Capitolo 16

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Scusate infinitamente per il ritardo, ma come vi avevo anticipato non sono a casa per tutta questa settimana e ieri non ho avuto tempo di aggiornare.

A Jimin sembrò quasi che il mondo si fosse fermato. Sentiva la voce di Taehyung che continuava a parlargli, diceva qualcosa, ma lui non capiva, troppo intontito per rendersi conto di alcunché. Nella sua testa continuavano a ripetersi quelle tre parole: Kookie è morto.

Jungkook. Il suo Jungkook, il suo migliore amico, la persona che amava di più al mondo, colui che gli era stato vicino sempre e comunque: quando aveva scoperto di essere gay, quando era stato cacciato di casa, quando aveva dovuto fare un lavoro degradante per pagarsi le tasse universitarie. Jungkook. La persona che conosceva da più tempo in assoluto.

Dall'altra parte del telefono Taehyung aveva smesso di parlare, ora c'era soltanto il silenzio, interrotto dai singhiozzi del castano. Jimin non riusciva neanche a immaginare cosa stesse provando in quel momento. Per quanto lui amasse Jungkook, nel loro fraterno rapporto di amicizia, Taehyung lo amava in maniera ancora più profonda. Aveva visto la loro relazione nascere tra i corridoi dell'università, aveva visto come Taehyung si era avvicinato al loro gruppo e aveva fatto breccia nel cuore del minore, avendo la meglio sulla sua timidezza e aiutando Jungkook a uscire dal suo guscio. Più di una volta aveva pensato che la loro relazione fosse nata troppo in fretta, ma non aveva mai pensato che il loro amore potesse esaurirsi. Perché nonostante il passare del tempo, Jungkook e Taehyung sembravano sempre e intensamente, come i primi giorni. Come se il loro fosse una sorta di amore "da romanzo", unico e infinito.

"Ragazzino... ehi, ragazzino." la voce del detective risvegliò Jimin dai suoi pensieri. Il suo sguardo si alzò sull'uomo, che lo guardava con un sopracciglio inarcato. "Dobbiamo sbrigarci. C'è stato un altro omicidio e dobbiamo andare sul luogo dove è stato ritrovato il corpo." spiegò, sussurrando qualche imprecazione contro la propria camicia, alla quale mancavano alcuni bottoni, probabilmente persi durante la notte.

Il ragazzo sentì un forte bisogno di vomitare, e non per tutto l'alcol che aveva bevuto la sera prima, o per il pensiero di essere andato a letto col suo capo, o almeno, non solo per quei motivi. Il corpo aveva detto Yoongi. Mai Jimin era stato così disgustato da quella parola. Perché quello non era un corpo. Era il suo migliore amico. Il suo migliore amico morto.

"Io non... io non posso venire, signore." sussurrò debolmente il ragazzo, allontanando il cellulare dal proprio orecchio e terminando la chiamata. Il sopracciglio di Yoongi, se possibile, si alzò ancora di più.

"Come sarebbe a dire? E perché?" chiese il maggiore con espressione confusa, ma allo stesso tempo irritata. Stavano perdendo troppo tempo.

"La vittima... la persona che è stata uccisa..." balbettò Jimin, riuscendo a stento a far uscire le parole. Sentiva una sorta di nodo in gola che gli rendeva difficile sia respirare che parlare. Però non riusciva a piangere. Non ancora. Forse era ancora sotto shock.

"Beh? La vittima cosa?" sbuffò Yoongi, indossando la giacca e prendendo il proprio cellulare. "Senti, ragazzino, dobbiamo sbrigarci. Stiamo perdendo un sacco di tempo e non ho voglia di stare qui a tirarti fuori le parole dalla bocca. Se hai problemi per quello che è successo ieri notte sappi che non ricordo neanche cosa abbiamo fatto di preciso e comunque non ha significato un bel..." sproloquiò, venendo però interrotto dal minore, il quale strinse con forza i pugni e gli occhi, come se quella situazione gli facesse provare dolore fisico.

"Il ragazzo che è stato ucciso è il mio migliore amico." disse con tono pieno di rabbia e dolore. Rabbia nei confronti di se stesso, che non era riuscito a evitare quella situazione, rabbia nei confronti dell'atteggiamento di Yoongi. E dolore per la perdita di una persona per lui essenziale.

Paroxysm || myg/pjmWhere stories live. Discover now