VII - Intromissioni

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La mattina seguente Edoardo si rivestì in fretta e furia e sgattaiolò via dalla stanza di Lucrezia cercando di fare il meno rumore possibile.

Aveva altre faccende da risolvere, non poteva assolutamente permettersi di perdere tempo; e, del resto, doveva anche cercare di non farsi sentire dalle altre undici ragazze.

Scese di corsa le scale, superando il piano in cui dormivano i cavalieri, e attraversò i lunghissimi corridoi che conducevano al castello: dando un'occhiata veloce alla finestra, si accorse del sorgere del sole in quello stesso istante e, resosi conto di essere in ritardo, affrettò il passo; se la regina l'avesse sorpreso fuori dal letto a quell'ora della notte, non avrebbe certo accettato che suo figlio potesse permettersi lo stesso divertimento che aveva rovinato il suo rapporto con il re Guglielmo.

Non si accorse della sua velocità fin quando non rischiò di finire addosso ad una ragazzina bruna e minuta; si scansò per miracolo grazie ai suoi riflessi da combattente ed ebbe l'impulso di urlarle contro per ciò che era appena successo.

Ma la ragazza lo sorprese con un "Edoardo, per l'amor di Dio, sta' attento!".

Edoardo.

Il re, colto alla sprovvista per essere stato chiamato per nome, inarcò le sopracciglia e fissò con insistenza la donna che le stava davanti; con una certa confusione riconobbe la domestica a cui aveva affidato la pozione da servire alle dodici ragazze e, con altrettanta indignazione, si rese conto della sua insolita mancanza di paura nel guardarlo in faccia.

Lo sguardo della giovane diventò più consapevole e terrorizzato con il passare del tempo, motivo per cui si inchinò al più presto sussurrando: "Vi chiedo scusa, Vostra Maestà".

Ma non fu abbastanza veloce da impedire ad Edoardo di intravedere il colore dei suoi occhi: grandi e vivaci, erano blu come il mare in tempesta, una strana tonalità che lui aveva già visto da qualche parte e che, sfortunatamente, non riusciva a ricordare dove.

La squadrò da capo a piedi nella speranza di chiarirsi le idee, ma i suoi occhi continuavano a tornargli in mente e il suo capo abbassato non gli permetteva di osservarli meglio.

Poi intravide delle lentiggini sul naso e sulle guance – illuminate dalla poca luce solare – e l'immagine di una bambina dai lunghi capelli neri e gli occhi blu si fece largo tra i suoi pensieri.

"Selene", le disse Edoardo, quando finalmente riuscì a capire di fronte chi si trovasse.

La ragazza alzò lo sguardo, incredula, e rimase a fissare il re come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie.

"Non mi aspettavo di ritrovarti qui, dopo tutto questo tempo", continuò lui, ripensando ai giorni in cui anni prima, per sentire di meno la solitudine, passava il tempo con quella bambina che ormai era diventata una donna.

"Sono e sarò sempre al servizio di Sua Maestà la regina Margherita e i suoi eredi", rispose Selene con voce chiara e improvvisamente più sicura. Il suo sorriso sprizzava contentezza da tutti i pori e in fondo ai suoi occhi adesso brillava una certa soddisfazione che per un momento fece quasi ridere Edoardo: felice di essere stata riconosciuta, era stata una delle poche persone all'interno del regno a potersi rivolgere al re dandogli del tu e questo solo perché gli aveva permesso, quando erano entrambi dei bambini, di svagare con lei e uscire per un po' dagli affari di corte.

Ma Edoardo aveva altro a cui pensare e con orrore si accorse della luminosità sempre più insistente del sole alle finestre.

"Oh, bene, ne sono felice", rispose frettolosamente con un sorriso appena accennato. "Ma adesso devo scappare. Con permesso".

La raggirò senza problemi e continuò la sua corsa verso le proprie stanze, sentendosi un po' in colpa per il modo in cui si era congedato: avrebbe pensato a lei più tardi, per il momento non aveva tempo da perdere.

Filix: La Strega del ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora