Nove

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Mario rilassa i muscoli del braccio armato di coltello e si siede al tavolo. Si gratta la testa e fissa una tazzina di caffè che ho lasciato a metà da più di due giorni.

Nilla Pizzi continua a cantare senza inciampare in nessuna nota. È sorprendente; non ci avevo mai fatto caso prima d'ora. Chissà come funziona il talento, quello vero. Se si raggiunge negli anni, con l'esperienza, o più che altro è una fiamma che arde nel petto sin dalla nascita.
Nel nostro piccolo, da semplici fruitori, possiamo solo apprezzare la bellezza.

Certo, potreste rispondermi: «Ehi, ma noi ascoltiamo le boy band e le rock star, mica Nilla Pizzi!»

Giusto, ma andate a sentire Girls of Summer degli Aerosmith e poi ditemi che non è uguale a Papaveri e Papere.

Quel che a volte appare démodé  risulta invece essere più attuale di quanto crediamo. E anch'io ho sempre pensato che mia nonna fosse ormai superata, fuori moda, così come un po' tutti gli anziani. Li ho sempre apprezzati per il loro essere dei musei viventi, ma non ho mai pensato potessero conservare il loro lato innovativo e, a tratti, trasgressivo.

Purtroppo non riesco più a togliermi dalla testa l'immagine del signor Mario e mia nonna che si strusciano, sudati e carichi di desiderio, al ritmo lascivo del tango de La Cumparsita.

«Eravamo molto innamorati» mi dice Mario. «Riuscivo a sentire la sua presenza da lontano. Non so come spiegartelo.»

«È per questo che non ha funzionato il mio travestimento?» gli chiedo.

«Macché, a quello non ci avrebbe creduto neppure un bambino. E poi riconosco una parrucca da un chilometro di distanza. Ne ho avute tantissime alla tua età! Quanti ricordi. Che ne sapete voi di come si rimorchia una donna, giovani smidollati. Passate tutto il tempo a giocare a PacMan davanti alla tivù...»

«PacMan c'era quanto lei metteva il parrucchino. Adesso ci sono giochi più complessi, e comunque non credo che la parrucca sia mai stata un'arma di seduzione.»

«Perché non hai mai indossato un merkin» ribatte lui accennando un sorriso compiaciuto.

«Che diavolo è un... merkin

«Una parrucca pubica. Anche Anna ce l'aveva.»

Bene, credo che questa conversazione abbia sfondato gli argini della decenza.

Non voglio più sapere nulla della vita segreta di mia nonna.

Sono deluso, ferocemente sculacciato nel mio animo da fanciullo. I dolci ricordi che ho di lei – quelli di una donna rispettabile, di grande cultura e dal comportamento materno – si scontrano con le parole di Mario.

Non è facile distrarsi dall'immagine dei loro corpi coperti solo da uno striminzito parrucchino pubico: nudi e opulenti come in un quadro di Botero.

Ma tutto ciò potrebbe essere solo una strategia per stordirmi.

No, Carlo: resta lucido. È solo sabbia negli occhi, una mossa vile del tuo avversario.

Gli rispondo: «Dobbiamo trovarla assolutamente. Prima mi ha accennato a un tizio genovese». Ho detto «accennato», ma col cavolo! Mi ha puntato un coltello alla gola, altro che accennato.

Glielo punterei io un bel coltellaccio; lo costringerei a mettersi un merkin sulla testa e lo darei in affidamento ai vecchi punk di Camden Town.

«Sì» mi risponde deciso, «e so come si chiama: Federico Schiappacasse! Riusciresti a cercare qualcosa in più dal computer

«Certamente! Premo Start, poi Cerca Programmi e digito il nome.»

«No, stronzetto arrogante. Apri Chrome e vai su Google.»

Non ho uno smartphone. Cioè, ho un BlackBerry che fa ancora il suo dovere, ma non è come avere uno smartphone di ultima generazione. Giuro che con la prossima pensione di mia nonna ne prenderò uno nuovo, ma per adesso devo farmelo bastare. Il display è così piccolo che la ricerca su Google diventa una piccola avventura tra pagine non supportate dal browser e formattazioni di testo sballate.

Però ho trovato degli importanti indizi: Federico Schiappacasse, nato il 2 marzo del 1942. Entro nel suo profilo Facebook. Barba da lupo di mare e settantacinque anni portati con trascuratezza selvaggia. Ha una visibile pancia alcolica sotto una canottiera unta di fritto di paranza.

In quasi tutte le foto è a bordo di una barca – ma potrebbe essere un semplice peschereccio – attraccato al porto di Genova e battezzata a caratteri corsivi con l'elegante nome di Calienta Pollas. Un bicchiere di vino in ogni foto che fa da contorno alla costante presenza di donne over 70 con abbigliamento particolarmente succinto. Nelle informazioni generali ha scritto: «Il mare è la mia casa» alla voce «Vive a».

Ha messo il like a più di trenta foto di culi in perizoma negli ultimi sette giorni; in alcune ha persino commentato, ringraziando Madre Natura per quella visione celestiale.

È il mio paracadute; la persona giusta su cui far ricadere la responsabilità della scomparsa di mia nonna.

«Non so cosa ci abbia trovato tua nonna in quello lì»  dice Mario. Non riesce a capire come faccia una Nilla Pizzi a stare insieme a un Aerosmith.

«Andiamo a chiederglielo di persona, e  se siamo fortunati riportiamo mia nonna a casa» rispondo.

Era un bravo vicino. Salutava sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora