24. Falling too

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Sbatté la porta come se dopo quel momento non l'avrebbe mai più toccata, non avrebbe più messo piede in quella casa.

"Josh", non si rese conto della presenza di suo padre e neanche dopo aver sentito chiamare il suo nome pensò di rallentare.

Procedette a passo svelto verso le scale ma si sentì bloccare da una stretta che gli avvolse il polso.
"Josh, no. Calmati per favore", non ci pensò molto, strattonò il padre riuscendo a liberarsi, se non riuscì la forza a fermargli quel cervello turbolento , ci riuscirono gli occhi di Jack, che quando incrociarono quelli di Josh, lui si fermò.

"Che vuoi? Che c'è ?", sbottò.

"Non andare su, so cosa vuoi fare, non farlo. Parla con me"

Josh strizzò gli occhi, guardò ancora una volta il padre, non avrebbe mai immaginato di vedergli appoggiata una tale espressione, coperta di preoccupazione e tristezza.

L'obbiettivo però non era cambiato, e neanche un simile cambiamento della sua vita, neanche la prima dimostrazione d'affetto da parte di un padre che di paterno aveva solo il nome riuscì a bloccarlo da ciò che voleva ottenere.

"Devo vederlo", disse coi denti stretti, ogni secondo che passava significava un nervo impazzito in più.

"Chi? Chi devi vedere?", Josh poteva benissimo allontanarsi, Jack non lo stava trattenendo con la forza, per questo sembrava stesse facendo un'operazione chirurgica, prestava attenzione ad ogni proprio e suo movimento sperando di non farlo andare via con qualche parola sbagliata.

"Tyler"

Jack rimase fermo, non disse niente per un po'.

"Non capisco"

"Non devi capire", Josh girò i tacchi e salì le scale, suo malgrado.

"Josh, per favore!!", urlò ancora il padre, ma questa volta, questa volta gli dava le spalle, niente sguardi tra di loro, per Josh non fu difficile entrare in camera sua.

"Forza, forza", Josh non capiva cosa stesse facendo, però voleva che funzionasse, aveva sempre funzionato, no?
Ogni volta che si faceva del male Tyler interveniva a fargli del bene. Solo in quel momento se ne era reso conto, per questo aveva fretta, per questo era confuso.

Con altrettanta forza aprì il cassetto, avrebbe preso le siringhe se fosse stato necessario.
Ormai non lo faceva più per distrarsi , lo faceva per attirarlo a sé.

Gli occhi si appannavano, rimase a guardare quella piccola pastiglia quadrata, poi guardò fuori dalla finestra.

Uno, due, tre

Per altre sette volte fece uno, due, tre.

Josh dimenticò pure il suo nome, la testa sembrava voler lasciare il corpo, ogni parte di lui tremava . Come se fosse un pezzo di mondo terremotato.

Spalancò la finestra e si sedette sopra.
"SE NON VIENI MI BUTTO", urlava.

"HAI CAPITO? MI BUTTO!" le lacrime gli rigavano la faccia, gli sembrava di essere sott'acqua, il sale gliela immobilizzava e pure fare smorfie per accompagnare il pianto sembrava difficile.

La brezza della notte gli congelava l'iride, il che portava a fargli sbattere gli occhi di continuo.

Quando smise di guardare la strada, guardò il cielo.

Si notava qualche nuvola, quelle più consistenti e potenti, palle enormi di lana che la sera sembravano grigie, sembravano sporche

Non gli bastava il giorno? Doveva rovinare pure la notte? Perché quella nuvola stava coprendo la luna?

Goner || Joshler [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora