Capitolo 17 | La biblioteca

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Il vento gelido, proveniente dalla finestra semiaperta della stanza, strisciò sulla mia schiena, come un tagliente coltello, facendomi svegliare.

Spostai lo sguardo sul letto di mia sorella, disfatto con lenzuola aggrovigliate e le pantofole di lei sotto di esso. Dalla stanza accanto le voci di mia madre e Claire si sentivano appena, infilai le pantofole e mi alzai dal letto, aprii la porta della mia camera ancora assonata. Claire era seduta su di una delle quattro sedie del tavolo facendo dondolare i suoi piedi nudi. La mamma stava invece apparecchiando la tavola con latte e frutta. Claire mi corse subito incontro abbracciandomi.

«Tanti auguri Aline!»

Il mio diciassettesimo compleanno, era passato un anno dall'ultima volta che l'ebbi festeggiato con la mia famiglia, compreso mio padre. Voltai gli occhi su l'ultimo regalo che mio padre mi fece, messo lì in un angolo vicino al camino, dimenticato da tutti, un'arpa bellissima piena di polvere che non avevo mai provato a suonare. Decisi di portarla con me a Grande Inverno. Resta il fatto che odiavo i compleanni, o meglio, detestavo il mio compleanno. Mia madre si avvicinò a me appoggiando le sue labbra sulla mia fronte, come faceva ogni mattina prima di scendere nella panetteria. Aveva rinunciato a un giorno di lavoro, quindi di paga, solo per stare un po' più di tempo con me.

«Questo è per te!» Disse Claire che come ogni anno, mi diede un disegno fatto da lei. La ringraziai e lo misi subito insieme a tutti gli altri.

«Se tuo padre fosse qui...»

«Lui non c'è più mamma» Dissi leggermente alterata, quando cominciava così finiva per affogare in un fiume di lacrime. «Dovresti fartene una ragione» Continuai dando un morso ad una mela verde.

«Io vado, ci vediamo a pranzo» Dissi dando un bacio a mia sorella e uscendo dalla porta d'ingresso.

«Aspetta! Anche oggi che è il tuo compleanno? Aline, torna indietro!»

«Non ricordarmelo ancora per favore!» Borbottai tra me e me ignorando le urla di mia madre.

Mi coprii bene data la fredda giornata, mentre raggiungevo Grande Inverno sentii una voce chiamarmi. Era Ser Rodrick Cassel il maestro d'armi, mi venne incontro lasciando soli i cavalieri con i quali parlava prima.

«Ser Rodrick!»

«Buongiorno! Lord Robb mi ha detto di dirti, se ti avessi visto, di raggiungerlo nel Parco degli Dei, sembrava importante» Disse. Era un uomo con lunghi baffi bianchi e aveva spesso l'abitudine di attorcigliarseli con le dita.

«Certo Ser, non appena avrò fatto visita a Bran e aver svegliato Rickon»

«Allora io non ti ho visto, buona giornata!»

«Anche a lei Ser Rodrick»

Varcai la soglia della porta di Bran e stranamente con lui c'era Rickon con la Vecchia Nan. I due bambini ascoltavano attentamente una delle sue storie. Rimasi sulla porta ad osservare la scena, Rickon chiedeva all'anziana le più improbabili delle domande, mentre Bran aveva la mente altrove, si limitava a guardare dalla finestra il fratello Jon allenarsi con Theon Greyjoy.

«Disturbo?» Dissi bussando alla porta di cedro.

«Entra pure mia cara, vieni ascolta la fine della storia» Disse l'anziana donna. Mi sedetti sul letto di Bran al fianco di Estate.

«Dove eravamo arrivati? Ah si, la spada del cavaliere sorridente era così ammaccata che Ser Arthur Dayne gli concesse di prenderne un'altra. Il cavaliere sorridente era, però, molto furbo così chiese a Ser Arthur la sua spada, Alba. "Allora l'avrai" disse egli. Da quel giorno la fratellanza del bosco del re cessò di esistere, così come il loro comandante, un cavaliere sorridente che non sorrise mai più. Gli abitanti delle campagne dicono che il suo spirito si aggiri ancora nel bosco e di notte rapisce il bestiame e bambini dei poveri contadini»

The sky looks usWhere stories live. Discover now