XV: Appuntamento... di gruppo

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Sono un'amante del caffè, lo adoro nel latte freddo la mattina e durante il pomeriggio per tenere la mente lucida mentre studio. So anche che non dovrei berne troppo, ma... andiamo, quando ti ricapita nella vita di vedere la tua cotta che ti offre un secondo caffè, dopo aver quasi perso la tua dignità?

Esatto, proprio mai.

«Ariadna, quindi?» Oliver posa la tazzina di caffè e prende il bicchiere d'acqua. «È un nome particolare. Di dove sei?»

Non ho provato così tanta paura di parlare nemmeno al primo esame di università. «Sono nata a Firenze. Mio padre insegna latino all'università, per questo mi chiamo così.»

«E anche tu sei una stile Is, ea, id

Mi raddrizzo sulla sedia. «Eius, eius, eius!»

Oliver sbatte gli occhi. «Come?»

«N-No, no! Era... un colpo di tosse» mi batto un pugno all'altezza dello sterno e fingo un verso strozzato. «Ora sto bene.»

Posso già immaginare El mentre ride fino al pianto sul divano.

«Capisco» torno a guardare Oliver pulirsi la bocca col dorso della mano, per poi posare lo sguardo su un tovagliolo di carta.
A primo impatto lo scambio per un banale fazzoletto, poi realizzo che è il mio, quello su cui ho scritto la frase di Ovidio, e che potrebbe aiutarmi come uccidermi.

«Ehm... tu sei di qui, invece?» domando per cambiare argomento, e giusto per rendere il tutto più credibile mi appoggio col gomito al bancone e porto la mano sotto la testa.

Oliver sposta lo sguardo dal foglietto a me. «A dire il vero sì. Io e i miei fratelli abitiamo coi nostri genitori qui vicino.»

«Wow» sorrido. «E scommetto che ti piace suonare.»

«La sua prima parola non è stata Mamma, ma Do re mi fa» aggiunge a sorpresa il barista, continuando a sistemare i bicchieri al loro posto.

«Michè, e dai!» Oliver lo guarda e ride. La sua risata è più melodiosa del suono delle onde. «Da quando ero piccolo. È una cosa che ho ereditato da mio padre.»

Io da mio padre ho ereditato un'edizione limitata di Seneca e di Cartesio, ma forse questo è meglio ometterlo.  «Io sono qui in vacanza con una mia amica.»

«Oh, be', se siete da sole, potreste uscire con noi stasera.»

Rischio di strozzarmi con l'acqua che stavo bevendo.
L'ha detto veramente. Non l'ho sognato, sono certa di aver sentito quelle parole dalla sua bocca, e non concepite dalla mia mente. Mi perdo qualche istante nei suoi occhi blu e resto col fiato sospeso.

Mi ricompongo in breve tempo e gli rivolgo un sorriso gentile. «Molto volentieri.»

Oliver ricambia il sorriso, mostrando una fila di denti bianchi. «Perfetto. Allora che ne dici se...»

«Oliver, s'è fatta ora» lo interrompe bruscamente il barista. «Devi andare.»

Oliver lo guarda perplesso per una frazione di secondo, poi controlla l'ora e annuisce. «Sì, hai ragione» torna a guardarmi. «Incontriamoci alle otto in punto in piazza, ci stai?»

Sorrido, felice come non mai. «Io ed El ci faremo trovare lì.»

«Perfetto» si alza dalla sedia e, afferrando la chitarra, si dirige frettolosamente verso l'uscita. «A stasera, Ariadna!»

Lo saluto con un cenno della mano, prima di vederlo sparire dieteo l'angolo.

Sono così felice, mi sembra di star vivendo un sogno.

E nel profondo del mio animo, sento che ho paura di svegliarmi.

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