18. Il dolore non se ne va

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«Liz» Jace si allontana dalle mie labbra e mi guarda sgomento. «Che cosa stai facendo?» In questo preciso momento realizzo ciò che ho fatto.
«Non lo so» mi copro il viso con le mani e scivolo a terra, annegando nella mia autocommiserazione.
«Che succede?» Jace si abbassa alla mia altezza e mi guarda negli occhi, ma lo vedo sfocato per le lacrime che continuano a scorrermi lungo le guance. «Liz, devi parlarmi.»
«Sono un disastro immane» singhiozzo, abbracciandomi le ginocchia. Jace mi scansa le mani e le prende fra le sue, tirandomi su. «Va tutto bene.»
«Mi dispiace» mi asciugo le lacrime, passando all'istante dal dolore alla rabbia. Odio piangere, odio piangere per le persone, odio piangere per le persone che non lo meritano.
«Che ti ha fatto?» mi chiede, ma non sembra arrabbiato, sembra solo sorpreso. Scuoto la testa, soffiandomi il naso con il fazzoletto che mi passa. Non so a cosa stia pensando, la sua espressione non mi dà alcun suggerimento. «Ci vai lo stesso al bar?» Se potessi lo eviterei volentieri, ma purtroppo il rettore è stato chiaro: dobbiamo aiutare entrambi per il resto della settimana.
«Purtroppo sì.»
«Vuoi che resti con te?»
«Non preoccuparti» sorrido e lo sguardo mi cade sulle sue labbra. «Mi dispiace davvero per il bacio, Jace.»
Lui sospira. «Ha fatto male, ma ero consapevole sin da quando ho incrociato i tuoi occhi che non eri in te.»
«Grazie» sorrido commossa, Jace alza gli occhi al cielo e mi tira in un abbraccio.
«Stasera vuoi ancora restare a casa? Se no c'è un film fantastico al cinema.» Faccio qualche passo indietro per guardarlo negli occhi. «No, stasera resto a casa. Casomai possiamo andarci domani.»
«Va bene.» Jace mi saluta dirigendosi a lezione ed io resto di nuovo sola. Ormai la lezione di fisica è iniziata, oltretutto c'è Drew, quindi preferisco andare in biblioteca e rinchiudermi fra gli scaffali. Mi alzo ritrovando un po' della mia dignità e mi incammino. Questa è l'ennesima testimonianza che la vita non è un libro, in un libro Drew mi sarebbe corso dietro e mi avrebbe detto che ero la sua vita, invece nella triste realtà probabilmente sta ridendo di me con una delle famose ragazze della sera. Non che mi aspetti delle spiegazioni o addirittura delle scuse, okay forse sì, ma pensarci non serve a niente.
Varco la soglia della biblioteca e punto l'angolo fra i gialli e i thriller. Mi trascino fino al tavolo rotondo disposto fra due scaffali, ma oggi non è decisamente la mia giornata fortunata. Annabelle siede disinvolta con le gambe accavallate e sfoglia un libro che mi sembra di psicologia, non si è accorta di me. Sono indecisa se girarmi e andarmene per evitare lo scontro oppure sedermi e scatenare l'inesorabile, perché nonostante Annabelle si sia comportata meglio con me negli ultimi due giorni in cui vivo a casa sua, rimane sempre e comunque Annabelle. Purtroppo fare dietrofront non è nel mio carattere. Afferro la spalliera della sedia e la tiro indietro, poi mi siedo. Annabelle alza lo sguardo dal libro ed i suoi occhi color ghiaccio si scontrano con i miei, senza che riesca ad impedire ad un brivido di percorrermi la schiena. Non mi piacciono affatto gli occhi azzurri, continuano a farmi desiderare di scappare a gambe levate. La paura viene momentaneamente scacciata dalla curiosità. Un paio di occhiali dalla montatura blu circondano gli occhi di Annabelle.
«Porti gli occhiali?»
«Sì, porto gli occhiali.» Diciamo contemporaneamente.
«Non è nulla di strano, levati quell'espressione dalla faccia, Liz.»
«Non è per quello, ma... No, niente» scuoto la testa, perché non posso dirle quello che penso veramente, ma Annabelle sembra leggermi nel pensiero.
«Non ti capaciti del fatto che abbia un difetto di vista?» un sorrisetto le illumina il volto, ma i suoi occhi restano comunque gelidi. «Nessuno è perfetto» sussurra, ma sembra che stia parlando più a se stessa che a me. Annabelle rappresenta il mistero perfetto, è una figura avvolta nella nebbia, ogni volta che mi sembra di capire qualcosa di lei sono costretta a ricredermi. A volte sembra la persona più snob del mondo, altre volte invece così umana e fragile da far paura.
«Hai pianto?» mi chiede, ma non riesco a capire se il suo tono sia curioso, preoccupato o semplicemente gelido. Scrollo le spalle, perché parlare a lei di Drew sarebbe come prendere la mia stessa testa e sbatterla contro il tavolo. I suoi occhi tradiscono una scintilla di compassione, ma probabilmente è solo il riflesso della luce sugli occhiali, Annabelle non sarebbe mai compassionevole. O forse sono io che – come già penso – non ho capito proprio niente di lei. La seconda è molto più probabile. Vorrei lasciarla in pace come mi ha intimato di fare più volte, ma da accanita lettrice di gialli quale sono non riesco proprio a non desiderare di spianare la nebbia che avvolge la sua figura, anche perché quando la guardo e le parlo mi sembra di essere davanti ad uno specchio, come se quello che mostra Annabelle sia solo un riflesso di stessa e la vera lei sia nascosta dietro questo specchio.
«Non fissarmi» il suo tono sempre gelido mi riporta con i piedi per terra.
«Che studi?» decido di cambiare metodo di approccio. Annabelle sospira, si sfila gli occhiali e si appoggia sul mento, fissandomi senza dire nulla. La mia espressione deve essere davvero confusa, poiché lei si tira su con un sorriso, ed io credo di aver centrato il punto, ma sono ben presto costretta a riconsiderare tutto.
«Seriamente, Liz, che diavolo vuoi? A volte sembra che vorresti afferrarmi per i capelli e sbattermi la testa al suolo finché non si sfracella, altre volte invece sei così schifosamente zuccherosa e sembra che tu voglia diventare la mia amica del cuore, a che gioco stai giocando?» il suo tono minaccioso non mi scalfisce affatto.
«Dato che, purtroppo, cerco ancora di scovare il lato migliore delle persone, mi piacerebbe trovare il tuo e provare ad andare d'accordo, anche perché questo è solo il secondo giorno di convivenza senza contare la domenica, e mancano ancora più di sette settimane, e mi piacerebbe che non fossero un inferno... Senti, Annabelle, voglio solo trovare un punto d'incontro.» Taglio corto, forse anche in modo un po' brusco, sembra che Annabelle stia per rispondermi strappandomi la testa a morsi, ma nella sua di testa sembra essersi fatta strada un'idea completamente diversa, così sorride e mi guarda negli occhi, ogni traccia di gelo svanita dal suo sguardo. «Ti consento una sola domanda su di me, come domenica, almeno ci conosciamo meglio.» Non so perché, ma nonostante a volte me ne dia qualcuna vinta ho sempre la sensazione che il gioco sia a suo favore.
«Perché hanno tutti paura di te, qui?» Mi sono accorta, camminando nei corridoi, che quando passa Annabelle tutti smettono di fare qualunque cosa e cala il gelo. Non la fissano come si fisserebbe una matricola presa di mira da stupidi scherzi, ma come se fosse entrata la regina in persona e c'è qualcosa di tutto questo che mi sfugge, perché Annabelle viene da Chicago quindi, a meno che non si sia costruita una fama da martellatrice di uomini in meno di due settimane, non colgo davvero il nesso. Lei sembra interdetta dalla mia domanda, ed il gelo torna a velare i suoi occhi.
«Ho semplicemente una personalità forte, faccio paura, tutto qui. Piuttosto, non avresti lezione di fisica ora?» Sta mentendo, ed è evidente dal modo in cui fuorvia il discorso, dunque questa è un'informazione molto intima. Mi annoto questo primo passo.
«Tu come lo sai?» alzo le sopracciglia, non mi ricordo di averglielo detto.
«Me l'ha detto Drew» Annabelle studia la mia reazione, ed è qui che capisco che come io sto cercando di analizzare lei, lei sta cercando di analizzare me. Bella prova, Annabelle.
«Perché trasalisci ogni volta che senti il suo nome?» Non capisco se nei suoi occhi ci sia soddisfazione, scherno, o semplice curiosità. Stringo la mano attorno alla collana che mi ha regalato Lena prima che partissi per l'America come portafortuna, sentirla vicina mi aiuta a non avere una crisi di nervi.
«Perché non capisco cosa voglia di preciso da me.» La curiosità riesce a sfuggire al controllo di Annabelle e mi guarda alzando entrambe le sopracciglia. Sono un'idiota, sono un'idiota, sono un'idiota!
«Spiegati meglio.» E all'improvviso un bisogno sconosciuto di parlarle di ciò che mi è successo con Drew mi fa vacillare. Ma che mi prende? Sono sempre stata una che si fida poco degli altri, cos'è questo improvviso scatto di sincerità? Verso Annabelle, poi... Ma forse ho capito dove vuole andare a parare, sta sondando il terreno e credo che se voglio capire cosa passa nella testa di Annabelle devo indurla a fidarsi di me.
«Ha detto che gli piaccio ma non capisco se stia giocando con me oppure no» rivelo un piccolo dettaglio, che però come immaginavo alimenta la curiosità di Annabelle.
«Drew ha una personalità un po'... difficile.» Certo, perché la tua è una passeggiata al chiaro di luna. «Ed è un idiota come tutti i maschi, non crederei troppo a quello che dice» minimizza con un gesto della mano e si rimette gli occhiali, ma colgo un vacillamento nella sua farsa, il suo occhio trema leggermente e si asciuga una mano sulla gonna rosa che indossa. Oh mio dio, sta mentendo! Molto probabilmente perché le piace Drew, non che a me importi poi così tanto di lui, sia chiaro, ma anche questo è un indizio. Dopotutto li ho trovati che si baciavano nello stanzino dei bidelli.
«A te piace?» chiede, ma non intercetto i suoi occhi.
«Può darsi» ma perché le sto dicendo queste cose? Un sorriso lieve innalza gli angoli della sua bocca delicata ricoperta da rossetto rosso scuro.
«Drew è affascinante, magnetico, divertente, ma troppo problematico, è inutile provare a farlo innamorare di te, Drew non si innamorerà mai più.» Dannazione, ora sono io quella incuriosita, ma la sveglia nel mio stomaco suona a ricordarmi che non ho mangiato e che dovrei farlo prima di andare al bar. Annabelle coglie la palla al balzo e raccoglie le sue cose, usando elegantemente la scusa di avere lezione e lasciandomi con lo stomaco e la curiosità da soddisfare.

***

Addento il panino che ho nella mano destra e con la sinistra continuo a scrivere sul quaderno. Essere ambidestra è veramente fantastico in queste situazioni. Mi annoto ciò che ho scoperto su Annabelle ed intanto penso al prossimo passo da fare.
«Ehi.» Chiudo il quaderno di scatto e lo lascio scivolare fra le mie gambe incrociate. Alzo lo sguardo ed il cuore mi arriva all'altezza del panino nella mia bocca. «Senti, Liz, prima che tu possa dire qualunque cosa ti chiedo scusa, non volevo in alcun modo prenderti in giro con quella frase. Come potrei, dopo che mi hai dato un'altra occasione per conoscerci?» Lo guardo parlare masticando lentamente. È inginocchiato alla mia altezza – sono seduta per terra – e si passa nervosamente le mani nei capelli, evitando i miei occhi. «Voglio davvero essere tuo amico.»
«Perché?» lascio cadere il panino e mi abbraccio lo stomaco, disegnando un confine invisibile che non deve essere superato. Drew resta a fissarmi, ma non colgo le emozioni che gli attraversano lo sguardo. Si passa delicatamente una mano sull'avambraccio, e fra le sue dita scorgo la F disegnata con tratti eleganti.
«Perché voglio avere un'occasione con te.» Le parole di Annabelle mi tornano alla mente, e se Drew non si innamorerà mai più vuol dire che l'unica cosa che vuole da me è quella che non gli darò mai: il mio corpo. Oppure vuole semplicemente stare con me, ma per qualche motivo credo alle parole di Annabelle, e non so se sia proprio una scelta corretta, perché dopotutto a lei piace Drew.
Vorrei disperatamente alzarmi ed andarmene, ma i suoi occhi mi tengono incatenata all'albero contro cui sono appoggiata. Mi sembra che brillino di più del solito, qualche pagliuzza verde chiaro spunta nelle sue iridi smeraldo.
«Mi dai un'occasione? Una sola.» Inspiro bruscamente dal naso quando poggia una mano sulla mia guancia. Ha instaurato un contatto fra i nostri occhi che non riesco ad interrompere, è come se fossi completamente dipendente da questo sguardo e non riuscissi mai più a muovere un muscolo senza. Sento la paura crescere sul fondo del mio stomaco e diramarsi all'interno del mio corpo fino ad avvolgere i polmoni con i suoi artigli e stritolarli, mozzandomi il respiro come stanno facendo le labbra di Drew. Sono morbide e calde, scivolano delicatamente sulle mie e chiedono accesso alla mia bocca. Completamente in suo potere schiudo le labbra e mi abbandono al bacio più bello della mia vita. Mi tremano le gambe per l'intensità ed il cuore mi frantuma la cassa toracica. La paura viene sostituita da uno stormo di farfalle che svolazza all'interno del mio corpo. Stringo la mano attorno all'avambraccio di Drew teso accanto alla mia testa. Lui pone fine al bacio e le sue dita mi solleticano la guancia. Ho ancora gli occhi chiusi, e non credo di volerli aprire. La paura è tornata assieme ad un insetticida ed ha sterminato tutte le farfalle.
Drew si lascia cadere accanto a me vicino all'albero. «Quindi ora siamo io e te contro il mondo» sorride allegro. Mi gelo all'istante e continuo a tenere gli occhi chiusi. «Liz?» chiede confuso.
Sento il panico affluirmi tutto allo stomaco. «Non posso» dico deglutendo il groppo amaro che ho in gola ed intercetto le sue iridi smeraldo.
«Perché non puoi stare con me?» chiede. I suoi occhi da brillanti di felicità sono diventati tormentati, angosciati.
Prendo un profondo respiro.
«Quando me ne sono andata da Sydney – perché vengo da lì – l'ho fatto perché volevo essere indipendente, perché volevo bastare a me stessa. Stare con te... sei una mia debolezza, Drew, non voglio dipendere da te...» chiudo di nuovo gli occhi in attesa che mi urli contro.
Dopo un minuto li riapro e noto che mi sta fissando inespressivo. «Okay.»
Okay? Lo guardo stupefatta. Drew ha la mascella contratta, ma i suoi occhi sono freddi. «Ciao, Liz» dice gelido e se ne va. Resta solo il dolore, quello non se ne va mai, è come se mi avesse colpito in pieno petto, lasciandomi senza fiato. Sento le lacrime salire agli occhi e scorrermi lungo le guance, ma non provo nemmeno a fermarle. La sensazione di essere stata usata che mi sono portata dietro per anni torna più dolorosa che mai. So che l'ho voluto io, so che è quello che mi merito, ma diamine... fa un male assurdo.
Non ho mai avuto l'autostima più a terra che in questo momento. Ho baciato due ragazzi nello stesso giorno, ma che diavolo mi prende? Mi sforzo con tutta me stessa di smettere di piangere e mi alzo, infilando il quaderno nella borsa e dirigendomi lentamente verso il bar. Spero di combinare qualcosa di buono almeno lì. Insieme a Drew.
La vita si diverte proprio a complicarsi.

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