39. Capitolo Speciale || Karma

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Drew
Sono talmente attonito che quest'ultima pugnalata mi trapassa il petto senza neanche farmi male. Scivolo lungo il muro del bar di fianco alla ruota panoramica con le mani fra i capelli. I suoni sono ovattati e giungono sovrapposti l'uno all'altro alle orecchie, mi sembra di avere gli occhi di tutti puntati addosso.
Liz ha detto di fronte a tutti una cosa così personale che le avevo confidato, questo pensiero attraversa la mia mente provocandomi altro dolore. I miei occhi la osservano restare muta, con sguardo assente, mentre Jace la scuote da una spalla urlandole contro. Il suo corpo è rigido, i pugni chiusi contro i fianchi, in un atteggiamento di difesa che le ho visto assumere fin troppe volte da quando la conosco.
«Drew!» rantola affannata Annabelle inginocchiandosi di fronte a me. Allunga le mani per afferrare le mie, ma le scanso con un gesto secco del braccio.
«Mi hai mentito!» farfuglio, senza fiato, spingendo maggiormente la schiena contro il muro per allontanarmi dai suoi occhi supplicanti.
«Ascolta-» prova a dire, ma la blocco, parlandole sopra.
«Tutte le volte che ti ho chiesto se Gale ti picchiava tu... tu hai negato! E ora sei anche... incinta?» Ogni parola che pronuncio mi sembra surreale, invece descrive perfettamente la realtà che mi circonda in cui io giravo su me stesso con dei paraocchi.
Apre la bocca e la richiude, gli occhi che corrono senza meta nell'area circostante fino a raggiungere il suolo, fra i miei piedi e le sue ginocchia. «Mi dispiace» sussurra infine.
«Ti dispiace?» domando retorico, le dita tirano i capelli con il desiderio di strapparli e svegliarmi da questo incubo, ma a quanto pare si tratta solo della realtà.
Mi mordo con forza il labbro e mi alzo di scatto, sento lo stomaco contrarsi per tutti i colpi subiti oggi. Tradito non solo da Liz, ma anche da Annabelle, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme...
«Dove vai?» la sua voce mi arriva alle spalle, non mi ero nemmeno accorto di essermi incamminato lungo la riva. Voglio allontanarmi da tutto questo schifo, dai miei demoni, dalla voce nella mia testa che riecheggia incolpandomi della morte di Fable, di tutto il dolore che ho causato a lei e alla sua famiglia solo col mio silenzio. Non rispondo, continuo a calpestare il terreno mentre sembra che ai polmoni arrivi sempre meno ossigeno di quello che inspiro.
«Drew, fermati!» la mano di Annabelle aggancia la mia spalla, ma al momento la sola immagine di lei mi dà il disgusto. Svicolo dalla sua presa e continuo a camminare imperterrito, senza mai voltarmi ogni volta che chiama il mio nome.
«Drew, ti supplico! Aspetta!» non ho mai sentito Annabelle supplicare qualcuno in tutta la sua vita. Inchiodo sul posto, scosso da quelle due parole pronunciate con voce malcerta. Il cuore salta un battito quando un singhiozzo giunge alle mie orecchie, come sturandole da tutto l'odio che le aveva tappate. Mi volto di scatto, l'istinto di proteggerla come ho sempre fatto prende il sopravvento sulla rabbia e la delusione. Le afferro le mani tremanti e la tiro verso di me, chiudendola in un abbraccio fraterno che pensavo non le avrei mai più dato. La sento piangere silenziosamente contro la mia maglietta e la cosa mi sconvolge, credo di non aver mai visto Annabelle piangere prima d'ora.
«Ehi» dico dopo un po', quando mi sembra che si sia calmata. «Va tutto bene» quasi mi strozzo con queste due parole, lo sappiamo entrambi che non va bene affatto, e che probabilmente dovrà passare un bel po' di tempo prima che ricominci a farlo.
«Non mi lasciare sola» dice in un sussurro, la mia maglietta stretta fra le sue dita.
«Non lo farei mai» le rispondo, poggiandole il mento sulla testa, consapevole di quanto queste parole siano assolutamente vere. Annabelle è ormai parte della mia famiglia.
«Lo stavi facendo.»
«Ero, anzi, sono arrabbiato e deluso, ma non ti avrei mai lasciata sola Annabelle, in qualsiasi caso sarei sempre tornato da te.»
Solleva la testa e punta gli occhi nei miei, il mascara ha tracciato due linee nere lungo sue guance e il rossetto è ormai scomparso.
«Ti voglio bene Drew, sei come un fratello per me.»
«Anch'io ti voglio bene, Annabelle» sospiro. «Però avrei desiderato che mi parlassi di questa situazione prima di arrivare a questo punto.» Non avrei mai sopportato di perdere anche lei. Al momento ho perso due delle tre donne più importanti della mia vita.
«Lo so, e mi dispiace.» Le pulisco il viso dal trucco, mentre lei si abbandona contro la mia mano, e restiamo entrambi in silenzio, persi nei nostri pensieri.
«Quello che Liz ha detto non è vero.» Sentire il suo nome mi distoglie dai miei pensieri, provocandomi un brivido lungo la spina dorsale. Liz, la dolce e innocente Liz mi ha pugnalato alle spalle... Forse me lo merito, è la mia punizione divina per aver scommesso su di lei.
«Quale delle tante cose che ha detto non è vera? A me piacerebbe che non lo fossero tutte» mormoro spossato. Vorrei solo andare a casa, alla mia vera casa, quella a Chicago, e dormire per una settimana per poi svegliarmi in un mondo in cui tutto questo non è mai successo.
«La morte di Fable non è colpa tua, l'ha detto solo per ferirti, proprio come noi abbiamo fatto con lei.»
Deglutisco a vuoto, consapevole che invece c'è della verità in quell'affermazione.
«Forse ce lo siamo meritato, Liz si fidava di noi» cerco di giustificarla, ma al momento tutto ciò che provo per lei sembra essere sommerso dal rancore.
«Anche noi ci fidavamo di lei. O almeno io, quando le ho confessato della gravidanza... mi sono fidata di lei, e adesso lo sa tutta Louisville, assieme al fatto che Gale mi picchiava.» Quelle parole mi fanno venire i brividi, e se solo Liz avesse aspettato qualche ora in più adesso questo non sarebbe successo. Quest'ultimo pensiero mi fa sorgere spontanea una domanda che sarebbe dovuta essere la prima a saltarmi in mente.
«Chi è stato?»
«A fare cosa?» chiede Annabelle distogliendo lo sguardo che aveva fissato sulla superficie del lago e portandolo di nuovo nei miei occhi.
«A dire a Liz della scommessa!» esclamo, come se avessi scoperto un segreto incredibile.
Lei apre la bocca, poi sembra pensarci su qualche minuto. «Jace!» sgrana gli occhi, incredula. «Lui era lì con lei stasera, ti ha detto di venire qui! È stato lui!»
Senz'altro. Il ragionamento di Annabelle non fa una piega. Jace mi odia, stamattina me ne ha dato la prova evidente. Di sicuro voleva distruggere quello che difficilmente ero riuscito a costruire con Liz, ma la trama si infittisce solamente di più...
«E Jace come avrebbe saputo della scommessa?»
Annabelle tace di fronte a questa domanda, mentre leggo chiaramente nei suoi occhi che sta provando a capirci qualcosa.
«Non lo so, Drew, penso che però dovremmo risolvere questa situazione.»
«Che vuoi dire?»
«Voglio parlare con Liz» decreta decisa.
«Vuoi parlare con Liz?» ripeto incredulo. In questo momento vorrei solo chiudermi dentro casa e rimanerci, e lei invece vuole parlare con la ragazza che le ha appena rovinato la vita?
«È quello che ho appena detto.»
«Forse dovresti aspettare un po', Annie...» mormoro incerto, non credo che adesso Liz sia in vena di una chiacchierata pacifica, e non voglio che ferisca ancora di più Annabelle.
«Dovrei? Tu ti stai tirando fuori?» Non mi dà il tempo di rispondere, tanto non avevo nulla da dire. «E poi hai appena visto che conseguenza ha avuto decidere di aspettare.»
So che si sta riferendo alla scommessa, e che purtroppo ha ragione.
«Non so te, ma io ho costruito qualcosa con Liz, e se anche tutto dovesse finire qui, non voglio che mi ricordi come la strega cattiva, perché con lei non lo sono stata» si ferma un secondo, poi abbassa la voce, incerta. «È stata la mia prima vera amica.»
«Grazie, eh» provo a scherzare, ma il nodo in gola mi fa uscire un sussurro strozzato. Leggere questo dolore negli occhi di Annabelle mi sta uccidendo.
«Va bene, ci parleremo, ma non adesso» concludo infine, e lei mi fa un sorriso debole.
«Grazie, Drew, non sarei riuscita ad affrontare tutto questo da sola» dice, ma mi sembra che si stia riferendo a qualcosa di più grande, non solo alla chiacchierata con Liz.
Le poggio una mano sulla pancia, per prendermi tutte le responsabilità che Gale si è rifiutato di assumere. «Non dovrai mai farlo.»

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