II - Affari di corte

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Il conte Edoardo di Graceland arrivò al castello di Maypark in mattinata, come promesso.

Tra gli sguardi sconvolti e il timore del popolo si era fatto strada senza esitazione, lasciando trapelare tutta la sua imponenza e a seguito dei suoi dodici cavalieri più fedeli.

Deciso a portare a termine la sua missione, non si fece alcun problema ad oltrepassare le guardie reali al di fuori del castello.

Sapeva che lo stavano aspettando, ma chiunque avesse avuto un po' di buonsenso si sarebbe fermato anche solo per assicurarsi di avere il permesso per entrare.

Il castello era più grande di quanto ricordasse, immagini sfocate di quando era troppo piccolo per rendersi davvero conto delle vere dimensioni della dimora in cui era cresciuto.

Il cielo azzurro sopra di lui preannunciava una giornata degna degli avvenimenti che sarebbero accaduti di lì a breve: un'incoronazione sicura per salire legalmente sul trono di Lawnland e la vendetta che sarebbe conseguita dal suo passato allontanamento – mascherato con cura – dalla sua casa e, in secondo luogo, dal regno in sé.

Lui e suo fratello erano nati per essere i principi di Lawnland, nessuno avrebbe mai dovuto costringerli a crescere tanto in fretta in modo tale che uno dei due diventasse re in giovane età e, di conseguenza, predominasse sull'altro.

I due bambini nati dallo stesso grembo, diversi in tutto e per tutto, talmente tanto da completarsi a vicenda e supportarsi l'un l'altro ogni qualvolta ce ne fosse stato bisogno.

Se solo il più grande non avesse avuto il desiderio di condurre una vita migliore...

Edoardo sbuffò a quel pensiero e scese dal suo cavallo bianco, affidandolo ad uno dei tanti servi accorsi per aiutare lui e i dodici cavalieri.

Alzò lo sguardo verso la finestra del castello che un tempo era appartenuta alla sua stanza, proteggendosi gli occhi dal sole con una mano, e strinse i pugni.

Di lì a breve sarebbe stato tutto suo e del principe Giorgio non si sarebbe più saputo nulla.

Sul suo volto si distese un sorriso tanto enigmatico da catturare l'attenzione del suo cavaliere più vicino, il figlio minore del marchese di Fireford, discendente dei Phillers, la stirpe che aveva creato più problemi a suo padre, re Guglielmo, e con cui Edoardo aveva stretto una forte amicizia per riparare i conflitti passati e guardare al futuro.

"Edoardo", gli disse infatti, venendogli vicino, dopo essere sceso dal suo cavallo nero. Lo studiò bene in volto, com'era solita fare quando aveva intenzione di scoprire i suoi pensieri, e non aggiunse altro. Attendeva una spiegazione ed Edoardo lo sapeva benissimo.

Si girò a guardare il figlio del marchese, senza accennare a tornare serio, e sorrise di nuovo. "È già tutto pronto, Emanuele. Non troverò nessuna difficoltà".

Emanuele Phillers assottigliò gli occhi blu e si mise a fissare Edoardo con un'intensità strana, come se stesse cercando di intuire il messaggio tra le righe di quelle parole.

Cresciuto tra battaglie e duelli fin da bambino, aveva imparato a non avere paura di nulla, né tantomeno del potere appartenente a qualcuno. Per lui tutti erano uguali, in punto di morte e non, e nessuno avrebbe mai potuto convincerlo del contrario. Questo suo lato aveva affascinato non poco Edoardo, il quale non aveva pensato due volte a portarlo dalla sua parte per assicurarsi una vittoria quasi certa ad ogni possibile scontro.

Gli occhi color del cielo e i capelli come il grano, Emanuele aveva avuto più pretendenti di quanto gli facesse piacere, visto il suo amore incondizionato per la vita in battaglia; non aveva tempo per le donne, perciò spesso e volentieri fungeva da guida amorosa proprio per Edoardo, più propenso di lui ad un divertimento costante e totalmente fine a se stesso.

Filix: La Strega del ReWhere stories live. Discover now