Capitolo 13

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Jimin era fermo, in piedi, nel mezzo del soggiorno dell'appartamento di Yoongi, in attesa che il detective si vestisse e lo raggiungesse. C'era voluto un bel po' di tempo, due tazze di caffè e un'infinità di sollecitazioni da parte del ragazzo, ma alla fine era riuscito a convincere il detective ad alzarsi dal pavimento del suo bagno e a mettersi dei vestiti addosso, così da poter andare a fare il loro lavoro.

Si guardò intorno, leggermente a disagio. Tutto quel disordine lo rendeva decisamente nervoso. Ovunque posasse lo sguardo c'erano oggetti fuori posto, o ammucchiati.

"Andiamo." la voce autoritaria del detective lo fece sussultare, svegliandolo dai suoi pensieri. Si era lavato, vestito e messo in ordine e, guardandolo adesso, Jimin stentava a credere che fosse la stessa persona che, poco prima, stava dormendo abbracciato a un gabinetto. Il ragazzo si soffermò sull'abbigliamento del detective, guardando come la camicia bianca aderisse al suo fisico asciutto e come i pantaloni neri e aderenti fasciassero alla perfezione le due gambe magre. Il tutto accompagnato da una giacca in pelle marrone, lasciata aperta, che faceva intravedere la fondina con dentro la sua pistola.

Jimin deglutì a vuoto, cercando, senza successo, di staccare gli occhi dall'uomo, per non dare l'impressione che lo stesse fissando, cosa che effettivamente stava facendo. In tutti quegli anni in cui aveva letto e seguito tutte le imprese di Yoongi non si era mai soffermato più di tanto sul suo aspetto fisico. Ma, conoscendolo di persona, era tutta un'altra storia. Emanava un'aura di potenza, aveva un fascino tutto suo, in grado di attirare su di sé lo sguardo di tutti. Yoongi era, senza ombra di dubbio, nel suo genio e nella sua follia, la persona più affascinante che Jimin avesse mai conosciuto nella sua vita.

"Sì, signore." rispose, scuotendo la testa per liberarsi da quei pensieri. Yoongi lo guardò e alzò un sopracciglio, confuso. Quel giorno il ragazzino era strano. Più del solito.

"Dove hai detto che c'è stato l'omicidio?" chiese il detective, prendendo le chiavi della macchina e uscendo di casa, seguito a ruota da Jimin, il quale prese il cellulare, controllando il messaggio che gli aveva mandato quella mattina il Capitano Kim.

"Alle spalle della Moschea Centrale di Yongsan-gu. È stato stanotte, verso le quattro, la vittima è un uomo sui quaranta chiamato..." spiegò Jimin, leggendo le informazioni che erano scritte nel messaggio.

"Stai parlando troppo, ti ho chiesto solo dov'è stato l'omicidio." lo interruppe il più grande, entrando in macchina e aspettando che Jimin facesse lo stesso. Il ragazzo salì in macchina, mettendosi la cintura di sicurezza.

"Alle spalle della Moschea Centrale di Yongsan-gu." disse, ricevendo un cenno di assenso da parte del detective, che fece partire la macchina.

Così come gli altri viaggi in macchina passati con Yoongi, Jimin non poté non notare che tra loro era calato un lungo silenzio imbarazzante, che il detective non si disturbò a colmare nemmeno con della musica della radio. Il ragazzo tamburellò le dita sulle proprie gambe, cercando di sembrare incurante tanto quanto il più grande, il quale non sembrava affatto turbato dal silenzio opprimente.

"Quindi... di preciso perché non fa la raccolta differenziata?" chiese il ragazzo di punto in bianco, girando leggermente la testa verso il detective.

Yoongi, colto alla sprovvista dalla domanda, abbandonò la sua tipica espressione vacua, assumendone una completamente spiazzata.

"Io non... cosa?" chiese interdetto, concedendosi di lanciare un'occhiata al più piccolo, il quale dovette cogliere tutta la sua buona volontà per restare serio davanti all'espressione sconcertata di Yoongi.

"Non fa la raccolta differenziata. Quando la stavo cercando ho notato che ha un solo cestino per la spazzatura." disse Jimin con una calma disarmante. Yoongi imprecò mentalmente, chiedendosi cosa avesse fatto di male per dover sopportare un ragazzino che sindacava sulla sua spazzatura.

Paroxysm || myg/pjmWhere stories live. Discover now