XI: Plauto, abbiamo un problema

42 12 43
                                    

«Ariadna, porca miseria, finiscila!»

«Non ci riesco! Sono troppo agitata!»

«Se non la smetti di camminare davanti al televisore, te lo do io un motivo per agitarti!»

«Ma io... El!» mi copro all'ultimo momento la faccia con le braccia prima che il cuscino mi arrivi addosso, con il televisore di sottofondo. «Ci ho messo un sacco a pettinare i capelli, dai!»

El mi guarda dal divano, irritata. «Ho capito che non vedi l'ora di andare a fare quattro passi, ma almeno evita di fare avanti e indietro: sto cercando di seguire il telegiornale.»

«Scusami» sospiro e vado verso la finestra della cucina. È ancora sparso nell'aria l'odore di pasta allo scarpariello che abbiamo mangiato a cena ─ El è un'ottima cuoca. Uno spicchio di luna brilla in mezzo alle nuvole, dalla strada si innalzano voci e risate allegre. E lui è lì fuori...

Ho chiesto ad El se sarebbe venuta anche lei, e con mia sorpresa ha risposto di sì. Testuali parole: Devo fare la spesa, altrimenti domani digiuniamo.

«Okay, momento-attualità finito. Andiamo?» El si alza con un balzo dal divano e raccoglie dal tavolino la sua borsa celeste. La canotta bianca con lo scollo all'americana e il merletto e gli shorts sembrano essere stati cuciti apposta per lei.

Mi passo nervosamente le mani sulla treccia e la sposto da una spalla all'altra. Poi inspiro, chiudo gli occhi e li riapro. Devo avere speranza. «D'accordo, andiamo.»

✨✨✨

Dopo aver mollato El in un piccolo supermercato nascosto in uno dei vicoletti nei pressi della libreria, torno il più velocemente possibile nei pressi della piazza. Sono già le ventuno e quarantacinque, e mi maledico da sola per aver indugiato davanti a un paio di scarpe esposte in una vetrina... ho un debole per le zeppe.

E proprio come immaginavo, vicino al chiosco delle granite e a pochi metri dalla spiaggia, circa una ventina di persone si sono fermate disponendosi in semicerchio, alcuni di loro pare stiano andando a ritmo di qualche melodia.
Melodia...

Senza perdere tempo a rimuginarci sopra corro fino alla folla e per poco non spintono una ragazza dai capelli biondo platino in avanti.
Ora sento la sua voce.
Mi metto in punta di piedi e oltre le teste delle altre persone, riesco finalmente a vederlo.

Stringe la chitarra in un modo tutto suo, ogni volta che le sue dita pizzicano le corde nell'aria si diffonde una musica invitante come un profumo, ma la sua voce è decisamente ciò che preferisco ascoltare di più.

Stavolta so che cosa sta cantando, è impossibile non riconoscere Volare di Domenico Modugno.
Gli occhi ridenti guizzano da una persona all'altra, le labbra rosse sempre incurvate verso l'alto, a formare un sorriso adorabile.
E d'istinto, sorrido anche io.

La maglia azzurra mette in risalto il colore dei suoi occhi, mentre al collo penzola una catenella con un una medaglia da militare: peccato che da qui non riesca a leggere cosa dice.

Sta raccogliendo soldi, il mio sguardo si posa sulla custodia della chitarra davanti a lui, aperta. All'interno di essa ci sono alcune monete e anche cinque o sei banconote.
Potrebbe finalmente notarmi...

Appena le note affievoliscono, la piccola folla si unisce in un applauso e il misterioso musicista sorride, accennando un inchino.
Davvero non esiste limite alla dolcezza?

Come previsto, alcune persone lasciano cadere del denaro nella custodia, per poi girare i tacchi e continuare a passeggiare.
Mi faccio spazio tra la ragazza bionda platino e una signora sulla sessantina reggendo una banconota da cinque euro in mano. L'idea di essergli così vicina mi fa arrossire alla velocità della luce.

Sto per dirgli qualcosa tipo Ciao, complimenti! per cercare di parlargli, ma qualcuno è molto veloce di me.
In un attimo una ragazza sorridente e pochi centimetri più bassa di lui gli salta addosso e lo abbraccia, facendolo barcollare all'indietro per mezzo secondo. Il misterioso musicista per non farla cadere ricambia la stretta.

Non riesco a guardarla in faccia, ma ha i capelli castani lisci e lunghi fino alle spalle, la carnagione chiara e un vestito color corallo che le arriva al ginocchio.

Ho un nodo in gola così stretto che potrebbe soffocarmi.
So di essere immobile, davanti a loro, come una statua. Una stupida statua.
Lascio cadere la banconota nella custodia della chitarra e prima di commettere altri errori giro i tacchi e scappo via.

Ma anche a pochi metri da dove ho lasciato El, la scena continua a perseguitarmi come un fantasma. Il mondo attorno a me sfuma per una manciata di secondi.
Abbasso la testa e mi asciugo gli occhi col dorso della mano.

Come diamine ho fatto a non pensarci prima?

✨✨✨

«Domani cornetto al miele, ti va?»

Sfoglio a vuoto le pagine del mio artbook senza voltarmi a guardare El, ferma sulla soglia della porta della mia camera da letto. «Perfetto...»

«Sei sicura che vada tutto bene?», dal letto la sento tamburellare le dita sul legno. «Mi sembri triste»

Attimo di silenzio. «Sto bene, sono solo stanca»

«Per stasera farò finta di cascarci. Se domani avrai voglia, ascolterò volentieri la verità. Buonanotte, Ari.»

«Buonanotte, El» e subito dopo, la porta si chiude.

Resto sul letto a sentire il rumore dei fogli che mi scivolano via dalle dita e poi lo sistemo sul comodino. Non ho voglia nè di leggere, nè di scarabocchiare. Voglio dormire e far finta di non aver vissuto questa giornata...

Spengo la luce e mi tiro le lenzuola fino alle spalle: nella mia stanza fa freddo. Chiudo gli occhi e prima di perdermi nei sogni, non posso far a meno di pensare a Platone, a quanta ragione avesse.

Amor amara dat.

L'amore dà amarezze.

F͏i͏f͏t͏e͏e͏n ͏d͏a͏y͏sWhere stories live. Discover now