionata. Nel mio mestiere, ogni tanto si assiste a pazienti che si salvano per un miracolo, e lei, signorina, ne ha decisamente avuto uno. La ferita che ha riportato alla gamba spesso non lascia scampo, a meno che non si intervenga tempestivamente e con competenza. Secondo il mio parere medico, ci sono stati due fattori chiave che hanno permesso un nostro intervento così rapido: il primo è che si trovava proprio davanti all'ingresso dell'ospedale quando è stata trovata dal personale, il che suggerisce che si sia ferita nelle vicinanze. Il secondo, e più importante, è che lei possiede sicuramente conoscenze approfondite di anatomia e medicina. Aver rallentato la grave perdita di sangue utilizzando soltanto un pezzo di stoffa e una cintura come laccio emostatico è la ragione per cui ora ci ritroviamo qui io e lei a parlarne.»

«Non spiegai mai al medico che anche io ero una delle persone che quel giorno rimasero ferite dal crollo sulla Carlton. Non avrei saputo dare una spiegazione convincente di come da sola e con la gamba in quelle condizioni fossi riuscita camminare per più di 25 minuti per raggiungere il General Hospital. Me la cavai addossando la colpa allo shock per la mia totale amnesia sugli eventi di quella mattina.

Nella serata del mio risveglio in ospedale, accesi la televisione della mia camera e scoprii qualcosa di straordinario. Tutti i telegiornali, ovviamente concentrati sul terremoto che ci aveva colpito, narravano di una figura enigmatica che, poco prima che l'edificio sulla Carlton crollasse, era riuscita a salvare oltre 15 persone. I sopravvissuti, intervistati, tentarono di descrivere il loro salvatore e, nonostante fossero in gran parte confusi e scioccati, parlarono di un'ombra oscura e indefinita che li aveva sottratti da una morte sicura. In quella notte, qualcuno coniò un soprannome per quella presenza benefica e, da allora, anche i notiziari iniziarono a utilizzarlo. Nei giorni successivi, si parlò esclusivamente dell'Angelo Nero.

E stasera è accaduto ancora. Tutti coloro che sono scampati illesi dall'esplosione ti hanno soprannominato, Blake, "Angelo Nero". È stato in quel momento, udendo quel nome, che è iniziato a tornarmi tutto in mente.»

Nat si staccò dalla schiena di Blake, si avvicinò alla cassettiera davanti al suo letto e tirò fuori quel pezzo di giacca che due anni prima aveva avvolto la sua gamba, lo stesso che aveva custodito con cura una volta tornata a casa, per poi dimenticarlo come per magia.

Ritornò di fronte a Blake e, prendendole la mano, le consegnò quel pezzo di giacca blu e la guardò negli occhi: «Mi ricordo tutto, Blake. Mi ricordo della persona che mi ha soccorso un attimo prima che il palazzo mi crollasse addosso. Era una donna abbastanza forte da portarmi in braccio fino all'ingresso dell'ospedale e abbastanza veloce da farlo in meno di tre minuti, perché questo è il tempo limite per non morire dissanguati dopo la recisione dell'arteria femorale. Mi ricordo di te, china su di me, che mi medicavi la gamba. Ma quando, poche settimane fa, mi hai salvato in quel vicolo, io, stranamente, non ti ho riconosciuta e ho passato questa notte a scervellarmi su come sia stato possibile per me non riconoscere o persino dimenticare completamente qualcuno che in passato mi aveva salvato la vita. E alla fine, ho capito. Ho capito perché ho dimenticato quella giornata intera. Sei stata tu, non è vero? Come hai potuto farmi questo?»

The NocturnalWhere stories live. Discover now