Quindici

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Sono catturato da pensieri che dilatano e distorcono il tempo e lo spazio attorno a me come se fossi seduto sull'orlo di un buco nero supermassiccio.

Non sento più la voce del marinaio Federico, le risate giulive delle dolci signore polacche. Non sento più il grugnire del signor Mario ad ogni ricco boccone di Coniglio alla Sanremese.

Ho gli occhi fissi nel piatto, quasi a voler cercare di capire il significato del messaggio intravisto tra gli ingredienti.

Sono il visitatore di una mostra d'arte astratta seduto davanti a una tela, immobile, a fissare ogni singolo tratto, pennellata o contrappunto di colore senza capirne un fico secco.

Poi, all'improvviso, vengo travolto dalla sindrome di Stendhal.

Non c'è ombra di dubbio che le noci nel piatto siano della signora Ginevra. Resta soltanto da capire come siano arrivate fin qui.

Si tratta di una messinscena e Mario è in combutta con Federico? Forse vogliono sapere dove siano i diamanti di cui parlava beccamorto.
Dopotutto, persino due rivali in amore trovano sempre un accordo quando ci sono di mezzo degli interessi economici.

I vecchi: grandi manipolatori e astuti doppiogiochisti.
Hanno un'esistenza ormai al tramonto, eppure sono attaccati ai beni materiali neanche fossero giovani rampanti di Wall Street.
Che poi, questi diamanti, chi cavolo li ha mai visti? Esistono realmente o è solo frutto della loro fantasia da terza età? Tutto questo è vero o parliamo del primo caso di arteriosclerosi collettiva, di una sorta di gioco di ruolo immersivo per anziani, e quindi niente Oculus Rift, o Sony VR, ma solo pannoloni connessi alla piattaforma dell'Alzheimer?

«Devo andare in bagno» dico al marinaio Federico.
Mi indica le scale per la stiva, dice: «È giù in sentina. Buona fortuna amico mio» e comincia a ridere di gusto.

La barca solca i mari a velocità elevata. I nodi nautici non li ho mai capiti, ma dalla schiuma che riesce ad alzare la Calienta Pollas capisco che il motore è al massimo del suo regime.
È un'ottima imbarcazione per trafficanti di viagra, complimenti.
Comunque in realtà non cerco il bagno, ma la camera da letto. Lì forse potrei trovare qualche indizio importante.

La stiva ha due porticine e una di esse mi porta nel dormitorio del nostro caro Capitan Findus del Tigullio.
Si nota un delicato tocco estetico – caotico e un po' gitano – tipico degli uomini senza una relazione stabile.

Per chi come me è nato negli anni Ottanta ricorderà il film  Vado a vivere da solo, con Jerry Calà nei panni di un ragazzo desideroso di abbandonare la casa dei genitori e di realizzare il suo sogno d'indipendenza.
La casa del protagonista diventa così il luogo di materializzazione dei desideri di qualunque adolescente: la vittoria dell'anarchia, del kitsch del caos dentro di sé alla ricerca di una stella danzante.
È proprio con quel titolo che si afferma l'attore Jerry Calà, ed è con lo stesso personaggio che contemporaneamente muore. Dopo quel film, infatti, mister Libidine ha ripetuto più o meno lo stesso ruolo fino al punto di risultare stancante. La morte della carriera di Jerry Calà verrà ufficializzata vent'anni dopo, con il seguito Torno a vivere da solo, passando da un ruolo comico e leggero a uno decisamente patetico.

La stessa pateticità si respira nella camera del marinaio Filippo; la sua voglia di restare giovane, indipendente, rivoluzionario.
Gli spazi kitsch e il caos dall'odore di stantio misto al sapone di Marsiglia non fanno altro che accentuare la sensazione del suo disperato bisogno di voler fermare il tempo e di aver sonoramente perso.
Tra i cassetti già aperti e colmi di magliette e mutande appallottolate trovo una borsa che riconosco subito: è di mia nonna. La apro e trovo un collant a compressione graduata color carne. Apro il suo borsellino in finta pelle, con dentro una mia foto da bambino insieme ai miei genitori.
Sembra un giorno felice, uno dei pochi. Forse uno degli ultimi.
Nella borsa intravedo inoltre un oggetto lucido. Una pistola semi automatica, piccola e maneggevole, con il calcio in legno e due lettere incise: «C.P.»

«È tua» mi risponde Federico. Me lo ritrovo alle spalle, ma non sembra volermi aggredire. Io per sicurezza afferro la pistola, sperando ci sia almeno una pallottola. Continua: «Ci Pi: Carlo Paiano. Sono le tue iniziali».
«Mi avete teso una trappola» chiedo. Ho la pistola tra le mani, le braccia tese davanti a me. Sparo o non sparo? In realtà non so neanche come funziona. Dovrei premere il grilletto o caricare prima la pistola con qualche movimento figo, come nei film d'azione?
Risponde: «Nessuna trappola, e no: Mario non sa nulla di questa storia. Cioè, in passato eravamo nello stesso team, insieme a tua nonna, ma lui non sa nulla circa il furto dei diamanti. Non ti chiedo di gettare la pistola: è tua. Forse, però, hai bisogno di qualche spiegazione. Sappi che in questo momento tutti rischiamo la vita per colpa di un errore commesso proprio dalla tua cara nonnina, e siamo tutti nella merda se non ritroviamo quei dannati diamanti.»

Era un bravo vicino. Salutava sempreWhere stories live. Discover now