19. Snob

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Quando varco la soglia del bar e la ragazza dietro il bancone mi sorride, capisco che è quella che ho visto stamattina e dove ho avuto la sensazione di averla vista. È la stessa ragazza che lavorava al bar quando sono venuta assieme a Drew ieri e ci siamo presi la punizione. Mi sorride allegra, ha i capelli neri e ricci che le arrivano poco oltre le spalle e gli occhi verdi, più chiari di quelli di Drew. Mio dio, devo smettere di fare paragoni.
«Ciao, io sono Jade.» Mi faccio spazio fra i tavoli dove i ragazzi siedono a mangiare per andarle incontro. Stringo la mano che mi porge e mi presento, quando finisco di pronunciare il mio cognome sembra che le si sia accesa una lampadina in testa.
«Quella Liz Jones?» Una strana sensazione di inquietudine mi fa rizzare la pelle, ma non è possibile che qui mi conoscano come a Sydney. «Quella che ha accettato la scommessa con Annabelle Royal?» Tiro un sospiro di sollievo, ma subito sono incuriosita dal modo in cui ha pronunciato il nome di Annabelle, ovvero come se fosse terrorizzata da lei. Dio, per ricomporre questo puzzle uscirò matta.
«Sì, sono io.» Questa esperienza potrebbe giovare alle mie ricerche, dopotutto...
«Vieni con me, prima di iniziare devi indossare l'uniforme» sorridendo mi prende per un braccio e mi porta in una specie di camerino approssimativo nel magazzino del bar, costruito con una tenda bianca impolverata ed uno sgabello sfasciato. Uniforme?! Ma stiamo scherzando? Purtroppo non posso ribellarmi, il rettore è stato chiaro anche su questo: nessun fiato. Non vuole un'altra denuncia per vandalismo contro l'università.
«Sai, sono poche le persone che hanno il coraggio di contrariare Annabelle o di sfidarla. C'ero al falò, sei stata davvero coraggiosa!» esclama Jade sfilandomi la giacca e poggiandola sullo sgabello, poi esce dal "camerino".
«Perché hanno tutti così paura di Annabelle?» chiedo ad alta voce, sfilandomi la maglietta e rimanendo solo con la canottiera.
«Non lo sai?» la testa riccia di Jade fa capitolino da dietro la tenda. Sembra davvero sconvolta.
«Sono qui da poco» mi giustifico e prendo la camicetta bianca che mi porge.
«Ma questa notizia ha fatto il giro del mondo!» Aggrotto le sopracciglia. Che c'entra ora?
«Che tipo di notizia?»
«Quella della morte di Christopher e Madilyn Royal.» Resto a bocca aperta, capisco perché Annabelle si è arrabbiata tanto quando ho nominato i suoi genitori. Intanto Jade continua a parlare. «Lui era un famoso imprenditore, ha case sparse in tutto il mondo. Lei invece era un ricercato medico, curava i bambini malati di cancro. Quando lui la uccise perché era geloso e poi si puntò la pistola alla testa fu un bello shock, la notizia fece il giro del mondo in breve tempo, dopotutto era il sesto uomo più ricco al mondo. Annabelle e sua sorella, Hamely, andarono a vivere con i nonni, Annabelle aveva solo sedici anni e sua sorella quindici, povere ragazze.» Mi sistema il papillon che completa l'uniforme e poi mi passa una gonna nera lunga fino al ginocchio. «La gente non ha paura di Annabelle, ha paura di dire o fare la cosa sbagliata, le persone che hanno subito dei lutti diventano... particolari.»
«Che vuoi dire?» domando rigirandomi la gonna fra le dita. Jade me la leva dalle mani e me la porge nuovamente dal verso giusto, al che la infilo seguita dalle calze nere.
«Voglio dire che nessuno sa di preciso come comportarsi, non è una cosa di tutti i giorni avere a lezione Annabelle Royal, figlia di un uomo che ha commesso un omicidio-suicidio. Poi lei non è affatto una persona semplice, non parla con nessuno... Ho provato ad essere gentile con lei il primo giorno, ma mi ha degnato a malapena di un'occhiata e di un paio di parole pungenti.» Sembra triste, ma scuote la testa e sorride. Che ha da sorridere? Io capisco benissimo Annabelle invece: quando devi convivere con il dolore, la rabbia, non hai bisogno di persone che facciano le ipocrite con te perché gli fai pena. Era successo anche a me dopo la morte di mia madre, ero la povera piccola Liz, ma quando avevo davvero bisogno di qualcuno sparivano tutti. Eccome se capisco Annabelle.
«Va beh, non parliamo di cose tristi. Manca il tocco finale, aspetta un attimo!» Jade trotterella fuori dal camerino e rientra subito dopo con un paio di scarpe col tacco in mano. Getto un'occhiata allo specchio a figura intera un po' sporco appoggiato all'angolo.
«Ma devo fare la cameriera o ballare in uno strip club?» mormoro acida osservando le calze nere che mi ricoprono le gambe e la camicetta quasi trasparente e mi affretto ad abbottonare anche i primi due bottoni.
«Ma stai benissimo!» esclama Jade. La sua allegria inizia a darmi sui nervi.
«Sì, sì...» borbotto infilando anche le scarpe e guadagnando cinque centimetri di altezza. Torniamo nel locale mentre Jade mi spiega in breve come funzionano le cose qui, ma smetto di ascoltare quando scorgo Drew appoggiato con disinvoltura al bancone, direi che è completamente e totalmente a suo agio, se non fosse che sta giocando nervosamente con un elastico. Allora non sono solo io quella sulle spine.
«Tu devi essere Drew» alzo gli occhi al cielo quando lei arrossisce perché Drew le ha fatto un elegantissimo baciamano. Non posso ignorare quella sensazione di acido nello stomaco comunemente chiamata gelosia, ma nonostante tutto voglio stargli alla larga, ed i suoi occhi che si posano su di me con una delicatezza sconvolgente non mi aiutano, è come se mi stesse toccando dolcemente, anche se è a qualche metro da me. Mi impongo di respirare e di rilassarmi, avrei davvero bisogno dell'autocontrollo ferreo di Annabelle in questo momento. Drew distoglie lo sguardo dal mio corpo e il mio diaframma riprende a contrarsi. Jade spiega nuovamente tutto a Drew, e questa volta cerco di stare attenta.
«Beh allora buona fortuna... Sono in cucina se avete bisogno di me!» ci regala un altro dei suoi sorrisi a trentadue denti e se ne va. L'imbarazzo è talmente denso che se alzassi una mano potrei stringerlo fra le dita. Drew si adopera per risolvere la situazione andandosene, non prima d'avermi lanciato un'occhiata indecifrabile. Deglutisco e non mi sento tanto sicura sui tacchi mentre mi trascino fin dietro al bancone in legno scuro che delimita il bar dalla cucina. Una ragazza si alza con disinvoltura da una sedia in fondo al locale e viene verso il bancone. Mi aspetto di dover prendere qualche ordine, ma lei sorride sicura ed indica Drew che sta scrivendo qualcosa su un blocchetto in piedi accanto ad un tavolo di sole ragazze. Lo sta facendo apposta... Che stronzo, vuole farmela pagare. «Quello è Drew Anderson?» chiede la ragazza che ha due splendidi occhi scuri e i capelli dello stesso colore. Annuisco confusa, e lei attira la sua attenzione chiamandolo per nome. Drew sembra confuso ma quando la riconosce sgrana gli occhi e sorride. Una stretta mi stritola lo stomaco, quello era uno dei miei sorrisi. Viene verso di noi e la abbraccia.
«Cassie!» Ed ora chi è Cassie? Santo cielo, Liz, ma che ti prende? Mi do un pizzicotto per vedere se sono in me, purtroppo fa male. «Alla fine hai scelto Louisville» Drew sorride tranquillo e lei lo imita.
«Già, i miei volevano mandarmi all'università di Cambridge, ma era troppo lontana...» Ma sentitela! Volevano mandarmi a Cambridge ma era troppo lontana... Poverina! D'altronde è solo la seconda università migliore al mondo, che vuoi che sia... Già mi sta antipatica, e non solo per il modo ridicolo con cui si attorciglia i capelli attorno al dito e guarda Drew con quel sorriso da idiota. Santo cielo, sto diventando isterica. Sbuffo ed esco da dietro il bancone per non essere costretta ad osservare tutto lo spettacolino fra Drew e Miss Volevano-Mandarmi-A-Cambridge-Ma-Era-Troppo-Lontano. Un ragazzo alza una mano e mi affretto ad andare al suo tavolo, è magro ed indossa una felpa dei Red Hot Chili Peppers, mi sta simpatico solo per questo.
«Ho visto che avete vari tipi di frullati, quali mi consiglieresti? Sono indeciso» sorride passandosi una mano fra i capelli che restano miracolosamente pettinati indietro. Sono biondo chiaro, gli occhi invece li ha grigio chiarissimo, come il cielo quando è nuvoloso. Ed ora che gli rispondo?
«Quello alla ciliegia è davvero delizioso» invento sul momento. Santo cielo, se solo fossi stata attenta a quello che ha detto Jade...
«Beh allora prenderò quello... Invece cosa mi consigli da mangiare? Magari un panino, un piatto di pasta...» Gesù santo... Ma si diverte a mettermi in difficoltà? Sorride rassicurante e mi squadra. Mi sento subito in imbarazzo e mi copro il petto piegando le braccia davanti alla camicetta ed usando come scusa il blocchetto per scrivere. Ma come fa Jade ad andare in giro tranquilla vestita in questo modo? Mi concentro sul biondo di fronte a me. Ci sta per caso provando?
Sto per rispondere, ma Drew mi precede: «Liz, scusa, vieni un attimo qui, ci penso io.» Non ho nemmeno un secondo per controbattere che Drew è al mio fianco e con un sorrisetto tirato mi indica il bancone. Lo guardo confusa e torno lì dietro, vagamente sollevata che sia intervenuto. E Cassie? Che fine ha fatto? All'interno del bar non c'è più, deve essersene andata. Chissà chi era...
Lancio qualche sorriso qua e là mentre prendo ordini e do resti, ormai sono entrata in una sorta di meccanismo, non c'è niente che possa fermarmi! Sono ben presto costretta a ricredermi, perché Drew si infila dietro il bancone e mi guarda storto.
«Che c'è?» chiedo dopo aver sorriso ad un ragazzo sui vent'anni ed avergli indicato un tavolo libero.
«Non flirtare con la gente» dice fra i denti e non posso fare a meno di scoppiare a ridere.
«Cosa?» Mi sa che Drew Anderson non mi conosce affatto.
«Ti ho visto flirtare con quel tizio, non farlo.»
«Anche se fosse... che ti importa?» gli chiedo, sinceramente curiosa.
«Te l'ho detto, Liz» si avvicina ai miei occhi ed il mio cuore inizia a battere alla velocità della luce. «Voglio avere un'occasione con te.» È talmente vicino che sento il suo respiro caldo in faccia, ma per fortuna ho il buon senso di fare un passo indietro.
«Drew ti ho già spiegato come stanno le cose...» sospiro, stanca.
«Vale solo per me?! Con lui puoi flirtarci tranquillamente?!» Qualcuno si gira verso di noi, ed io faccio a Drew segno di parlare più piano. Ci manca solo un'altra punizione del rettore.
«Io faccio quello che mi pare e flirto con chi mi pare!» Il mio lato da ribelle sta iniziando a prendere il sopravvento sulla ragione, e non è mai una buona cosa.
«Non credo che tu voglia flirtare con Dylan Emerton, che di professione fa lo sciupafemmine» dice acido, incrociando le braccia. Vorrei prendermi a schiaffi per aver pensato che è carino quando contrae la mascella in questo modo.
«E tu cosa sei?» esclamo esasperata.
«Non osare paragonarmi a Dylan Emerton!» sibila.
«E quella di prima chi era? Una ragazza del giorno
«Ragazza del giorno?» Drew aggrotta le sopracciglia e mi guarda in attesa di una spiegazione.
«Sì, per passare il tempo in attesa di quelle della sera» sputo fuori, irritata dal suo comportamento. Si crede di poter controllare la mia vita? Io faccio quel che mi pare.
«Tu sei matta» scuote la testa divertito, ed io vorrei tirargli una ginocchiata nelle parti basse. «Io e Cassie ci conosciamo dalle superiori e lei era indecisa fra l'università di Cambridge oppure quella di Louisville dove siamo andati tutti noi e... Perché ti sto dicendo queste cose? Cavolo non ti devo delle spiegazioni!»
«Infatti, hai ragione» mi diletto in una perfetta espressione alla Annabelle e torno a dedicarmi ai resti. Quando Drew capisce di avermi ferita ha almeno il buonsenso di lasciarmi in pace. La cosa che mi fa arrabbiare più di tutte con me stessa è che le sue parole possano ferirmi, è un'arma potentissima e lui ora sa di averla. La rabbia viene ben presto soppiantata dalla tristezza, e vorrei solo sedermi a terra e piangere, ma con questa gonna non potrei ed odio piangere, quindi faccio uno dei miei migliori sorrisi e trascorro la restante mezz'ora correndo fra un tavolo e l'altro. Non l'avrei mai detto che lavorare in un bar sarebbe stato così difficile, e non avrei nemmeno mai detto che mi sarebbe piaciuto.
Un'altra ora – occhiate di Drew a parte – è trascorsa velocemente e la mia lezione di anatomia mi aspetta. Torno nel camerino e mi rimetto la mia felpa verde e i miei jeans strappati. Mi sfilo quell'inferno che sono le scarpe col tacco ed indosso le mie adorate Superga che ormai ho da due anni. Saluto Jade e lei mi rivolge uno dei suoi sorrisi a trentadue denti, ricordandomi che domani dovrò fare il turno dalle dieci alle undici. Per fortuna Drew ha quello dalle due alle tre, almeno avrò un attimo di pace dalle sue occhiate folgoranti.
Attraverso nuovamente il bar per uscire, e – tanto per restare in tema – non posso non notare Drew che parla allegramente con Cassie – improvvisamente ricomparsa –, come non posso ignorare il mio stomaco che si contrae. Sospiro e distolgo lo sguardo, spingo la porta per uscire e provo a convincermi di dovermene fare una ragione.

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