33. Ti fidi o no?

5.7K 354 30
                                    

Gli occhi di Drew indugiano sul mio viso, scivolano sul mio corpo, e vorrei gridargli di smetterla. Mi sembra di essere completamente nuda e che lui stia fissando le mie ferite, quelle esterne e quelle interne. Non riesco a decifrare il suo sguardo, non mi sforzo nemmeno di farlo. Voglio solo fuggire il più lontano possibile. Ci è voluto così tanto per fare un passo che mi allontanasse dal passato, e così poco per farmi precipitare di nuovo indietro.
Ho ancora impressa sulla pelle la pressione dei suoi polpastrelli, ma non è più piacevole come prima, mi ricorda il passato, mi ricorda la violenza, mi ricorda il dolore.
«Liz.» Lo ripete per l'ennesima volta, mi sta nauseando addirittura il mio nome. Continuo ad alternare lo sguardo dal viso di Drew al bosco che mi ricondurrà alla macchina. È una lotta con me stessa. Fuggire o rimanere. Quando la sua mano sfiora la mia salto sul posto e scatto in piedi. Drew fa lo stesso. Ogni cellula del mio corpo è in stato massima all'erta, anche il frusciare di una foglia mi farebbe scattare.
Andava tutto bene prima che la sua mano sfiorasse la chiusura del mio reggiseno, prima che mi ricordasse il passato e il motivo per cui non posso concedermi a nessuno. Sono rotta, danneggiata, a pezzi.
«Che ne dici di tornare dentro e fare colazione con qualcosa di caldo? Stai tremando.» La voce di Drew mi fa scattare di nuovo, e giro la testa verso di lui. Mi parla come si fa con un animale spaventato, ma è proprio questo quello che sono.
Vorrei scuotere la testa e correre verso la macchina, ma lui – come se mi avesse letto nel pensiero – afferra il mio polso e mi trascina lungo la sabbia. Più che altro non è lui a trascinarmi, ma io che non mi sforzo di mettere un piede dietro l'altro.
Per la prima volta sento sulla pelle la sensazione degli anni passati, quando mio fratello abusava di me. Le mie sensazioni sono confuse e mischiate fra loro, e sopra a tutte prevale la paura. Mai come adesso mi sono ritrovata ad analizzarla. La paura, quella vera, parte dallo stomaco, e si dirama nelle vene, nei polmoni, fino a lasciarti senza fiato. A primo impatto ti lascia pietrificato, ma poi prevale l'istinto e il bisogno di fuggire. La testa martella e il cuore la segue, gli occhi scattano rapidi alla ricerca di una via di fuga. La paura è l'emozione più animale che esista, è alla base della vita.
Nella mia testa si alternano al presente dei flashback che mi riportano indietro nel tempo, fino al momento in cui è avvenuta la rottura. Nostra madre era morta da ormai sei mesi, e la situazione peggiorava di giorno in giorno. Mio padre aveva iniziato a bere sempre di più e a lavorare sempre di meno, finché non l'hanno licenziato, mentre ogni giorno, negli occhi di Sam, si spegneva quella scintilla di amore e gioia che era sempre caratteristica del suo sguardo e del suo carattere. Ogni giorno l'azzurro dei suoi occhi diventata sempre più duro e sempre meno caldo, abbandonava il colore del cielo estivo e prendeva quello del ghiaccio. Addirittura i lineamenti del suo viso paffuto erano diventati più affilati, taglienti, minacciosi. Non mi aveva mai parlato della sua vita sociale, ma i precedenti amici che venivano spesso a casa nostra erano pian piano stati sostituiti da uscite nel cuore della notte e rientri all'alba, con l'odore di alcol che aleggiava attorno a lui.
Anche Sam aveva sofferto, davvero tanto, aveva allontanato tutte le persone che gli stavano intorno e che gli volevano bene e si era costruito un muro di pietra attorno. Ma ciò non giustifica l'inferno che mi ha fatto passare e il dolore a cui mi ha sottoposto.
Era fine maggio e come sempre ero chiusa in camera a fare i compiti. Eravamo pieni di test per la fine della scuola e a breve ci sarebbero stati gli esami statali, io ero tremendamente nervosa. Ad un certo punto – ero a casa da sola – ho sentito un forte trambusto al piano inferiore. Ho chiuso di scatto il libro e ho aperto piano la porta della mia stanza. Da fuori proveniva solo silenzio, così pensai di essermelo inventato. Chiusi nuovamente la porta e ricominciai a studiare. Pochi secondi dopo di nuovo quel rumore, ma molto più forte, proveniva dalle scale.
Mi alzai dal letto facendo più piano possibile, con il cuore che mi martellava in gola. Accostai la porta della mia stanza e lanciai uno sguardo in corridoio, verso le scale. Presi la mazza da baseball che un amico di Sam aveva dimenticato a casa nostra ormai mesi prima, e uscii allo scoperto. Mossi i piedi verso le scale, il cuore che rischiava di spaccarmi la cassa toracica. Quando arrivai in cima, ci misi un po' ad analizzare e riconoscere la figura che invece si trovava ai piedi.
«Sam?» sussurrai lasciando cadere la mazza da baseball, che quando entrò a contatto con il pavimento riecheggiò nella casa vuota. Mio fratello alzò di scatto la testa, poggiata sull'ultimo gradino, e i suoi occhi si posarono su di me.
«Elizabeth» biascicò lentamente, poi si alzò piano, inciampando più volte nel tentativo di mettere un piede dietro l'altro. Non era la prima volta che lo vedevo in quelle condizioni, ma non lo avevo mai fatto alla luce del giorno. Riuscivo a sentire l'odore di alcol dalla cima delle scale, e a vedere i suoi occhi iniettati di sangue. I capelli neri erano sparati in ogni direzione, e i vestiti sgualciti. Si aggrappò con tutte le forze al corrimano, e si tirò su, per quanto potesse. La schiena era ricurva mentre si trascinava lungo le scale. Io non mi ero mossa, ero pietrificata da un vortice di emozioni confuse. Disgusto, paura, tristezza...
«Elizabeth...» Tornai alla realtà solo quando sentii le sue mani stringermi un po' troppo forte le spalle.
«Mi fai male, Sam» dissi mentre sentivo le lacrime risalirmi agli occhi, più per la paura che per il dolore. Lui ringhiò qualcosa, poi mi afferrò per i capelli, mentre con l'altra mano armeggiava per sganciarmi i bottoni della camicetta.
«Lasciami!» urlai cercando di divincolarmi, ma la sua stretta era ferrea. Aveva solo due anni più di me, eppure era tremendamente forte per la sua età. Finalmente nella mia testa scattarono i campanelli d'allarme, ma era troppo tardi. Sam mi trascinò per i capelli fino alla mia camera, poi mi sbatté sul letto. Io scalciavo e mi dimenavo, ma era come se neanche mi calcolasse. Stanco di lottare per sganciare i bottoni, afferrò i lembi della mia camicetta e la strappò, facendo lo stesso coi leggings che indossavo.
«Lasciami andare!» urlai disperata, ma lui mi mise una mano sulla bocca e si occupò di sfilarmi l'intimo.
Non potevo credere a quello che stava succedendo, nemmeno quando sentii il rumore della zip dei suoi pantaloni.
Era stato Sam a rompermi, a distruggermi, e ogni volta che si prendeva un pezzo di me, io morivo un po' di più. Ogni emozione quando lo vedevo si trasformava in paura, non riuscivo più a vivere con lui sotto lo stesso tetto, ma non potevo fare altrimenti.
Mi riscuoto da quel ricordo così lontano eppure così nitido, solo quando Drew mi lascia fra le mani una tazza di cioccolata bollente. Si siede di fronte a me senza dire una parola, e inizia a mangiucchiare una mela. Nel silenzio della casa sul lago, si sentono solo il rumore della mela che viene morsa e quello del vento che si è alzato e che fa tremare i vetri.
Deglutisco a vuoto, e mi sembra un urlo in quel silenzio. Avvicino le labbra alla tazza e bevo un sorso abbondante dopo aver soffiato a lungo sul liquido. Drew finisce la sua mela e mi osserva bere la cioccolata. Quando poso la tazza ormai vuota sul tavolo di ebano, inizia a parlare.
«Cosa ti è successo, Liz? Chi ti ha fatto del male?» Quando pronuncia la seconda domanda sembra pentirsene subito dopo, ma io mi sforzo di restare calma. I sintomi di un possibile attacco di panico ci sono tutti, e mi sto sforzando di tenerli sotto controllo. Ormai Drew ha visto troppo, e sarebbe da stupida continuare a far finta di niente, ha capito che c'è qualcosa che non va, qualcosa di oscuro nel mio passato, eppure continua a sperare ne non gli dica qualcosa che non vuole sentire, e sono certa che è proprio quello che è successo a me.
Mi guardo le mani per un po', e all'improvviso qualcosa scatta dentro di me, e decido che ne ho abbastanza. Non voglio più tenermi dentro questo dolore e lasciare che mi consumi, non mi interessa se dopo tutto ciò Drew mi abbandonerà, perché non lo faccio per lui, lo faccio per me. La prima ad aver bisogno di liberarsi di questo peso sono io. Io voglio essere una persona migliore, io voglio ritrovare i miei pezzi, io voglio curare le mie ferite, io voglio ricominciare a vivere.
«È cominciato tutto dopo la morte di mia madre» dico a fatica. La mia bocca è in forte contrasto con la mia volontà, come se mi intimasse di continuare a tenermi tutto dentro e a vivere questa apparente normalità. Scuoto forte la testa e chiudo gli occhi. Rimango così per un po' finché le braccia di Drew non mi circondando e mi sollevano dalla sedia. Continuo a tenere gli occhi chiusi e il volto poggiato contro la sua spalla anche quando ci sediamo sul divano, davanti al camino. Lui mi lascia lì e inizia ad ammucchiare la legna all'interno di esso. Io osservo i suoi movimenti e finalmente capisco che è nervoso quanto me. Le sue mani tremano leggermente, la mascella è contratta e i suoi occhi sono totalmente concentrati sulla legna che sfrigola per il pezzo di carta infuocato che vi ha messo in mezzo.
Scompare al piano di sopra facendomi cenno di aspettare e ricompare poco dopo con due coperte. Solo quando le vedo mi accorgo di avere freddo. È come se piano piano stessi riprendendo sensibilità del mio corpo, abbandonando la parte istintiva e irrazionale per riprendere quella ragionevole e razionale.
Drew mi fa alzare dal divano e lo trascina di fronte al camino, girandolo verso di esso, poi mi fa di nuovo cenno di sedermi. Lo faccio e aspetto la sua prossima mossa. Lui prende le coperte e si siede di fianco a me, poi me ne passa una. La tiro su fino al mento e mi gusto appieno il calore del fuoco che mi lambisce il viso.
Piano piano la tensione mi scivola dalle spalle e mi rilasso. Quando riprendo pieno possesso del mio corpo mi rendo conto che ho agito dando retta solo ed unicamente al mio istinto, e che devo essere sembrata una pazza agli occhi di Drew.
«Mi dispiace» dico ad un certo punto, senza staccare gli occhi dalle fiamme. Il suo braccio mi circonda subito le spalle e le sue labbra si depositano sulla mia tempia.
«Non dirlo neanche per scherzo.» Fa una pausa. «Da quando ti ho conosciuta, nei tuoi occhi ho sempre notato un lampo di dolore, ma sei così brava a nasconderlo. Io vorrei che tu ti aprissi con me, vorrei che mi parlassi, perché voglio aiutarti.» I suoi occhi mi osservano senza mai fermarsi un secondo, come se anche lui fosse sull'orlo di una crisi di nervi. «Io-io ho bisogno di aiutarti, capisci?» Noto che sta carezzando nervosamente il tatuaggio, e contraggo la mascella.
«Cosa è successo a te, Drew?» chiedo, ancora per una volta, e ancora per una volta lui scuote la testa e abbassa lo sguardo.
Stringo gli occhi e li riapro, spostandoli dal suo volto al fuoco nel camino. Se voglio che questa cosa abbia una speranza, qualunque cosa sia, è giunto il momento di affrontare i mostri del passato. Ancora una volta mi ripeto che posso farcela, che lo faccio per me, e lascio che la mente vaghi indietro, riscoprendo ricordi che avevo cercato di seppellire inutilmente nel passato.
«È iniziato tutto dopo la morte di mia madre» riparto da dove avevo abbandonato il discorso, e subito ho la completa attenzione di Drew, che mi stringe la mano. «I miei avevano entrambi un buon lavoro, mio padre era un avvocato di successo, e la sua morte è stata un colpo troppo duro da superare. Ha iniziato a bere sempre di più e a prestare sempre meno tempo al lavoro. Dopo mesi che non portava avanti alcuna causa, lo studio in cui lavorava l'ha licenziato, ma mio padre era ormai totalmente perso, non gli importava nemmeno più. L'unica cosa che era davvero importante per lui era che in casa ci fosse del whisky. Sai, dopotutto, non riesco nemmeno a fargliene una colpa. L'ho osservato spegnersi giorno dopo giorno, è un uomo distrutto.» Prendo una pausa e Drew mi dà un bacio sulla guancia che mi tranquillizza e mi spinge a continuare. «Tante volte ho desiderato aiutarlo, ma la paura me lo impediva sempre. Non paura di lui, ma di mio fratello.» Adesso arriva la parte davvero dolorosa, e sento che anche Drew sta trattenendo il respiro. Mi sento tremendamente in colpa se gli sto facendo rivivere brutte sensazioni, ma non riesco più a fermarmi. «Lui... Il mio nome completo è Elizabeth.» È come se quelle nove lettere mi bruciassero la lingua. «Mio fratello era l'unico a chiamarmi così, ed è da quel momento che non ho più voluto che qualcuno usasse il mio nome completo.
Nei sei mesi seguenti alla morte di mia madre, la sua vita era diventata un confuso alternarsi di alcol, serate e probabilmente anche droga. Stava andando lentamente alla deriva, e io non sapevo come aiutarlo perché in casa non c'era mai, e negli ultimi quattro anni e mezzo credo di averlo visto sobrio solo una ventina di volte. Tutto è cambiato quando un giorno è tornato di pomeriggio, ubriaco come sempre, e l'ho trovato in fondo alle scale. Avevo tredici anni.» Le labbra si rifiutano di articolare le parole, ma mi costringo a farlo, ho gli occhi di Drew fissi sul mio volto. «Si è alzato a fatica e mi ha raggiunto in cima alle scale, poi mi ha afferrato per i capelli mentre cercava di slacciarmi la camicetta che avevo addosso.» Drew scuote violentemente la testa, non so se per dirmi di smetterla o per la frustrazione, ma lo ignoro e continuo a parlare. «Mi ha trascinata in camera e alla fine me l'ha strappata di dosso assieme ai leggings. Mi ha sfilato anche l'intimo e... il resto puoi immaginarlo.»
Mi rendo conto di aver stretto gli occhi durante l'ultima parte del racconto solo quando una lacrima mi bagna le ciglia e mi scivola lungo la guancia.
«Dimmi-dimmi che è successo solo una volta, Liz» balbetta Drew, prendendomi le mani, e mi rendo conto che non sono io a tremare, ma lui. I suoi occhi mi stanno supplicando, e lo vedo crollare a pezzi quando scuoto debolmente la testa.
Mi prende il capo fra le mani e se lo porta al petto, carezzandomi i capelli e riempiendomi di baci. Mi abbandono contro di esso e lascio che tutto il dolore che mi sono tenuta dentro, compreso quello che non sono riuscita a sfogare con Lena, esca fuori in un pianto liberatorio. Drew mi circonda completamente con le braccia e mi stringe a sé.
«Mi dispiace così tanto, se solo-se solo lo avessi adesso, qui, davanti a me, ti giuro che non vedrebbe mai più la luce del sole.»
La sua reazione è stata completamente diversa da quella che mi aspettavo, invece di abbandonarmi mi ha stretta a sé, e glielo dico prima di pensarci troppo.
«Pensavi che me ne sarei andato?» chiede incredulo, squadrandomi con i suoi smeraldi dopo avermi allontanata dal suo petto. «Te l'ho detto: ora che sei mia non ti lascerò più andare via.»
Sorrido debolmente e lui mi lascia un bacio delicato sulle labbra. Potrei trattenermi, potrei semplicemente godermi questo momento, ma ora sento io il bisogno di sapere.
«Pensavo che mi avresti abbandonato per ciò che è successo ad F. Anche io vorrei che ti aprissi con me, Drew.»
Ancora una volta, dopo quella domanda, si rabbuia e i suoi occhi ergono palesemente un muro fra noi due.
«Non voglio parlarne.»
«Io mi sono finalmente aperta con te, se vogliamo che tutto questo funzioni...»
«Tutto questo può funzionare benissimo anche senza che io ti parli di lei
«Chi è questa lei? Ho bisogno di saperlo, Drew!»
«No, non ne hai bisogno!» grida, e si alza di scatto dal divano, la coperta che atterra ai suoi piedi. Rimango pietrificata, spaventata dal suo scatto d'ira. Cammina avanti e indietro sfregandosi i capelli, con il fuoco alle spalle che gli fa risplendere i capelli evidenziando il castano ramato. È davvero sconvolto.
«Drew» mormoro alzandomi in piedi e toccandogli un bicipite. Lui si scansa come se lo avessi ustionato, e mi sforzo al massimo per non sentirmi respinta. «Possiamo superare questa cosa insieme, ti fidi o no?»
«Non è questione di fiducia» ringhia sfregandosi il volto. «Fatti gli affari tuoi!»
È come se mi avesse dato uno schiaffo in pieno volto, e quando se ne rende conto è troppo tardi. Vorrei rimangiarmi tutto quello che gli ho confessato, perché evidentemente non è la persona giusta, non è lui ciò di cui ho bisogno, e non mi risparmio dal dirglielo.
«Sai una cosa? Mi pento amaramente di averti reso a conoscenza di una parte così importante e dolorosa del mio passato, e mi sento così stupida per esserti corsa appresso e per aver lasciato che entrassi nella mia vita da quando sono qui con la speranza di non so cosa. Pensavo che mi avessi migliorato, invece a quanto pare non è così, mi hai solo distrutto un po' di più. Non ho bisogno di te, Drew, sparisci per sempre dalla mia vita.»
Afferro di fretta il cellulare e le chiavi della macchina poggiate sul tavolo e mi dirigo verso la porta. Drew non prova nemmeno a fermarmi, ma sento il suo sguardo fisso sulla schiena. So di avergli fatto del male, eppure non mi interessa, perché non è neanche lontanamente paragonabile al male che mi ha fatto lui ponendo un muro fra noi due dopo che gli ho confessato ciò che mi ha spezzato per sempre.
Mi chiudo con forza la porta alle spalle e tengo uniti disperatamente i pezzi almeno fino alla macchina, poi mi concedo di essere debole.
Mi concedo di essere Elizabeth ancora per una volta.

Ciao fiori di campo!🙊

Sono resuscitata dopo davvero tanti giorni di assenza, mi dispiace davvero di cuore, ma non ho avuto né il tempo di scrivere né la voglia di farlo. Queste vacanze si sono rivelate tutt'altro che vacanze, per l'appunto.

Non mi andava nemmeno di scrivere questo capitolo, nonostante sia uno dei più importanti della storia, come vi avevo detto nel capitolo precedente, e non è venuto affatto come volevo. Ve lo pubblico uguale, perché non voglio lasciarvi senza capitolo ancora a lungo, ma con ogni probabilità potrei anche cancellarlo e riscriverlo. Ma con ogni probabilità potrei anche rileggerlo più tardi e scoprire che mi piace, quindi non lo so, mi conosco abbastanza bene da sapere che potrebbero succedere entrambe le cose ahah.

Comunque, esprimetemi il vostro parere, che sono curiosa, visto che il mio è totalmente negativo.

Al prossimo capitolo!🔜

-A

FriendsWhere stories live. Discover now