Cap. 9 - Virtú

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La luce penetrava dalle tende spalancate e mi colpiva direttamente negli occhi accecandomi e intensificando il dolore che lambiva la mia fronte come le fiamme dell'inferno.
Cercai di rigirarmi tentando di schivare i raggi solari,  ero troppo pigra per alzarmi a chiudere le pesanti tende color amaranto, ma qualcosa di ingombrante ed irremovibile sembrava bloccarmi.
Non ricordavo nulla della sera precedente, il vuoto e un orribile sensazione di nausea erano le mie compagne in quel momento.
Il peso si fece più pressante e finalmente decisi di aprire gli occhi sospirando stanca, sbattei le palpebre velocemente tentando di mettere a fuoco le pareti delle mie stanze private e di mettermi seduta sul letto.
Abbassai lo sguardo massaggiandomi coi polpastrelli le tempie doloranti e spalancai la bocca fissando il braccio avvolto intorno alla mia vita, seguii con lo sguardo l'arto per arrivare al volto del proprietario e per poco gli occhi non mi sfuggirono dalle orbite.
Lunghi capelli neri incorniciavano arruffati il volto mascolino di Jack, mi approfittai del momento e inizia ad osservare con attenzione il suo viso; un accenno di barba spuntava lungo la linea della mascella e sul collo, le labbra carnose erano socchiuse e un leggero russare spezzava il silenzio della mia stanza.

"Che ciglia lunghe, che invidia"

Fortunatamente le lenzuola bianche erano scese lungo il corpo muscoloso dell'uomo e mi permettevano di dare una sbirciatina in più a quel fisico statuario.

Recuperai una bottiglia di superalcolico rimasta vuota tra i nostri corpi nudi e scoppiai a ridere, forse ancora ubriaca.

«Oddio, che diavolo é successo ieri sera? » sussurrai nel tentativo di non svegliare l'uomo steso al mio fianco, il quale semplicemente si avvicinò di più a me, stringendomi ancora.

Iniziai a sgusciare via dalla sua presa lentamente, ogni singolo muscolo del corpo mi doleva e sembrava esser trapassato da aghi incandescenti, caddi a terra e fortunatamente il rumore fu attutito dal tappeto posto sotto il letto.
Mi alzai mordendomi il labbro per contenere i gemiti di dolore e mi avviai in punta di piedi fino al bagno privato, adiacente alla mia camera da letto.

Mi avvicinai al lavabo e immersi le mani nella tinozza d'acqua già riscaldata da alcune cortigiane e iniziai a sciacquarmi il viso,  le braccia e il seno, l'odore pungente e rinfrescante del limone, mescolato all'acqua calda impregnò l'aria e la mia pelle.
Sospirai pesantemente tenendomi la testa e imponendomi mentalmente di far riaffiorare i miei ricordi.
Iniziai a prendermi a schiaffi sulle guance camminando avanti e indietro per tutta la stanza, dovevo sembrare un' isterica.
Mi bloccai come una statua di sale una volta osservatami allo specchio a muro posto al centro della stanza, piccole macchie cremisi costellavano il mio corpo, dal collo fino alla curva del pube.

"Quel figlio di puttana mi ha lasciato dei segni!"

Spalancai la bocca seguendo con le dita il passaggio della sua bocca, ringhiai infuriata, quando una voce spezzò il silenzio.

«Buongiorno principessa.» Mi volsi infastidita verso il suono e incontrai dei profondi occhi blu colmi di ilarità.

«Che diavolo vuoi ora Eric? » brontolai fissando il ragazzo biondo  che era entrato di soppiatto nel mio bagno.

«Oh nulla,  ieri avevo sentito un certo movimento nelle tue stanze ed ero venuto a controllare che non ti avesse uccisa e fatta a pezzi.» Ridacchiò ironico.
«Allora... Finalmente hai perso la tua virtù, come ci si sente? » ghignò divertito al vedermi impallidire improvvisamente.
«Cosa?  Perso?  No é impossibile, io non ricordo nulla! » mi avvicinai ancora di più allo specchio e cercai di frugare tra le mie parti intime alla ricerca di una prova concreta che la mia purezza fosse intatta o meno.

Sentii la sua risata rimbalzare tra le pareti del bagno.
«Sei davvero uno spettacolo in questo momento sai? Ah se ti vedessero le altre puttane.» Disse l'uomo tra una risata e l'altra, potevo vederlo perfettamente nel riflesso dello specchio, piegato in due a tenersi lo stomaco.
Lo fulminai con lo sguardo.
«Idiota invece di ridere vieni immediatamente qui ad aiutarmi!» gridai istericamente, realmente preoccupata.

Non potevo aver perso la verginità, non volevo aver perso la verginità.

Per me simboleggiava l'unica parte pura del mio essere, ero cresciuta circondata dal sesso, dal denaro e dell'oppio, fin da bambina avevo appreso tecniche di seduzione e compiuto gesti che una creatura così giovane non dovrebbe mai fare,  che mi avevano segnato indelebilmente.
L'unica cosa che ancora mi rimaneva era la mia illibatezza, che aveva acquisito un significato sempre più importante, principalmente a causa dei romanzi cavallereschi sui quali avevo basato e costruito le mie fantasie di bambina.
Da piccola leggevo con foga e passione questi racconti di giovani dame pure e innocenti che venivano cercate, salvate e amate dai principi dei loro sogni. Non ero così sciocca da credere che un principe sarebbe apparso nella mia vita per salvarmi dalla lussuria e dai vizi che mi circondavano, perlomeno non più.
Però, desideravo davvero poter considerare almeno una parte di me stessa pura.
Era l'ultimo frammento che mi differenziava da quel mondo, una piccola parte d'innocenza che desideravo proteggere e che potevo proteggere grazie al potere che avevo accumulato che mi rendeva autonoma e indipendente da chiunque, io decidevo per me stessa.

Ma ciò che era accaduto ieri sera non era previsto, non era nei miei piani e soprattutto non doveva accadere, avevo totalmente perso il controllo a causa dell'alcol e della Sua presenza.

Lacrime amare mi pungevano gli occhi e notai la consapevolezza del mio stato nello sguardo di Eric,  attraversato da un lampo di preoccupazione.
Il giovane percorse velocemente la distanza che ci separava e si inginocchiò ai miei piedi e cercando di alleggerire l'atmosfera pesante che si era venuta a creare nella stanza, ironizzò dicendo:
«Era da un po' che non mi infilavo tra le tue cosce.» Sbuffai, nonostante la situazione era riuscito a strapparmi un sorriso tirato, carico di ansia.

Inizió a controllare il mio punto più intimo, che a mio malgrado conosceva molto bene grazie ai nostri incontri privati.
Eravamo soliti perderci l'uno tra le braccia dell'altro, con rabbia e dolore, nel tentativo di consolarci a vicenda e dimenticare, seppur momentaneamente, i fantasmi del passato, che continuavano a tormentarci.
Ricordandoci chi eravamo: un ragazzo cresciuto per essere la puttana di un bordello e una ragazza cresciuta per gestirlo, a tutti i costi, sacrificando anche la propria innocenza di bambina.

Da alcune settimane però i nostri incontri erano cessati, non ci eravamo più visti con intenti carnali; lui passava la maggior parte del suo tempo nei sotterranei e io divisa tra il mio ufficio e le mie stanze.

Chiusi gli occhi aspettando il responso di Eric, il mio cuore sembrava aver smesso di battere.
«Torna pure a respirare principessa, sei ancora intatta.» Un sospiro uscì dalle mie labbra, portando con se tutta l'ansia e la paura accumulare

Riaprii gli occhi, specchiandomi nei suoi zaffiri incastonati tra le lunghe ciglia color miele e sorrisi rasserenata.

Anche le sue labbra si dischiusero, mostrando la candida dentatura,  felice a sua volta che il motivo della mia preoccupazione fosse svanito.

Una voce carica di rabbia mista a confusione ruppe il silenzio:
«Che cazzo sta succedendo qui? »
Mi voltai verso Jack, il suo bellissimo viso era stravolto dalla furia, le narici erano dilatate, le labbra ridotte a una linea sottile,  il volto pallido e i suoi meravigliosi occhi marroni, sembravano neri tanta era la rabbia che li inondava.
L'unico pensiero che mi attraversò fu uno strano senso di colpa nel trovarmi in quella posizione ambigua davanti a quelle iride color cioccolato fuso, non volevo che fraintendesse la situazione.
Fu come ricevere uno schiaffo, mi trovai a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua alla ricerca di una giustificazione concreta che spiegasse la presenza di Eric inginocchiato ai miei piedi.
Non mi era mai successo di trovarmi senza parole nel tentativo di discolparmi.

"Che mi stava succedendo? "

Il Giardino delle RoseWhere stories live. Discover now