XXIV - Il compagno di giochi

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Più mesi passavano, più Crystal si rendeva conto di quanto Emanuele avesse avuto ragione all'inizio: la pancia cresceva a vista d'occhio e la richiesta di abiti più grandi era stata necessaria prima di quanto pensasse.

Eppure, come previsto, nessuno diede segno di essersi accorto di una qualche anomalia riguardante il suo fisico: le fanciulle continuavano ad aspettare impazientemente il ritorno del re, ignari di quel che intanto succedeva al castello, e i cavalieri ascoltavano le loro lamentele tra sospiri e sbadigli.

Emanuele, dal canto suo, sorvegliava Crystal giorno e notte: si sentiva responsabile di ben due vite, adesso, motivo per cui considerava inaccettabile anche solo l'ipotesi di prendersi un momento di riposo e lasciare che la ragazza si prendesse cura di sé in modo autonomo.

La regina Margherita continuava a stare per conto suo sempre di più, al punto che Crystal non si sarebbe sorpresa se all'improvviso l'avesse trovata morta fra i cespugli del giardino.

L'unica sua preoccupazione, del resto, era assicurarsi che il bambino non corresse rischi di nessun genere, e ciò implicava un'attenzione pressoché costante nei momenti in cui qualche addetto alla servitù le si avvicinava per chiederle se avesse bisogno di qualcosa.

Se non avesse avuto il timore sempre presente che Edoardo potesse tornare da un istante all'altro, dopotutto non avrebbe potuto avere granché di cui lamentarsi: perfino il pianto del bambino era diventato soltanto un ricordo e non sembrava esistere nulla in grado di lenire la sua apparente felicità.

Ma la fine di luglio si avvicinava e con essa la preoccupazione sempre più grande che il piano che aveva ideato con Emanuele potesse non funzionare: era certa che il re si sarebbe ripresentato al castello senza le ragazze che si era portato con sé, quindi era necessario spostare tutta la sua attenzione sulle altre giovani donne prima che il parto potesse avvenire.

Nonostante non si fidasse di Sua Maestà, Crystal si convinse ben presto che la causa della scomparsa di Lucrezia fosse dovuta realmente alla malattia di cui Edoardo stesso aveva parlato: forse le aveva dato una sorta di intruglio che potesse giustificare la sua decisione di rimandarla dai suoi familiari, eppure proprio non riusciva ad ignorare il presentimento che sotto ci fosse qualcos'altro.

Semplicemente, rifiutare l'ipotesi che le fosse accaduto qualcosa di peggio le permetteva di accettare psicologicamente il piano che avrebbe permesso a lei e al bambino di salvarsi.

Durante l'ultima notte di luglio, però, il suo sonno venne disturbato nuovamente da un suono che si era imposta di dimenticare.

Non poteva crederci. Non di nuovo.

Ma il bambino continuava a piangere insistentemente, come se sperasse di essere sentito da qualcuno, mentre il suo lamento diventava sempre più forte, per poi affievolirsi quasi totalmente e ricominciare all'improvviso ad aumentare di volume.

Un suono del genere era impossibile da ignorare, ma al tempo stesso Crystal non voleva spaventare Emanuele inutilmente, non prima di aver avuto la certezza che quelle urla esistessero anche al di fuori della sua mente.

E poi come avrebbe potuto svelargli il suo segreto sulla sua natura da strega?

No, doveva cavarsela da sola.

Si liberò dalle sue braccia con tutta la delicatezza di cui era capace e si avvicinò cautamente alla porta della propria stanza.

Contrariamente a quanto era accaduto in precedenza, il pianto del bambino sembrava provenire proprio dall'interno del castello, e non soltanto dalla sua mente.

Era sicura che, se avesse seguito quel suono, avrebbe trovato la risposta ai suoi dubbi.

Accese una candela, uscì dalla sua camera e scese le scale della torre nel silenzio più assoluto.

Più si allontanava, più il pianto del bambino diventava nitido.

Le sembrò di camminare per ore, consapevole che – se qualcuno si fosse accorto di lei – non sarebbe stata in grado di giustificare la sua passeggiata notturna.

Ma i suoi passi all'improvviso si arrestarono quando giunse davanti ad una porta dalla quale sembrava proprio provenire il pianto del bambino misterioso.

Con mani tremanti e trattenendo il respiro, entrò lentamente nella stanza e si guardò intorno.

Sentì la propria nuca imperlarsi di sudore e desiderò con tutta se stessa che fosse solo un sogno.

La camera era vuota, eppure il pianto del bambino non era mai stato così forte.

Era arrivata nel posto giusto, lo sapeva, ma allora perché non c'era nessuno?

Cominciò ad analizzare con attenzione il luogo in cui era capitata, rendendosi conto con orrore della presenza di una botola aperta su un pavimento e di una culla: il lamento che l'aveva svegliata più volte proveniva da quella che sembrava una nursery a tutti gli effetti.

Si richiuse la porta alle spalle e si avvicinò con circospezione alla botola, sporgendosi quel tanto che bastava da vedere cosa vi fosse al suo interno, ma vi trovò soltanto un piccolo pupazzo di stoffa.

Contemporaneamente, una luce inaspettata illuminò la stanza.

Crystal si voltò di scatto nella sua direzione alzando la candela per vederci meglio, e se ne pentì immediatamente.

Una ragazzina di circa dieci anni la guardava con sguardo impaurito, un'ombra argentata dai lunghi capelli rossi, avente fra le braccia un bambino con le lacrime agli occhi.

"Tu puoi vedermi?", le chiese la ragazzina, stringendo a sé il piccolo come se volesse proteggerlo.

Crystal annuì con lentezza e si portò d'istinto una mano sul ventre. "Chi sei?".

"Io sono la principessa Sophia", le rispose, mentre il bambino osservava Crystal, incuriosito. "E tu?".

"Mi chiamo Crystal", disse lei, con voce a malapena udibile.

"Non mi era mai capitato che qualcuno potesse vedermi", si giustificò Sophia, più tranquilla, dopo aver capito che Crystal non sarebbe stata un pericolo per lei. "A parte mia madre, ovviamente".

"Tua madre?".

"La regina Margherita", spiegò Sophia, con una scrollata di spalle. "Nove anni fa ha tentato di riportarmi in vita, ma il suo incantesimo non è andato a buon fine, quindi sono destinata a rimanere qui per sempre. Per fortuna, però, ho trovato un compagno di giochi". Strinse teneramente il bambino fra le braccia, guardandolo con occhi luminosi.

Solo in quel momento Crystal si accorse di un particolare a cui inizialmente non aveva fatto caso.

Il piccolo, a differenza di Sophia, era ancora vivo.

"Il principe Giorgio", sussurrò senza accorgersene, e l'occhiata che Sophia le rivolse ebbe il potere di raggelarla.

"Lo conosci?", le sbraitò contro, stringendo il bambino ancora più forte.

"È il figlio di tuo fratello", le spiegò Crystal. Come diamine era finito lì?

"Tu non me lo porterai via!", urlò Sophia. I suoi capelli rossi si mossero in balia di un vento improvviso, nonostante le finestre chiuse, e con una mano lo indirizzò verso Crystal, costringendola ad indietreggiare verso il corridoio e chiudendole la porta in faccia.

Filix: La Strega del ReWhere stories live. Discover now