Capitolo 1 | Il dono più grande

1.6K 55 4
                                    

Ci sono persone che pensano che la vita sia il dono più grande che ci sia potuto capitare. Un regalo affidatoci per far si che ognuno di noi possa raccontare una storia.
Molti parlano di destino, di fato, degli dei antichi e dei sette dei, ma siamo noi gli artefici della nostra vita, è grazie a noi se siamo quello che siamo oggi. Ogni singola decisione presa può condizionare il corso della nostra esistenza, sia che si tratti di scelte banali, sia di altre particolarmente rilevanti. La vita può essere una fantastica avventura per chi la sa trascorrere nel migliore dei modi.
Come la mia.

«Aline! Aline, svegliati!!» Gridava mia sorella, Claire, una piccola peste, mi piaceva definirla come un piccolo fulmine che trafigge il cielo in una notte di tempesta.
Era una bambina bellissima, aveva lunghi capelli biondi, e io la costringevo ad acconciarli sempre in una treccia, aveva un faccino sempre sorridente nonostante i tanti problemi che affliggevano la nostra famiglia. Aveva solo 6 anni e spruzzava energia da tutti i pori.
«Ho detto di svegliarti! Dobbiamo portare il pranzo al papà! La mamma ha appena finito di prepararlo! Dai svegliati!» Mi implorava saltando sul mio letto.
Con molta calma mi alzai e mi diressi in bagno. Mi diedi una sciacquata, indossai un vestito azzurro, il mio preferito, tra i pochi che possedevo, e mi sistemai i capelli, lunghi e castani, che legai in una treccia un po' scompigliata.
Avevo solo 16 anni, ero molto magra dato che la mia famiglia non poteva permettersi molto.
Al contrario di mia sorella, adoravo starmene a casa o fare passeggiate da sola in riva al mare e soprattutto leggere.
Mi recavo molto spesso, infatti, nella biblioteca della città prendendo in prestito qualche libro.
Può sembrar strano che una ragazza di umili origini sappia leggere, ma sin da piccola mio padre ha voluto che sia io che Claire imparassimo a leggere, perché per lui la cultura era una delle cose più importanti che servono nella vita.
«Buongiorno mamma!» Dissi salutando mia madre con un bacio.
Quella mattina indossava un vestito lungo fino alle caviglie, di seta ocra, decorato con piccoli ricami neri.
«Buongiorno cara! Ho lasciato la focaccia nel cestino, Claire è già pronta, è fuori a giocare, andate da vostro padre e poi ritornate subito qui, intesi?»
«Certo mamma!»
E subito scappò via.
Si preoccupava molto per noi due. Una donna forte, mia madre, ha sempre fatto il possibile per me e per mia sorella. Si chiamava Lia. Lavorava a palazzo, era una delle serve della regina Cersei Lannister, moglie del re dei Sette Regni, Robert Baratheon. Disprezzavo quella famiglia, così altezzosi, soprattutto il loro primogenito, Joffrey, erede al trono, si vantava per tutta Approdo del Re facendo cadere ai sui piedi tutte le ragazze che avevano più o meno la mia età.
Uscii fuori casa, prendendo il cestino che mia madre aveva lasciato sul tavolo.
Cercai Claire con lo sguardo e appena la vidi mi avvicinai a lei, la presi per un braccio e ci diregemmo verso la bottega di mio padre.
Mio padre era un uomo molto coraggioso, avrebbe fatto di tutto pur di salvare la sua famiglia. Originario del Nord, combatté durante la Ribellione a fianco di Ned Stark e il Re in persona. Lui diceva di non essere tanto bravo con la spada, ma per me aveva davvero del talento. Lavorava come fabbro in una piccola bottega di Approdo del Re, un lavoro che aveva ricevuto da pochi mesi. Prima che nascesse mia sorella era un mercante di stoffe. Viaggiava per il mondo portando a me e a mia madre tanti regali proveniente dai diversi luoghi in cui era stato. Ricordo che quando avevo 4 anni mi portò un piccolo cagnolino che aveva trovato abbandonato sulle spiagge di Dorne. Lo chiamai Sun, era molto vivace, peccato che un giorno non tornò più a casa.
La sua nave una notte affondò e insieme ad essa tutto l'oro e le stoffe. Perdemmo tutto. Mio padre assieme a qualche altro membro dell'equipaggio fu salvo per miracolo. Dopo quel giorno cademmo in disgrazia, ci ritrovammo a non avere più una casa, a stento riuscivamo ad avere qualcosa da mangiare, fino quando dopo varie ricerche, mio padre riuscì a trovare questo lavoro come fabbro in una bottega. Così riuscimmo a comprare una piccola casa con lo stretto indispensabile.
Eravamo quasi arrivate alla bottega, passammo per il forno, dalle tante baracche che vendevano alimenti, vestiti e oggetti vari, raggiungemmo le scuderie e infine arrivammo alla bottega di mio padre.
Claire mi lasciò la mano per correre verso suo padre, facendo svolazzare il suo vestitino lilla che le avevo sistemato qualche giorno prima, dopo essere caduta mentre giocava con altri bambini della sua età.
«Papà, papà, dove sei?» Chiamava.
Mio padre non rispondeva. Mi feci più avanti, la bottega era vuota, non c'era nemmeno quel ragazzo che incontravo sempre quando andavo a trovare mio padre ... strano. Stavo cominciando a preoccuparmi quando sentii una voce provenire dal una porta appena accostata, quasi come un lamento di un cane. Ordinai a Claire di non avvicinarsi e lei, impaurita e ubbidiente, raggiunse l'entrata della bottega nascondendosi invano dietro la porta d'ingresso e sbirciando di tanto in tanto.
Spalancai la porta e trovai mio padre a terra, morente in una pozza di sangue.


Salveee!

Allora, questa è la prima storia che scrivo su Wattpad. Spero tanto che questo primo capitolo vi piaccia, se è così fatemelo sapere con un commento oppure premete la stellina per votare!

The sky looks usWhere stories live. Discover now