Mi faccio spazio tra le persone che chiacchierano allegramente e per poco non inciampo nelle ciabatte di qualcuno. Sorpasso due ragazze dai capelli perfettamente acconciati in due trecce a spina di pesce e imbocco anche io il vicolo dove poco prima il misterioso musicista si è diretto.
Appena mi lascio alle spalle il flusso di turisti, realizzo che il vicolo in questione è proprio quello in cui alloggio. Sento il cuore che inizia a battere più velocemente. Che sia un segno del destino? Se El fosse qui mi darebbe ancora del caso umano, ma io non posso fare a meno di credere nel fato.
Nell'aria si diffonde un profumo invitante che mi ricorda il miele, e seguendolo lungo la strada acciottolata finisco per fermarmi davanti al bar davanti al portone del mio palazzo. Alla mia destra, sotto la tenda bianca e rossa che mi ripara dal sole, sono disposti quattro tavolini rotondi, ognuno con due sedie attorno, e una vetrina all'interno della quale sono state esposte delle brioches col tuppo. Mi dimentico della dieta solo guardandole, e scommetto che, se accompagnate da una granita al limone, anche El si pentirebbe di avermi fatto giurare di stare attenta col cibo.
Sposto lo sguardo dalla vetrina al muro e leggo la scritta dipintaci sopra: Il sorriso.
Verrà spesso qui? mi chiedo mentre vengo contagiata dal nome del locale. Senza perdere altro tempo seguendo i miei pensieri, apro la porta del bar ed entro. All'interno l'odore di brioche si mescola a quello del caffè e delle granite, alla radio trasmettono una vecchia canzone e si sta decisamente meglio ─ il miracolo dell'aria condizionata.
Sulla parete destra c'è un bancone con una superficie di vetro e dietro questo una serie di grandi mensole ricolme di bottiglie di alcolici e altri drink, oltre agli appoggi con la classica macchina per il caffè e l'apparecchio per le granite, mentre in una scatola nascosta dietro uno sgabello dall'aria traballante sono stati riposti con cura dei dischi in vinile. Un lato del bancone inoltre è stato trasformato in una vetrina per i gelati, dove però vedo solo cinque o sei gusti circa, nonostante le vaschette siano circa dodici.
Alla mia sinistra, invece, dietro le colonne degli archi che sorreggono il soffitto, ci sono altri tavoli, stavolta quadrati e con quattro sedie attorno, e dei piccoli menu posati sopra. Appesi alla parete ci sono dei quadri di Van Gogh e un mobile in legno scuro dove sono stati sistemati dei libri. Inizio a sperare che questo sia un caffè letterario, perché potrei seriamente prendere in considerazione l'idea di trascorrere qui tutta la mia estate.
«Salve» mi giro di soprassalto e il mio sogno ad occhi aperti viene spazzato via. Dietro il bancone è apparso un ragazzo che mi guarda incuriosito, una mano regge un bicchiere, l'altra uno straccio. «Cosa desidera?»
Un telo per asciugarmi e magari un paio di ciabatte taglia trentanove, grazie, penso senza togliere gli occhi di dosso al ragazzo. Non mostra più di vent'anni, i capelli corti e castani sono del medesimo colore degli occhi, ogni lobo ha due anelli argentati e da sotto la maglietta bianca spuntano dei tatuaggi lungo le braccia. Nonostante il mio odio verso i tatuaggi, a primo impatto ha un non so che di affascinante.
«Ehm... un caffè andrà bene. E un po' d'acqua, grazie.»
Il ragazzo annuisce e mi dà le spalle per preparare il caffè. Appena El verrà a sapere che sono andata a bere un caffè senza di lei mi ucciderà, ma al momento non è la cosa che mi preoccupa di più. Mi guardo intorno sperando che il ragazzo con la chitarra appaia all'improvviso, ma al momento l'ingresso del bar è ancora vuoto e la radio ha fatto partire un pezzo di David Bowie.
«Ecco a lei» la voce del ragazzo allontana tutti i pensieri e l'odore del caffè appena fatto mi riempie le narici. «Viene dalla spiaggia?» mi chiede poggiando i gomiti sul bancone.
«Be', sì» verso l'intera bustina di zucchero nella tazzina. «Come fai a saperlo?»
«Il suo costume è bagnato e ci sono le sue impronte per terra» risponde con un tono non più tanto dolce, indicando la scia di sabbia e goccioline d'acqua sul pavimento.
«Ah» Immagino El dietro di me che ride con le lacrime agli occhi mentre sento le guance diventare color porpora. «Mi dispiace, io...»
Il ragazzo sospira rassegnato. «Tranquilla, non importa.»
Sto per scusarmi un'altra volta quando il suono di una porta che si apre e si chiude subito dopo mi interrompe. Io e il ragazzo dietro il balcone voltiamo la testa nello stesso istante verso l'ingresso. Il ragazzo con la chitarra entra col capo basso e la rialza solo quando i raggi del sole non lo colpiscono più in faccia.
«Ciao, Mic» dice sorridente posando la custodia della chitarra su una delle sedie. Il ragazzo dietro il bancone borbotta un Ciao meno lieto e subito dopo il misterioso musicista si avvia verso la porta del bagno.
Sento un'improvvisa ondata di felicità travolgermi e il mio cervello che inizia a ragionare sempre più velocemente. Adesso lui è qui, e chissà quando mi ricapiterà di essergli così vicina. Non posso certo dirgli Ciao! Mi chiamo Ariadna, ti ho visto suonare in strada ieri sera e adesso sei il mio chiodo fisso. Ti va di passeggiare sul mare mentre discutiamo della nostra futura vita insieme tra brani musicali e qualche aneddoto latino?
Ehi, aspetta un minuto...
Ripeto in mente tutto ciò che mi sono detta ed è proprio tra quelle parole che trovo la soluzione al mio problema. Il latino, ma certo!
«Scusa, hai una penna?» Se El fosse qui, mi direbbe che sono pazza e che ho preso troppo sole. Ma non ho altre alternative.
Il ragazzo del bancone mi guarda dapprima perplesso, poi infila la mano in un cassetto e tira fuori una bic nera. Afferro la penna ringraziandolo e con un gesto fulmineo apro uno dei fazzoletti di carta. Ricalco la scritta più volte e controllo che tutte le lettere siano leggibili il più possibile.
Appena finito di scrivere, poso la penna sul bancone e alzo il fazzoletto, ammirando la mia opera:
❝ Nec sine te
nec tecum vivere possum ❞
Ripiego il fazzoletto su se stesso alla meno peggio e dopo essermi assicurata che il ragazzo non stia per tornare, corro verso il tavolo dove ha posato la chitarra e lascio lì il mio "biglietto-fai-da-te".
Il mio cuore si libera di un peso così grande che persino respirare diventa più facile. Mi giro verso il bancone: il ragazzo è sparito, si sarà allontanato mentre stavo scrivendo? Tu allontani la gente, tu e Seneca fate paura, mi direbbe El.
A proposito di El... lancio un'occhiata tesa all'orologio appeso al terzo arco e mi accorgo che è già da un po' che sono via, e non oso immaginare quale sarà la sua reazione quando scoprirà cosa ho fatto. Esco dal bar e mi metto a correre in mezzo alla strada per evitare ulteriori scottature sotto i piedi.
E solo dopo essere tornata in acqua, realizzo di non aver pagato il caffè.
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F͏i͏f͏t͏e͏e͏n ͏d͏a͏y͏s
Chick-LitAriadna Martini è difficile da descrivere. Si perde tra le pagine dei dialoghi di Platone, parla delle orazioni di Cicerone come se fossero ricordi della sua infanzia e la sua fiaba preferita non è stata scritta dai Grimm, bensì da Apuleio. Ha dicio...
