XIX - La carceriera e il prigioniero

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"Che cosa avete intenzione di fare?", chiese bruscamente Crystal, mentre Emanuele rilassava le spalle e si voltava con lentezza nella sua direzione. "Lasciatemi uscire, non avete più alcun diritto su di me".

"Il re non è dello stesso avviso". Si appoggiò con la schiena alla porta, incrociò le braccia e fissò la ragazza con aria di sfida. "Sta per scoppiare una guerra ed è dovuto partire con una scorta di cavalieri e le loro dame".

Le sopracciglia di Crystal scattarono verso l'alto. "Perché le ha portate con sé?".

Emanuele scrollò le spalle e accennò un sorriso tutt'altro che sincero. "Semplice precauzione, credo; e ha lasciato me e altri sei cavalieri al castello per lo stesso motivo".

E se il re non era presente al castello...

"Questo significa che ha affidato nuovamente la nostra sicurezza a voi?", concluse Crystal.
La libertà era stata troppo bella per poter durare a lungo, avrebbe dovuto capirlo fin dall'inizio. Ma, se il regno non avesse corso quel pericolo, la situazione sarebbe rimasta tale e quale a prima?

"Non saremo dei carcerieri come prima, se è questo quel che volete sapere", la tranquillizzò lui con un cenno della mano disinteressato. "Anche perché Edoardo non potrebbe scoprire la nostra indifferenza nei vostri confronti e ciò non avrebbe alcuna ripercussione su di noi".

Crystal incrociò le braccia a sua volta e strinse gli occhi. "Se foste coerente con quel che avete appena detto, non dovreste aver problemi a lasciarmi uscire".

Emanuele non si diede nemmeno la briga di risponderle. Si avvicinò al suo armadio e, senza troppi complimenti, iniziò a spostare i suoi vestiti alla ricerca di qualcosa che a primo impatto Crystal non riuscì a comprendere; la ragazza gettò un'occhiata fugace alla scrivania, che ancora conservava il libro sulle pozioni, e tornò a guardare la schiena del cavaliere mentre estraeva un abito rosso porpora.

"Indossatelo", le ordinò con tono autoritario, buttandolo con noncuranza sul suo letto. "E trovate qualcosa che gli si abbini".

Crystal scoppiò a ridere. "Non farò niente, a meno che voi non mi spieghiate il motivo per cui dovrei darvi ascolto".

Emanuele si voltò a rivolgerle uno sguardo gelido, al limite della pazienza. "Vari ducati e contee stanno per venire a Maypark nella speranza di parlare con il re. Dobbiamo far sì che voi dame diate la miglior impressione di cui siete capaci". Dopo la squadrò da capo a piedi con una strana espressione infastidita sul volto e aggiunse: "Per quanto sia possibile".

Crystal sentì il sangue ribollirle sotto le guance, simbolo dell'umiliazione che stava subendo per colpa sua e che sapeva di non meritarsi.

"Almeno concedetemi di cambiarmi d'abito senza la vostra supervisione", disse atona.

Emanuele si inchinò con un sorriso sarcastico e uscì dalla porta in silenzio, per poi richiudersela a chiave dietro di sé.

Era appena stata imprigionata. Di nuovo.

Ma stavolta non se ne sarebbe stata con le mani in mano. Non avrebbe mai smesso di tentare di riavere indietro la sua libertà e, di conseguenza, la sua dignità.

Lo sguardo le cadde sul baldacchino del suo letto, ornato da una corda dorata che lo cingeva tutto attorno. Salì sul materasso e la strappò con delicatezza, in modo da non rischiare di romperla, e la distese sul pavimento per rendersi conto della sua lunghezza: doveva essere all'incirca otto metri, due per ogni lato del letto, e corse alla finestra della camera per calcolare ad occhio la distanza che la separava dal piano terra.

Era la sua unica vera occasione di fuggire prima che fosse troppo tardi.

Se fosse morta nel tentativo, almeno si sarebbero ricordati di lei come l'unica donna a corte che aveva cercato di cambiare il suo presente e il suo futuro.

Filix: La Strega del ReWhere stories live. Discover now