Good Morning

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CAPITOLO 17

Erick's Pov

Era mattina, credo. Non seppi bene distinguere le forme di tutto ciò che mi circondava, appena aprii le palpebre. Sapevo solo che avevo sonno, anche troppo. Non riuscii a dormire più di tanto quella notte, a causa del corpo di Felipe schiacciato contro il mio. Certo, il letto era molto grande e avrei potuto spostarmi semplicemente, ma stavo così maledettamente bene tra le sue braccia.

Passai un pugno sull'occhio, tentando di svegliarmi meglio. Quando la mia vista mise bene a fuoco il resto della stanza, posai lo sguardo sul ragazzo al mio fianco. Dormiva beato, accoccolato al mio busto. Fissai intensamente il suo volto, per metà nascosto dalla mia pelle nella quale era sprofondato. Non provavo fastidio, anzi era piuttosto comodo. Era stupendo, con le sue ciglia lunghe che solleticavano il mio fianco, i leggeri tratti del viso e del naso così addolciti, che lo facevano apparire un bambino, il profilo delle labbra così soave: Era la visone più bella e mozzafiato che avessi mai visto in vita mia. Nel momento in cui vidi una piccola goccia di saliva pendergli dai lati della bocca, sorrisi involontariamente. Passai un pollice ad asciugargli la scia lasciata da questa, ripulendogli poi l'angolo con un lembo delle coperte. Si mosse leggermente, per poi aprire le palpebre lentamente.

«Buongiorno» pronunciai, sorridendo. Come risposta, mugugnò.

«Non parli molto di prima mattina, eh?!» lo canzonai, ridendo leggermente. Si stropicciò gli occhi con i palmi della mano e si trascinò lungo il materasso. Arrivò ad appoggiare la schiena contro la testata del letto, proprio come avevo fatto io poco prima. Si mise a sedere e abbandonò la testa all'indietro, facendola scontrare contro i cuscini che ricoprivano le sbarre in ferro. Mi guardò di lato per un paio di secondi, dopo di che richiuse ancora gli occhi immergendosi nei suoi pensieri. Evidentemente non pronunciava parola di prima mattina. Sbuffai divertito. Dal comodino al mio lato del letto, riuscii a percepire una lieve vibrazione proveniente dal mio cellulare. Presi l'apparecchio elettronico tra le mani, gesticolando sul display illuminato. C'era la notifica di un messaggio.

"Tesoro, non è un problema se il tuo amico ti ospita anche per oggi?! Sai, è Sabato e incontreremmo sicuramente traffico" - Mamma.

Rilessi più volte il testo del messaggio, ma non trovavo le parole per chiederglielo. Era già difficile di per sè comunicare con qualcuno data la mia timidezza, se poi la persona con cui dovevo parlare era il ragazzo che mi piaceva, sarei sprofondato per la vergogna. Non che fossi un tipo senza coraggio, perché sapevo essere abbastanza intraprendente, ma provavo soggezione per le persone in generale. Persino durante le interrogazioni mi risultava complicato aprir bocca, anche se le cose le avevo studiate.

«Pepe - come lo chiamavo io, dopo un piccolo gioco che avevamo svolto durante un incontro nei bagni della scuola - sai... Ti posso chiedere un favoruccio piccolo-piccolo?» domandai, con un pizzico di imbarazzo a farmi compagnia. Come previsto, ricevetti come risposta il solito verso. Fece cenno di continuare.

«Non potresti ospitarmi anche per oggi?» proseguii, ridacchiando nervosamente subito dopo. Passai una mano dietro la nuca, per far calmare i nervi. La sua risposta tardava ad arrivare e per un attimo mi guardò serio e temetti che avrebbe rifiutato, ma quando il suo sguardo impassibile si trasformò in un sorriso, lui annuì. Una marea di emozioni mi percorse tutto il corpo. Felicità, Gioia, Affetto, Entusiasmo, Amore pervasero la mia mente. Si, Amore, perché di questo si trattava. Non era la solita cotta platonica, c'era qualcosa di più nei miei confronti. E non era nemmeno la palese attrazione fisica, perché lui era in grado di accellerarmi il battito cardiaco solamente guardandomi. Sfortunatamente, riuscii a celare tutto ciò dietro ad un semplice "grazie". Quando mi stufai di stare sdraiato sul letto, scostai le coperte da sopra di me. Guardai nella sua direzione e notai che la sua lampada illuminava ancora la parete fredda alla sue spalle. Passai dalla sua parte per spegnerla, dato che lui non sembrava affatto intenzionato a farlo. Lui mi guardò leggermente agitato, tirando le coperte di più verso se. La stanza ora era completamente avvolta nella penombra. Nonostante fosse giorno, il cielo nuvoloso non permetteva di far passare abbastanza luce da illuminare un luogo chiuso come quello. Si riusciva comunque a intravedere ciò che mi circondava. Felipe strattonò con forza un lembo del mio pantalone da pigiama , con fare preoccupato. Lo guardai stranito e subito mi venne spontaneo fargli una domanda.

L'amore é uguale per tuttiWhere stories live. Discover now