Sconosciuti

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Probabilmente sarebbe stata meno dolorosa una coltellata dritta in mezzo al petto, si sentiva male, gli mancava l'aria, il suo cervello si era completamente scollegato, limitandosi a rimandargli l'ultima frase che aveva appena pronunciato la ragazza che ora lo stava guardando confusa, ancora appoggiata a lui.
Non poteva essere vero, non adesso che poteva essere finalmente felice con la ragazza che amava. Per un istante il pensiero che fosse stato uno stupido scherzo lo aveva sfiorato, ma lo aveva rimosso subito: Shirayuki non avrebbe mai scherzato su una cosa del genere, rischiando di ferirlo.
Si sentiva la gola secca, non riusciva a schiudere le labbra per parlare, per poter anche solo pronunciare una frase di conforto nei confronti di quella ragazza che lo guardava come se fosse uno sconosciuto. Ma lui non lo era; non per lei almeno. 

Si schiarì la voce che uscì tremante e flebile: "Che ... che cosa stai dicendo? Non ti ricordi di me?" chiese pur sapendo già la risposta.

"No, non ti conosco, tu chi sei? E dove mi trovo?" chiese guardandosi attorno spaesata, mentre il panico cominciava a salire dentro di lei.
Dove si trovava? Perché quel ragazzo diceva di conoscerla? E perché la stava sostenendo in quel modo, come se fosse la cosa più preziosa che avesse?
Non le piaceva quel contatto. Tutta quella vicinanza la spaventava e la confondeva, quindi cominciò a divincolarsi cercando di distaccarsi dalla presa ferrea del ragazzo.
Zen la lasciò andare, mentre lei prendeva le distanze da lui, indietreggiando sempre di più. Non si era accorta dei pezzi di vetro che ancora costellavano il pavimento, ferendosi a una mano.
"Ahi!" gridò improvvisamente portandosi la mano al petto mentre un rivolo di sangue fuoriusciva dalla piccola ferita, scivolando lungo il polso e l'avambraccio.
"Shirayuki!" gridò Zen scattando in avanti e allungando la mano nel tentativo di afferrare la sua e accertarsi della gravità della ferita. Non fece però in tempo ad avvicinarsi che la ragazza indietreggiò ancora e urlo: "Non mi toccare!"
Zen si immobilizzò all'istante, ferito dal fatto di essere stato respinto in quel modo.
"Io ... io non ti conosco. Non posso fidarmi di te. Ti prego stammi lontano" disse scoppiando in lacrime. Tutta la tensione accumulata dentro di lei stava uscendo sotto forma di pianto.
Zen si limitò a guardarla addolorato mentre le gambe cedevano finché si trovò di nuovo inginocchiato al suolo. In quel momento la porta della serra si spalancò, rivelando le figure di Obi, il capo erborista, Ryu e Kiki accompagnata da Mitsuhide.
"Ojou-san" disse sollevato Obi, dirigendosi verso Shirayuki che però continuò imperterrita ad allontanarsi da loro; mentre Zen, ancora in ginocchio, abbassava lo sguardo sconfortato, lasciando che alcune ciocche di capelli gli cadessero sugli occhi.
Obi aggrottò la fronte confuso: "Ojou-san?" chiese incerto, scoccando uno sguardo confuso a Zen, che però continuava a tenere il capo chino.
Shirayuki guardò le persone appena entrate nella stanza e ancora più confusa di prima chiese: "E voi chi siete?"
Tutti strabuzzarono gli occhi increduli a quella domanda.
Seguirono alcuni istanti di silenzio imbarazzato, in cui nessuno osava proferire parola e tutti gli occhi erano fissi sulla ragazza che cercava di farsi piccola piccola, intimorita da tutta quella folla di gente sconosciuta.
Poi, all'improvviso, una risata ruppe il silenzio.
Obi rideva di gusto, tenendosi la pancia e indicando ora Zen, ora Shirayuki con l'indice.
"Devo ammettere che per un attimo ci sono cascato. Arji, Ojou-san, non vi facevo così spiritosi" esclamò muovendo qualche passo verso di loro.
Ma Zen lo afferrò per un polpaccio e lo trattenne. "Obi, lascia stare, non è uno scherzo: ha battuto la testa, non ci riconosce più" mormorò senza però trovare la forza di alzarsi.
Mitsuhide, non potendo sopportare la vista del suo principe accasciato a terra sull'orlo delle lacrime, gli si avvicinò e lo afferrò da sotto le ascelle.
"Zen, vi prego, tiratevi su" lo pregò mentre cercava di costringerlo a mettersi in piedi.
Nel frattempo Kiki si era avvicinata cautamente a Shirayuki, forse una donna avrebbe avuto più possibilità di avvicinarla che un gruppo di maschi in agitazione.
"Ciao Shirayuki" la salutò con un sorriso gentile. "Io mi chiamo Kiki" continuò portandosi una mano al petto. "Sai dove ti trovi?"
Shirayuki scosse convulsamente il capo. "Io ..." balbettò. "Non ricordo niente. Solo un odore pungente e dei vetri rotti. Poi mi sono svegliata fra le braccia di quel ragazzo" concluse indicando Zen con un cenno della mano.
"Oh ma quello è proprio un brutto taglio" aggiunse il capo erborista che, seguendo l'esempio di Kiki, si era avvicinata. "Se vuoi possiamo medicartelo, così poi starai meglio" fece poi intimandola ad avvicinarsi.
Shirayuki però si sentiva le gambe di legno, era a dir poco terrorizzata e tutti quegli sconosciuti che cercavano di farle ricordare chissà cosa di certo non la aiutavano.
Aveva solamente voglia di raggiungere la porta e scappare, ma era sicura che gli altri l'avrebbero seguita.
Fu Kiki a prendere di nuovo la parola: "Sappiamo benissimo che sei spaventata, ma nessuno vuole farti del male, vogliamo solo medicarti. Poi potrai fare quello che vuoi."
Shirayuki ci pensò su un attimo, in effetti il taglio bruciava parecchio e quelle due donne sembravano davvero gentili. Fece un piccolo segno di assenso col capo e immediatamente le altre due le furono accanto, sorreggendola ciascuna per un braccio e la scortarono fuori.
"Ryu" disse il capo erborista al ragazzino che da un angolo aveva assistito silenzioso a tutta la scena.
"Vai nella dispensa e prendi le foglie di camomilla essiccate e le bacche di ginepro, fanne una tisana e portala al principe Zen, servirà a calmarlo."
Ryu fece un cenno di assenso e uscì.
Vedendo Shirayuki passargli davanti senza degnarlo di uno sguardo, Zen scattò in piedi e fece per seguirla, ma Mitsuhide gli si parò dinnanzi afferrandolo per le spalle. "Zen-Tenka vi prego, rimanete qui, Kiki sa quello che fa."
Zen lo guardò con le iridi che tremavano, in un primo momento avrebbe voluto spingerlo via e urlargli di non mettersi in mezzo, ma non aveva nè l'energia nè lo spirito per farlo. Così appoggiò la fronte sulla spalla dell'amico e pianse silenziosamente. Non emetteva alcun singhiozzo o lamento, c'erano solo calde lacrime salate che gli rigavano il volto, e poco importava se tutti lo stavano guardando.
Aveva l'orribile presentimento che di matrimonio non si sarebbe parlato più per molto tempo.

Remember meWhere stories live. Discover now