Capitolo 7

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La mattina successiva, Jimin avrebbe voluto avere la stessa forza di volontà e lo stesso entusiasmo che aveva avuto il giorno precedente, ma non ci riusciva.

Si mise seduto sul letto, passandosi una mano sul viso, esausto. Quella notte aveva dormito poco e male. Si era rigirato più e più volte sotto le coperte, cercando inutilmente di prendere sonno e, una volta addormentato, si era svegliato dopo un paio d'ore, catapultandosi in bagno per vomitare. Si era detto che, sicuramente, stava male a causa della birra che aveva bevuto insieme ai suoi amici, ma sapeva che non era così. O almeno, era così solo in parte. Per quel poco che aveva dormito, non aveva fatto che sognare il viso della donna morta, il suo cadavere steso sull'asfalto, il suo corpo immerso in una pozza di sangue.

"Merda..." pensò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli, e alzandosi dal letto, camminando a passi lenti verso la cucina. Aveva disperatamente bisogno di caffè. E di un'aspirina per il mal di testa.

Con occhi ancora semichiusi per la stanchezza, attivò la macchinetta del caffè e vi mise sotto una tazza, per poi poggiarsi con la schiena contro il ripiano in marmo chiaro della cucina, aspettando che il caffè uscisse dall'apparecchio. Sapeva che avrebbe dovuto mangiare qualcosa, per mettersi in forze, ma si sentiva lo stomaco annodato e sapeva per certo che se avesse mangiato qualcosa, l'avrebbe vomitato.

"E tu vorresti essere un poliziotto..?" sussurrò tra sé, scuotendo la testa e prendendo la tazza, adesso piena di caffè. "Non puoi buttarti a terra così per un cadavere, Jimin. I poliziotti non hanno paura." aggiunse e bevve un lungo sorso del liquido, sentendo già gli effetti benefici della caffeina farsi largo nel suo corpo.

Una volta finito il caffè, andò a vestirsi, prendendo le prime cose che si trovò sotto mano. Nonostante si fosse ripromesso di non farlo, quel giorno non aveva proprio la forza di cercare dei vestiti adatti. Senza contare che Yoongi già lo odiava, quindi non aveva senso cercare di fare buona impressione con il suo abbigliamento. Optò infine per un maglione scuro oversize e un paio di jeans aderenti. Cercò di aggiustarsi alla meglio i capelli, che quel giorno sembravano voler mantenere la forma del cuscino, e, nonostante non fosse una cosa che faceva spesso, decise di applicarsi un po' di trucco sul viso, giusto per colorirsi leggermente le guance e nascondere le vistose occhiaie che si erano formate durante la notte. Una volta pronto, uscì di casa, scendendo rapidamente le scale a chiocciola e raggiungendo il portone, uscendo finalmente dal palazzo.

Lanciò un'occhiata alla moto di Jungkook, parcheggiata in quello che tecnicamente era il suo posto auto (abbastanza inutile, dato che lui non aveva un'auto), consapevole del fatto che, una volta sveglio, il suo migliore amico sarebbe venuto a riprendersela, come aveva sempre fatto ogni volta che Jimin l'aveva presa in prestito.

***

Una volta arrivato in centrale, Jimin si diresse direttamente verso il corridoio nel quale si trovava l'ufficio di Yoongi. Nessuno fece caso a lui, nessuno lo fermò, né lo salutò e la cosa non lo sorprese nemmeno più di tanto. Dopotutto era il suo secondo giorno e non aveva ancora fatto la conoscenza di nessuno. Inoltre, si sentiva uno straccio e probabilmente lo sembrava anche, quindi l'idea di essere fermato da qualcuno non lo allettava neanche un po'.

Il ragazzo si fermò di fronte alla familiare porta che conduceva all'ufficio del detective e prese un respiro profondo, per poi tirare su il suo migliore sorriso da repertorio e bussare. Dopo qualche secondo sentì la voce dell'uomo provenire dall'interno, invitandolo a entrare.

"Buongiorno signore." mormorò il ragazzo, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Yoongi, riconoscendo la voce del biondo, alzò lo sguardo dallo schermo del suo computer e lo posò su di lui, scrutandolo dalla testa ai piedi.

Paroxysm || myg/pjmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora