Lasciami stare!

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CAPITOLO 5

«Addio!» sussurrai singhiozzando.

Ero convinto di voler farla finita, almeno sarei stato un peso in meno per tutti. Avrei smesso di soffrire, la gente non avrebbe più dovuto preoccuparsi per me, neanche Clarabel. Sarebbero stati liberi di vivere una vita che non dipendesse dalla mia e si sarebbero dimenticati presto di me. Tutto sarebbe andato per il meglio. Ma poi pensai 'la morte, è la soluzione migliore?'

La punta della forbice iniziò a farmi male, così dovetti mollare la presa, facendola cadere nel lavandino.

Solo allora capì la grande cazzata che stavo per commettere.

«Togliermi la vita per uno stronzo simile?! Eh no, caro. Non te la darò vinta.» dissi tra me e me. Per un attimo, mi meravigliai dell'intraprendenza che stavo assumendo.

Presi il telefono e iniziai a farmi valere.

"Che limitati mentali che siete! Siamo nel XXI secolo, penso che dovreste vergognarvi di ciò che avete appena detto."

Nessuno rispose.

Forse avevano capito.

Io ritornai in bagno e notai di essere ancora in lacrime. I miei occhi facevano fatica a stare aperti del tutto, ma si poteva notare che erano gonfi e arrossati. Guardai in basso e notai il lavandino e le forbici sporchi di sangue. Toccai il petto. Mi ero lacerato la pelle, ma per fortuna non era niente di grave. Presi l'acqua ossigenata e il cotone e inizia a tamponare sul taglio. Stavo agonizzando. Faceva malissimo. Ci misi un misero cerotto e pensai di sdraiarmi sul letto. La perdita di sangue mi aveva reso debole, così le mie gambe cedettero prima di arrivare a toccare il materasso. Ero disteso per terra. Il peso del mio corpo aumentò di colpo, così mi dovetti lasciare cadere. Ero stanco, anche se avevo dormito, ed avevo sonno. Mi trascinai verso il bordo del letto per poi tirarmi su con forza e sdraiarmici sopra. Avevo il fiatone.

Quella sera non mangiai.

~*~*~*~*~

Il giorno seguente, a scuola, Angel mi abbracciò. La ferita non era del tutto guarita, così dovetti allontanarla bruscamente. Forse le avevo fatto male, ma in quel momento non me ne importò.

«Cosa succede??» chiese premurosamente lei.

«N-Niente!» risposi dissimulando.

Lei mi alzò la maglia e vide la ferita che non si era ancora cicatrizzata.

«Erick, cosa hai fatto!?» domandò con gli occhi spalancati. Non risposi, ma lei capì tutto. Ormai aveva imparato a leggermi lo sguardo.

«Ma sei scemo!? Ma ti sembra il caso!? Ti rendi conto della grande cazzata che stavi per fare!?». Mi rimproverò.

«Si e me ne pento, ma non per questo ne faccio una tragedia. È solo un misero taglio che passa con niente» dissi io con tono strafottente. Sapevo di essere nel torto, ma volevo che mi lasciasse in pace.

«Che bambino che sei! Pensi che togliendoti la vita, risolvi tutti i tuoi problemi?!? Beh, no! Ma non ci pensi alle persone che ti vogliono bene?! Certo che no, sei solo un'irresponsabile!» ora era davvero arrabbiata. Io tentai di andarmene, ma lei mi prese con forza per un braccio.

«Lasciami stare! Non lo capisci?! Invece di insultarmi, di darmi dell' irresponsabile, di dire che sono infantile, perché non mi abbracci e mi dici di volermi bene!? È tutto ciò di cui ho bisogno adesso!» risposi singhiozzando, liberandomi da quella stretta che iniziava a farmi male.

Così fece. Spalancò le braccia e io mi intrufolai tra di esse.

«È tutto finito, stai tranquillo!» disse, sussurrandomi all'orecchio. Un lieve sorriso si accentuò sul mio viso e, mentre la guardavo negli occhi, trovai conforto e coraggio.

Quel momento così tenero venne spezzato quando, da dietro di me, passò Jim.

«Buongiorno» disse con aria beffarda.

Il mio corpo si irrigidì sul posto. Il cuore accelerò il battito, facendomi pulsare il taglio ancora dolorante. Ebbi un calo di pressione, così fui costretto a sedermi.

«Stai sbiancando, sembra che tu abbia visto un fantasma» disse, ironica, Angel. Poi notò il mio sguardo e capì di aver fatto una battuta fuori luogo.

«Va tutto bene?!» chiese lei, mettendomi la mano tra i capelli.

«S-Si». Mentì. La verità era che avrei voluto correre via da lì, ma mi limitai ad annuire e fingere. Lei non mise il dito nella piaga ulteriormente, così lascio perdere e cambiò discorso.

Entrò il professore e iniziammo la lezione. Io, ogni qualvolta potevo, mi giravo verso Jim per cercare il suo sguardo. Non era dispiaciuto e non aveva intenzione di chiedermi scusa, così la mia espressione si fece più triste.

«Non merita la tua attenzione su di lui!» disse Angel, affettuosa.

Io sorrisi. Non avevo più voglia di soffrire per lui e, dunque, inizia a preoccuparmi dei problemi degli altri.

«Come va con quel ragazzo?» chiesi ad Angel.

«Mi vede solo come un'amica e me ne sto facendo una ragione». Sorrideva. Sapevo che non mentiva, i suoi occhi me lo dicevano.

«Ti dovrò trovare un ragazzo!» le dissi convinto.

«E io, uno a te!» rispose con allegria. Ridacchiammo insieme. Ora potevo dire di essere felice.

~*~*~*~*~*~

Arrivò il 15 Ottobre, il giorno del mio compleanno. Quella mattina ero euforico. Dopo aver salutato mio padre in stazione, io e Clarabel ci sedemmo in un vagone vuoto.

«Auguri Er!» disse, saltandomi addosso. Iniziò a tirarmi le orecchie.

«1...2...3...8...9...113...116 e 15!». Scoppiai a ridere. Quella ragazza riusciva a rallegrarti ulteriormente la giornata anche solo guardandola.

«Seh, vai convinta!» risposi, massaggiandomi il lobo arrossato.

«Purtroppo non ho il regalo» disse, facendo un'espressione dispiaciuta.

«Non importa» dissi per rasserenarla.

Arrivati a scuola, tutti mi fecero gli auguri.

«Auguri. Questo è il tuo regalo!» disse Zara. Lei era una ragazza dolce, simpatica quando voleva. Alcuni dicevano che era appiccicosa, ma se la conoscevi come la conoscevo io, potevi sapere che era una ragazza con la testa apposto. Invidiavo i suoi capelli lunghi e scuri.

Mi appoggiò un pacchetto tra le mani e una piccola letterina. Erano una biro di marca e un "buono per delle lezioni di pianoforte, organizzate da lei". Ringraziai, indossando uno dei miei migliori sorrisi.

Anche Beatriz, Emma e Amy mi fecero gli auguri. Quelle ragazze erano speciali per me.

Tutte e tre indossavano gli occhiali. Beatriz suonava la chitarra come me, aveva i capelli lunghi e castani, era magrissima (quasi anoressica), era alta ed era una ragazza simpaticissima e tostissima.

Emma suonava il clarinetto assieme ad Amy, era una monellona (come mi piaceva ripeterle ogni sacrosanto giorno), aveva i capelli di un castano chiaro e gli occhi verdi; con lei ebbi alcune discussioni per il semplice fatto che si era fidanzata con il ragazzo di 3* che piaceva ad Angel, ma nulla di che.

Poi, c'era Amy. All'apparenza, sembrava una ragazza silenziosa e tranquilla, ma era lei ad incominciare lunghe chiacchierate tra vicini di banco. Aveva i capelli scuri e lisci, era solita a portarli corti. Sarebbe stata la mia futura vicina di banco, un giorno.

Quel giorno lo passai tra risate e abbracci. Amavo sentirmi accettato, finalmente.

L'amore é uguale per tuttiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora