3. Soul

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Josh si sdraiò supino e cominciò a guardare il cielo grigio dell'Ohio.
Un altro dei suoi passatempi preferiti era cercare con la mente di immaginare una persona che se fosse esistita realmente, se ne sarebbe innamorato.

Quello che lo metteva più a disagio con se stesso era il fatto che non era mai stata una femmina, ma Josh lo sapeva bene, ignorava la cosa, ma lo sapeva bene.

Non è fisicamente possibile creare esteticamente da zero una persona immaginaria che non abbiamo mai visto nella nostra vita nemmeno per una volta, per cui Josh si concentrava di più sul carattere.

Lui osservava molto le persone, aveva sempre desiderato trovare una faccia da attribuire alla sua anima gemella immaginaria, ma non c'era mai riuscito.

"Ehi Tyler, sta sera disco?", chiese dando una pacca amichevole all'amico albero.
"No? Va bene, andrò a casa", il solo pensiero gli faceva gelare il sangue ma in ogni caso avrebbe dovuto, non poteva dormire per strada.
Controllò l'ora: 3.17.

C'era un'atmosfera stranamente tranquilla, tirava un leggero venticello e il cielo cominciava ad assumere un colore più intenso.
Sembrava che il mondo si fosse fermato, Josh era contento, contento e stupito, non riusciva neanche a godersi quella splendida sensazione poiché non la comprendeva a pieno.
Poco tempo dopo essersi abituato, qualche secondo, il silenzio venne interrotto da passi pensanti che schiacciando le foglie secche sulla strada si facero sempre più distinti.

Quando Josh si alzò incuriosito si stupì di trovare la causa di quel rumore così piacevole, era un ragazzo che si sedette poco dopo aver ricambiato lo sguardo di Josh.
Aveva gli occhi scuri e intensi, i capelli un pelino spettinati, le guance pallide erano coperte da uno strato sottile di barba e le labbra...
Josh sussultò, la pancia rientrò, come se un respiro gli fosse scappato di mano:
Erano bellissime, fatte come tutti le disegnano.

Josh si rese conto troppo tardi che stava fissando il ragazzo senza scrupoli, tuttavia non riuscì a spostare lo sguardo nemmeno un secondo dalla bellezza che si era trovato davanti.

Il ragazzo, dopo alcuni movimenti incerti e imbarazzati, si mise a guardare a sua volta Josh, con lo stesso identico sguardo:
incuriosito e incantato.
Gli occhi si erano leggermente socchiusi e la bocca accennava un lieve sorriso curioso.

Per la prima volta Josh si vergognò del suo aspetto, con movimenti goffi cercò di sistemarsi i capelli, cercando di passare inosservato ma allo stesso tempo di riuscire a rendersi presentabile.

Porca puttana mi sta guardando! pensò.
"Tyler, come sto?", sussurrò a denti stretti all'amico albero, che ovviamente non mosse una foglia.

Josh cominciava ad arrossire sotto l'occhio del ragazzo, che non dava cenno di spostarsi da lui e anche se inizialmente la cosa era risultata molto piacevole, piano piano divenne imbarazzante e Josh si trovò a pregare in arabo che smettesse un secondo di fissarlo, giusto per dargli il tempo di aggiustarsi un pochino senza che lui pensasse che lo stesse facendo per risultare più bello.

Dopo pochi secondi però, Josh realizzò una cosa, che fece fermare un secondo tutti quei movimenti impacciati e confusi che continuava a fare: quel ragazzo non doveva trovarlo tanto brutto, se non smetteva un secondo di guardarlo con quel quella strana luce negli occhi.

Finalmente si mise l'anima in pace e gli sorrise, ma proprio quando sembravano aver trovato pace nel loro contatto visivo, il moretto distolse l'attenzione da Josh e iniziò a guardarsi i piedi, accentuando ancora di più quel sorrisetto malizioso che già da prima si era manifestato.

Il cuore di Josh batteva forte, era la prima volta che provava quella sensazione di farfalle nello stomaco e questa non era altro che una conferma che la sua anima esisteva veramente, aveva soltanto bisogno di essere svegliata.

Quando il ragazzo si alzò dalla panchina, troppo presto secondo Josh, continuò la sua camminata procedendo a passo lento, guardandosi un po' intorno e per ben due volte girandosi a guardare Josh, entrambe le volte con quel sorriso.

"Sto impazzendo!", disse ad alta voce una volta visto il moretto sparire tra gli alberi.
"Quello si chiama Tyler, come te, tutte le brave persone si chiamano così", si fermò un secondo, come se l'albero gli stesse rispondendo.
"Lo so e basta, si vede, è una brava persona, quindi il suo nome è Tyler".

Per tutto il giorno si chiese se Tyler sarebbe passato ancora per di lì, aveva dato l'idea di essere capitato lì per caso, e che quindi il giorno dopo si sarebbe trovato, per caso, in un altro posto.
"Be', domani lo guarderà un Josh migliore di me", si disse. Tuttavia l'idea che qualcun altro lo osservasse come aveva fatto lui lo infastidiva, anche se a quel punto poteva solo sperare che il giorno dopo sarebbe tornato per il Josh che conosceva lui.

Dopo qualche minuto non poté fare a meno che alzarsi per sgranchirsi le gambe e magari per passare a casa di suo fratello, per provare a farsi perdonare, anche se non ci contava più di tanto, gli occhi delusi di Jordan erano decisi a tormentargli il cervello e più ci pensava più le speranze di riuscire a fare pace si frantumavano.

Si avviò verso il c'entro della città dove di gente ce n'era molta, Josh osservava sempre tutto, era raro che gli sfuggisse qualcosa, per cui se Tyler fosse stato in mezzo a tutta quella gente, se ne sarebbe accorto.

Provò a suonare a casa di suo fratello ma nessuno rispose,
nessuna risposta.
Cercò di convincersi che fossero fuori, e dopo un altro tentativo sospirò e ritornò alla sua camminata.

Un passo dopo l'altro qualcosa urtò la sua spalla, a Josh capitava spesso, quando si perdeva in un particolare e lo osservava continuando a camminare, d'altronde non era uno stecchino, ma molto grosso.
La signora si girò spingendolo con la mano in avanti e borbottando parolacce a caso.
Quella si chiama Kiley, pensò Josh.
Si girò verso di lei e le chiese scusa, ma lo sguardo d'odio che faceva trasparire quando vide di che ragazzo si trattava non sembrò trasmettergli comprensione, per cui si rigirò deciso a lasciar perdere, poi sorrise tra sé e sé, era così divertente che la gente facesse di lui un malvivente per via di come si presentava, per via di tutti quei piercing e tatuaggi, per via del sorriso nascosto che nessuno riusciva ad immaginargli fare.

La verità però era un'altra: Josh non era altro che una lega di timidezza e insicurezza, un individuo che non chiedeva niente dalla vita, soltanto un po' di affetto, affetto che nessuno era mai stato in grado di dimostrargli.

Goner || Joshler [ITA]Where stories live. Discover now