Capitolo 24

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Taehyung venne scortato lungo un corridoio spoglio, illuminato dalla fastidiosa luce biancastra di alcuni lampadari a neon, e si guardò curiosamente intorno, con espressione neutrale. Sapeva che il suo atteggiamento noncurante infastidiva gli agenti che avevano il compito di sorvegliarlo. Sicuramente loro erano abituati a detenuti che piangevano, o che si disperavano all'idea di essere stati beccati.

Ma Taehyung no. Taehyung non avrebbe mai mostrato quelli che davvero erano i suoi pensieri. Non avrebbe dato a vedere che si sentiva vuoto e avvilito. Aveva perso tutto. La sua libertà, i suoi amici, l'amore della sua vita. Tutto.

"Forza, muoviti." sbottò l'agente, strattonandolo per un braccio, il che fece sussultare per il dolore il castano. Le manette, troppo strette intorno ai polsi, gli scavavano nella pelle, creando dei dolorosi segni rossi, ma nessuno sembrava curarsene. Nessuno aveva pietà per lui. Nessuno aveva pietà per un assassino.

Finalmente l'interminabile camminata giunse a una fine, quando i due ebbero raggiunto una porta nera che Taehyung suppose portasse alla stanza dove si sarebbe tenuto il suo interrogatorio.

E il ragazzo si ritrovò a sperare. Sperare che Jimin riuscisse a trovare un po' di pietà nel suo cuore e lo aiutasse, se non a liberarsi, almeno a minimizzare, almeno in parte, la sua condanna. Perché Jimin non era come lui. Jimin non era crudele. Jimin era una persona buona e, nonostante tutto, Jimin l'avrebbe aiutato.

Ma tutte le sue speranze si infransero quando, una volta aperta la porta della stanza, all'interno vi trovò soltanto una persona, ovvero il detective Min Yoongi. Un'ondata di odio nei confronti dell'uomo si fece largo nel petto del castano, facendogli irrigidire la mascella. Era colpa sua. Era solo e soltanto colpa di Min Yoongi se tutta la sua vita era andata in malora.

L'agente lo fece sedere senza tante cerimonie di fronte al detective, assicurando le sue manette a un gancio sul tavolo, così che non potesse alzare le mani più di qualche centimetro.

"Kim Taehyung." esordì Yoongi, guardando freddamente il ragazzo, il quale ricambiò lo sguardo con altrettanto distacco.

"Min Yoongi." sibilò il castano, congiungendo le mani e intrecciando le dita. "Avrei dovuto ucciderti quando ne avevo ancora l'occasione." aggiunse a bassa voce, ma con tono abbastanza alto da farsi sentire dal suo interlocutore. Yoongi sbatté le palpebre, con espressione imperturbabile, per poi guardare i documenti che aveva davanti a sé.

"Ti consiglio di essere collaborativo. E forse, se sarai fortunato, la tua pena verrà ridotta di un paio d'anni." disse, continuando a osservare i fogli che aveva tra le mani.

Non che li stesse effettivamente leggendo, non ne aveva bisogno, li aveva letti così tante volte che ormai li aveva imparati a memoria, però aveva bisogno di distogliere lo sguardo dal castano, così da raccogliere i pensieri.

"Dov'è Jimin?" mormorò lentamente Taehyung, dopo qualche secondo di silenzio. Lo sguardo del detective si alzò rapidamente dalle sue scartoffie nel sentir nominare il suo collaboratore e la sua posizione si irrigidì visibilmente.

"Non è una cosa che ti riguarda." rispose con tono mordace, chiudendo i documenti con uno scatto secco, ma Taehyung non sembrava intenzionato a lasciar perdere.

"Lui sta bene?" insistette il castano, ricevendo un'occhiata piena di odio da parte del maggiore.

"Tu che ne pensi?" ribatté quest'ultimo, incrociando le braccia sul tavolo, lanciando un'occhiata alla vetrata a specchio dall'altro lato della stanza, sapendo che il Capitano Kim, insieme a uno degli amici di Jimin, erano lì dietro ad osservare la scena.

"È il mio migliore amico! Ho il diritto di sapere come sta!" ringhiò Taehyung, facendo tintinnare le manette nel momento in cui, in uno scatto di rabbia, cercò di alzarsi invano, bloccato dalle restrizioni ai polsi.

Paroxysm || myg/pjmWhere stories live. Discover now