Diego

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CAPITOLO 21

Diego's Pov

Avete mai avuto la sensazione di sentirsi minuscoli rispetto a tutto ciò che ci circonda?

Beh, io la stavo vivendo proprio in quel momento.

Trasferitomi da un piccolo paesino di provincia, con circa un centinaio di abitanti, solo per far felice mio padre.

Mio padre. Un incubo che non aveva mai avuto fine.

Non gli ero mai andato bene, mai. Se facevo qualcosa, per lui non era mai abbastanza. Mi correggeva in ogni cosa, persino su come dovessi respirare. Se non ero perfetto, non mi considerava nemmeno suo figlio. Eppure sentivo di essere io in torto. Sapevo di avergli rifilato una delusione dietro l'altra. E lui era sempre lì, ad incassare le conseguenze delle mie bravate, facendo finta che non fosse successo niente, prendendo le mie parti anche dove quando non avrebbe dovuto. E io non potevo far altro che ammirarlo, perché, per quanto mi ostinassi a negarlo, noi due ci somigliavamo molto.

Ed ora, in questa grande città che tutti ritenevano stupenda sotto ogni punto di vista, a Cremona, dove non avevo un punto di partenza per incominciare a conoscerla, avrei dovuto iniziare tutto da capo, ricostruendomi una nuova vita. In fondo, fino ad allora avevo solo imparato la strada per andare a scuola.

La scuola, un'altra cosa che odiavo.

Ero già stato bocciato un anno, ed adesso mi toccava ripetere la terza Liceo. In poche parole, una palla. Con tutti i soldi che possedeva la mia famiglia, non avrebbe avuto senso lavorare una volta essermi diplomato. Per questo avevo scelto il Liceo Musicale. La musica era tutto ciò che mi era rimasto dopo che lei se ne era andata, dopo che mia madre aveva perso la vita in quel fottutissimo incidente.

Era bastato veramente poco per portarmela via, una semplice nottata di pioggia.

Mia madre era al volante, bella come sempre, bella come solo io la ricordavo, con i suoi riccioli biondi che le ricadevano sulle spalle, gli occhi cristallini e azzurri come i miei, le fossette sulle guance quando sorrideva e le labbra incurvate in un grosso sorriso. Canticchiava tranquilla, giocherellando con le dita sul manubrio, aspettando che il semaforo diventasse verde. Guardò stranamente dalla mia parte, cercando vagamente di attirare la mia attenzione.

«Che vuoi?! Se vuoi farmi la predica, sappi che puoi pure startene zitta a mio parere» quel pomeriggio ne avevo combinata un'altra delle mie. Ero finito in presidenza, dopo aver malmenato un ragazzo che mi stava infastidendo parecchio, convocando mia madre per un colloquio.

«Tesoro, perché non sorridi un po', eh?! Fa così bene, mentre tu tieni sempre quel musone che tocca il pavimento» mi disse, con un tono affettuoso che solo le mamme riescono a utilizzare.

Sbuffai, girando prepotentemente la testa verso il finestrino.

«Dai Puffo, scherzavo!» aggiunse ridendo, quella risata che sapeva farti sciogliere il cuore solamente sentendola.

«Sai che odio quando mi chiami così!» esclamai, mentre mia sorella Rose continuava a ripetere quel soprannome come una canzoncina.

«Rose, finiscila!» le urlai contro e lei si ammutolì, senza però abbandonare quel ghigno malefico.

«Lo sai che ti vogliamo bene, sciocco!» disse mia madre, pizzicandomi giocosamente una guancia.

E fu allora che accadde l'imprevedibile.

Scattò il verde e prima che ce ne potessimo accorgere, fummo travolti da un'automobile che sfrecciava velocemente sull'asfalto scivoloso.

Ricordo ogni particolare prima di aver perso i sensi.

L'amore é uguale per tuttiTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang