Chapter 2: Baby

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Non appena entro nel mio appartamento dopo sei ore di caffè per studenti che sembrano sapere tutto su Carlo Magno ma ben poco sull'eduzione comune mi lascio cadere sul divano, lo stesso divano che due settimane fa ho fatto disinfettare con l'amuchina ad Angel dopo aver scoperto che genere ci scempiaggini ci aveva fatto sopra con Michael.

E questo succedeva mentre io ero al Wild Kitty a cadere nelle grinfie di Alex Turner, a volte penso che la sfiga sia innamorata di me per la costanza con la quale mi insegue.

"Uccidetemi" sospiro nel guardare l'ora, e il solo pensiero che tra quattro ore inizia il mio turno al locale notturno mi fa venire voglia di nascondermi sotto una coperta e non uscirne mai più.

Eppure, qualcosa dentro di me mi dice che stasera al Wild Kitty farà la sua comparsa una nuova vecchia conoscenza, ovvero mister Luke Hemmings, il cui guardaroba sembra costare più della mia esistenza.

Se non credevo che esistessero uomini dal fascino alla Christian Grey nella vita reale, mi devo ricredere.

E parte di me è curiosa di sapere come mai uno come lui, che potrebbe avere letteralmente chiunque, da Dua Lipa di semiotica a Tyler Posey, ai suoi piedi, sembri avere uno strano interesse per una come me.

Non mi piace raccontarmi frottole, conosco i miei pregi e i miei difetti molto bene, ma non mi aspettavo che qualcuno del genere potesse mostrare il benché minimo interesse per la barista sfigata che risponde male i clienti.

Senza lasciare i pensieri divagare oltre mi alzo dal divano, trascinandomi fino alla doccia e lasciando cadere i vestiti che ormai odorano di caffè a terra, e proprio allora il mio cellulare, in genere muto, decide di squillare.

"Angel, hai un tempismo di merda, te l'ho mai detto?" rispondo senza pensarci due volte perchè in genere è solo lei a chiamarmi, ma non appena non sento la sua solita risata leggera dall'altra parte della linea mi rendo conto che non si tratta della mia migliore amica, e mi basta allontanare il telefono e guardare il mittente per capire tutto.

"Mamma?" domando di nuovo a voce più bassa, incredula.

E' più di un anno che non la sento.

"Quindi ricordi ancora chi sono, non me l'aspettavo" ribatte lei, la sua voce dura e tagliente come una lama, ma ormai sono abituata al suo tono freddo, così mi limito a sospirare.

"E tu ti ricordi ancora di avere una figlia, non me l'aspettavo" rispondo a mia volta, impedendole di lasciarle l'ultima parola, e anche se non posso vederla riesco ad immaginare l'espressione di disappunto sulla sua faccia.

"Ogni tanto potresti pensare a chiamare a casa, non pensi? Sarebbe il minimo".

"Casa? Oh, intendi dire la mia famiglia! La stessa che mi ha sbattuta fuori casa appena ho preso il diploma perchè non ero un genio come le mie sorelle! Quella famiglia, certo. Effettivamente muoio dalla voglia di chiamarla ogni giorno".

Mia madre sospira dall'altra parte della linea, ormai rassegnata al mio carattere: "sei sempre così saccente. Se ti fossi applicata in questo modo anche a scuola forse saresti stata accettata in un buon college e non saresti finita per vivere in mezzo alla strada".

Lei e il suo complesso di perfezione, a volte ricordo perchè io e Angel siamo amiche.

Situazioni diverse, sensazioni simili.

"Non vivo in mezzo alla strada, per tua informazione. Mi guadagno da vivere onestamente" ribatto, più tentata che mai di sbatterle il telefono in faccia, ma non lo faccio perchè, in qualche modo contorto e malato, è ancora mia madre.

"Certo, facendo la barista e la cameriera. Avevamo grandi aspettative su di te, Kelly, e la tua pigrizia le ha fatte crollare. Adesso potresti star facendo carriera come medico, come avvocato, come giudice, e invece sei... Un nulla. Sei un nulla. Speravamo di avere tre campionesse in famiglia, ma a quanto pare tu hai deciso di ritirarti e perdere in partenza" .

Le parole di mia madre hanno l'effetto del ghiaccio sulla mia pelle, creando una vampata di fuoco dentro di me che divampa, bruciando sia me che lei, investendola con veemenza.

"Preferisco vivere una vita da perdente che sopravvivere come campionessa", e senza aggiungere altro chiudo la chiamata, sbattendo il cellulare sul lavandino prima di entrare nella doccia, ringraziando l'acqua che scorre per mimetizzare le mie lacrime.





***

"Kelly! Muoviti con quei drink, c'è il pienone!" urla Jon dal suo lato del bancone, il suo solito atteggiamento spocchioso, ed io mi trattengo a stento dall'alzare gli occhi al cielo finendo di mescolare un mojito.

Grazie a Dio sono sicura che non finirò mai a letto con questo essere mandato direttamente dall'inferno per tormentarmi.

"Arrivo, porca miseria! A dare birre non ci vuole niente, io faccio drink veri!" ribatto, spostando una ciocca dietro all'orecchio prima di posare il mojito sul vassoio, aggiungendoci due Coca e rum e una birra prima di passarlo alla prima cameriera che trovo libera.

Lancio una veloce occhiata a Golden che si sta esibendo, il suo corpo una cascata dorata sotto le luci, ma ben presto la mia attenzione è catturata da un'altra figura che si siede con nonchalance al bancone davanti a me.

"Una caipirinha, grazie".

Non riesco a trattenere il sorriso che compare sulle mie labbra, ma prima che possa dire qualsiasi cosa Jon si avvicina a me con fare innervosito: "Kelly, vuoi darti una mossa? Stasera sei praticamente inutile".

"Almeno io lo sono solo stasera, a contrario tuo" ribatto,  inarcando un sopracciglio, ma Jon non demorde, passandomi una nuova comanda.

"Quindi stai passando a me tutte le ordinazioni per flirtare con Anna dai capelli rossi?" domando, facendo un cenno con la testa alla ragazza che sta guardando il mio collega con l'aria da gattamorta, e Jon sorride, annuendo.

"Tanto non  mi sembra che si sia qualcuno interessato a te, tanto vale renderti utile" commenta, facendo per tornare da Anna dai capelli rossi, quando una voce ci fa girare entrambi.

"Veramente, io lo sono. E sono interessato a non farla più lavorare in posti come questo con persone come te".

Le parole di Luke mi fanno sgranare gli occhi, ma prima che possa anche solo formare un pensiero razionale il biondo in questione si alza, porgendomi poi una mano che prendo, sentendo di nuovo quella ruvidità non proprio familiare.

"Queste sono le sue dimissioni" annuncia, e senza lasciarmi possibilità di scelta mi porta via con sé, ed è soltanto l'aria gelida di New York a farmi metabolizzare quello che è appena successo.

Ho appena perso uno dei miei lavori.

Mi stacco di scatto, guardandolo mentre si gira verso di me con espressione placida, come se avesse appena fatto una buona azione.

Non metto in dubbio che nella sua testa lo sia, ma nel mio conto in banca questa è una tragedia.

"Cosa cazzo ti è saltato in mente?! Hai idea di cosa hai appena fatto? Io ho bisogno di quel lavoro!" urlo, sbottando all'improvviso, ma Luke non perde la sua compostezza, sorridendo anzi, e quanto vorrei togliergli quel sorrisetto dalle labbra a suon di ceffoni.

"Lo so, e infatti sono qui per farti un'offerta. Ma non parliamone qui in mezzo alla strada. Hai fame?" domanda come se nulla fosse, ed io sono divisa dalla voglia di prenderlo a ceffoni e dalla voglia di sapere cosa possa spingerlo a farmi dare le dimissioni per farmi un'offerta migliore.

E deve vincere la parte malata di me, perchè altrimenti non mi spiego la mia risposta.

"Parliamone davanti a una pizza".

Spero tanto tanto che la storia vi stia piacendo e che vi piacciano anche gli header personalizzati!

Luxury Girl || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora