VI : L'essenziale

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«Ognina, hai detto?» mi chiede El scandendo per la terza volta questo nome.

«Esattamente», infilo il telo da mare nella mia borsa: sono le nove e mezzo e fuori la città è già in fermento. Non possiamo perdere altro tempo. «Il mare ci chiama.»

«Mi spieghi perché ti piacerebbe tanto andare lì?» Si pettina i capelli e poi ripone la spazzola azzurra nel suo zaino. «Anche qui c'è il mare»

«Sì, ma Ognina è un quartiere molto particolare» continuo mentre esco dall'appartamento.

El mi guarda stranamente incuriosita. «Cioè?»

Ridacchio. «Se ci andiamo, te lo dico.» Aspetto qualche altro secondo e appena anche El è fuori chiudo la porta a chiave. Il tonfo riecheggia per tutto il terzo piano - non che la cosa mi stupisca molto, è così stretto che anche un sussurro farebbe rumore. Mentre scendo le scale penso che non sento mia madre da quasi due giorni, e che sarebbe meglio chiamarla dopo pranzo, quando sicuramente mio fratello è a casa di Roberto e mio padre è nel suo studio.

In strada, senza farmi notare, rivolgo lo sguardo verso El, che cammina al mio fianco. Gli occhi azzurri sono coperti dalla spessa montatura degli occhiali da sole, le labbra sono un'unica linea sottile, leggermente incurvata verso l'alto. Ora che ci penso, non mi ha mai parlato tanto dei suoi genitori, o della sua famiglia in generale, e anche se sono stata più di una volta a casa sua, non ho mai inquadrato con precisione la loro situazione familiare. Ma ciò non toglie che è comunque una ragazza sveglia, e non l'ho mai vista ritirarsi davanti a niente.

A un certo punto lei ruota impercettinilmente verso di me e storce la bocca. «Ho qualcosa in faccia?»

«No, no!» alzo le mani facendo finta di non essere presa alla sprovvista - ma sono consapevole del fatto di essere una pessima attrice.

«Allora che c'è?» mi chiede continuando a camminare.

«C'è che...» distolgo lo sguardo e mi guardo intorno, mentre nella mia testa una vocina non fa che ripetere Pensa, Ari, pensa!

Pochi attimi dopo torno a guardarla e, sfoggiando il mio sorriso migliore, mi sistemo la borsa sulla spalla. «Panem et circenses

Mi guarda come se avessi appena rovesciato un tavolo in mezzo a un bar gremito di gente, poi torna a parlare. «Panem e circocentri? Da quando hai letto Hunger Games?»

Mi sforzo di guardarla negli occhi ma dopo un po' non ci riesco e scoppio a ridere.

Ovviamente El mi tira un pugno sulla spalla e mi ribadisce per l'ennesima volta che non dipende da lei se io "sono posseduta e improvvisamente Seneca inizia a parlare al posto mio". È una delle cose più carine che mi abbia mai detto.

«Scusa! Scusa!» le dico cercando di non ridere, ma non credo di riuscirci.

«Lo fai apposta, vero?» sorride anche lei e dopo essersi sistemata gli occhiali sulla punta del naso torna a camminare con fare fintamente indispettito. «E allora dimmi... che significa?»

Cammino a testa alta e lascio che il calore del sole mi riscaldi la pelle. Non mi importa più di tanto delle ustioni, una sensazione così bisogna godersela e basta. «In questi quindici giorni dovremo preoccuparci solo di due cose: di pane e divertimento.»

Nota autrice:
#1 in Ultimo?!
E io che pensavo che questa storia non sarebbe piaciuta a nessuno! ❤

P.s: e lo so che state ridendo, vi sento ;)


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