Diciotto

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Quando si subisce un violento incidente il sistema percettivo umano va in tilt.
Il cervello non è abituato a subire stimoli a cui non è stato programmato. Soffre, non riesce a capire perché si trovi nel bel mezzo di una così complessa elaborazione sensoriale non richiesta.

Non siamo fisicamente preparati. Ci evolviamo troppo lentamente rispetto al progresso tecnologico.
La selezione naturale fa passi da bradipo mentre il nostro cervello è già proiettato verso l'esplorazione intergalattica.

Per quanto un'azione ripetuta nel tempo – di generazione in generazione – possa attivare nel DNA una sorta di richiesta evolutiva dettata quindi dall'adattamento, tutto continua ad essere tremendamente lento.
Se avessi dovuto spiegarlo a mia nonna avrei detto: «Nonostante l'essere umano continui – da secoli – a sbattere i mignoli contro i mobili di casa, ce li abbiamo ancora».

Comunque il materasso ha attutito il colpo anche se sono un po' ammaccato. Intorno a me vedo solo una catasta di legno e polvere che svolazza nell'aria e ostruendomi le narici.
Provo a cercare con lo sguardo il signor Mario. Durante l'impatto è scoccato come una freccia dritto contro la pancia del marinaio Federico piegandolo in due come un portafoglio.
Sono entrambi a terra, avvinghiati in un abbraccio come due pugili stanchi.
Mario si rialza e guarda Federico con aria soddisfatta. Dice: «Stavolta non ti basterà mettere il busto lombare Gibaud. Che c'è, credevi che non sapessi dei regali che ti faceva Anna quando eravamo all'istituto?»
Mi rimetto in piedi anch'io ripulendomi i pantaloni dalla polvere di Viagra.
Mi auguro che questa roba non sortisca lo stesso effetto a contatto con la pelle.

«Signor Mario, dobbiamo andare via. Abbiamo attraccato contro gli scogli e tra poco saremo circondati da tutte le forze dell'ordine di mare e terra.»

Mi risponde: «Andiamo, ho fame. Ti va una bella frittura di pesce? Mi sento forte come un ventenne!», poi si volta verso quel che un tempo era la porta della stanza e osserva il Beccamorto stramazzato a terra.

Per quanto possa suonare cacofonico, beccare il Beccamorto morto stecchito mi fa sentire sollevato.
È disgustoso persino adesso: a pancia in su, con le budella fuori sede e gli arti contratti verso il corpo come un ragno schiacciato da una ciabatta.
«Riposa in pace, vecchio catetere» dice Mario. Poi gli dà una pedata sul fianco e mi sorride. «Vinceva sempre a burraco, fin quando non ho scoperto che barava e ho spifferato tutto al direttore.

Usciamo da quel che resta della barca di Federico.
Dove siamo esattamente? Dovrei superare la scogliera e trovare qualche indicazione in più. Il cellulare è volato via chissà dove, ma di sicuro non ci siamo allontanati troppo da Genova.

Il signor Mario mi segue lungo un sentiero che potrebbe portarci verso il centro abitato. Si muove come un cane portato in giardino per la pausa della pipì. È stranamente euforico e davvero non ne capisco il motivo, dato che siamo appena sopravvissuti al crash test di una barca contro gli scogli e alcuni dei presenti ci hanno rimesso la pelle.

«Non ti piace?»

«Cosa?» rispondo. Ho i vestiti logori e voglio tornare a casa. Sono persino tentato di raccontargli la verità su mia nonna. Lo sapevo che non sarebbe stata una buona idea venire qui, assecondarlo nonostante sapessi dell'insensatezza del viaggio.
Ci sono scelte che sembrano astute ma che poi rivelano avere sempre pessime conseguenze.
Ho solo scoperto il passato segreto di mia nonna, ma è servito a qualcosa?
Mi sento come se avessi fatto solo un po' di schiuma in una vasca con poca acqua.

«Siamo a Portofino. Non lo vedi? Quello è il castello di San Giorgio. So come andare verso la stazione ferroviaria.»

«Mario» dico, sentendomi quasi sollevato, «se fossi una donna ti bacerei sulla bocca!»

Lui comincia a ridere, poi alza il passo in direzione della torre che si staglia in lontananza.

Mentre cerco di capire se il riflesso nell'entroterra sia un ruscello o un miraggio sull'asfalto mi accorgo di uno scintillio dietro alla testa di Mario. Considerando che non possa essere la famosa luccicanza di cui si parlava in Shining comincio a fissarlo attentamente.
Una scheggia di vetro gli si è conficcata in testa e spunta di almeno tre centimetri fuori dalla calotta cranica. Sembra non essersene accorto, ma giustifica il suo comportamento quasi infantile.

Sono preoccupato. Forse dovrei portarlo all'ospedale prima di ripartire per Milano, ma penso che forse quella piccola scheggia potrebbe risolvere i miei problemi. Sarei disposto persino a leggere l'ultima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi durante il suo funerale pur di farla franca e tornare alla tranquillità del mio appartamento, con la mia pensione e le mie tanto care sillogi salentine.

Il Beccamorto ci ha lasciati, e il capitano Federico probabilmente solcherà i mari della tetraplegia bevendo frullati di coniglio alla sanremese con la cannuccia per il resto dei suoi giorni.
Resta solo lui: il mio primo e unico testimone.

Dopo una ventina di minuti ci ritroviamo davanti alla stazione. Ho perso il portafogli e il cellulare. Dovrò compiere un altro reato: viaggio in treno senza titolo di viaggio. E poi c'è anche la circonvenzione d'incapace con annessa scheggia di vetro.
Penso che dovessero arrestarmi adesso riceverei i complimenti di Charles Manson per averlo superato in nefandezze.

Fisso il pannello delle partenze per una decina di minuti e penso a quanto ci possa mettere quell'affare nella testa del mio vicino prima che faccia il suo sporco lavoro, quando all'improvviso sento suonare il clacson di un'auto.

Mi volto e vedo il signor Mario a bordo di una Panda verde.

«Se andiamo in macchina facciamo prima, però guido io.»

«Ma... dove l'ha presa?»

Mi risponde: «Era davanti a quel supermercato lì, in seconda fila e con il motore acceso. Dai, sali che stasera fanno un bel film in televisione e non voglio perdermelo». Dal taschino tira fuori un sacchetto di plastica con della polvere bianca: Viagra in polvere. «E se mi resta un po' di energia stanotte provo a dare una bella ripassata a mia moglie.»

Ecco cos'è la vecchiaia: un trauma non ancora ben elaborato dal cervello umano.
Una sorta d'incidente inevitabile.
Il corpo sbatte i mignoli contro gli spigoli della vita mentre il cervello esplora le lontane galassie di un'eterna giovinezza che purtroppo non raggiungeremo mai.

Era un bravo vicino. Salutava sempreWhere stories live. Discover now