Cap. 18 - L'annuncio

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Con solo alcune falcate tornai nella grande sala da ballo, le mie orecchie furono immediatamente investite dall'orecchiabile musica dell'orchestra e iniziai a cercare la figura di Alyson in mezzo alla miriade di invitati, non volevo rimanere un minuto di più, avevo detto addio all'uomo che mi aveva scombussolato la vita e ora sarei tornata alla mia solita esistenza.
Mi inoltrai tra le coppie intente a ballare un ritmato valzer e proseguii alla ricerca della mia fanciulla vestita di verde e oro.
Mi parve di vederla impegnata a parlare con facoltosi uomini, che la accerchiavano come lupi dinanzi ad un inerme agnellino. Quella lunga chioma dorata non poteva esser che sua, mi sembrò in evidente difficolta e preso un grosso respiro, tentai di raggiungerla.
Mi sentii all'improvviso afferrare con poca eleganza per il polso, una presa ben salda e mascolina, ma non era quella di Jack, potevo sentirlo, mi voltai stizzita e riconobbi, nonostante fosse celato da una semplice maschera nera, il viscido sguardo del figlio del sindaco, Joseph Clay, che mi sondava come fossi un succulento pezzo di carne.
«Desidera mio signore?» affermai fingendo di non riconoscerlo. Il suo volto si aprì in un sorriso ricco di aspettative, aspettative che certamente non avrei né corrisposto né avverato.
«Nulla, ho visto una donna meravigliosa tutta sola e mi sembrava doveroso farle compagnia.» Sussurrò quasi con cospirazione, mi si rivoltò lo stomaco per il disgusto ma simulai un sorriso e abbassai il capo fingendo il rispetto che quell'uomo non avrebbe mai potuto ottenere, non da parte mia.
«La ringrazio, ma dovrei davvero andare.» Tentai di sgattaiolare via dalla sua presa, che divenne ancor più ferrea, impedendomi la mia tanto agognata fuga.
«Non si faccia pregare, avanti solo un ballo.» l'altra mano raggiunse presto il mio fianco e sospirando non mi rimase altra scelta che accettare.
«Allora donna misteriosa avete un nome? Non credo di avervi vista, forse è la maschera ad ingannarmi.» Entrambe le sue mani presero ad esplorare la mia schiena per poi scendere lungo la vita, trattenendo brividi di disgusto mi affrettai a rispondere, pregando interiormente che la ballata si concludesse in fretta.
«Mi chiamo Roza mio signore, credo conosca il Giardino.» Affermai con falsa ingenuità, lo vidi sussultare e il suo sguardo divenne all'istante più lussurioso.
«Sì, l'ho visitato alcune volte, per conoscervi di persona, ma non vi ho mai vista, che fortuna trovarvi qui.» Mi strinse più vicino a sé e prese a vagare lungo il mio volto con le dita, mi affrettai a scostarmi.
Certo per conoscermi.
I miei fiori mi avevano riferito come spesso, subito dopo l'atto, tormentasse le ragazze con domande personali sulla mia persona e tentasse in ogni modo di scoprire di più sul mio passato. Una volta Eric lo aveva trovato davanti alla porta delle mie stanze private, ma codardo com'era e spaventato dalla stazza del biondo, era fuggito via con una scusa poco credibile.
«Potremmo iniziare ora, conosciamoci un po', che ne dice? Dato che mia sorella sta per sposare un nostro vecchio amico d'infanzia e unire le nostre famiglie, anche noi potremmo seguirli. Deve sapere che sono il figlio del sindaco, posseggo molte attività di questa città, noi due insieme avremmo in pugno l'intera Steigerwald.» Mi sussurrò all'orecchio con fare cospiratorio.
Ero a conoscenza che la famiglia Clay puntasse da mesi al bordello. Inizialmente avevano tentato di aprirne alcuni, tutti miseramente falliti dopo qualche settimana, erano passati poi a offerte di denaro sempre più alte , che rifiutai una ad una, anche la più esorbitante, senza nemmeno pensarci. Non avrei mai venduto il mio Giardino, era il rifugio di molte fanciulle e da quando la gestione era passata a me, lo sentivo finalmente come la mia casa. Non avendo più appigli il primogenito dei Clay, a quanto pareva, era passato direttamente alle proposte di matrimonio.
La mia espressione disgustata venne fortunatamente nascosta dalla maschera, credeva davvero che il mio solo obiettivo era il potere e il denaro? Che sventolandomi in faccia i suoi possedimenti sarei caduta ai suoi piedi? Povero illuso. Non potendo comunque offenderlo, nessuno vorrebbe l'uomo più potente della città come nemico, né tantomeno suo figlio, tentai di declinare nel modo più cortese possibile e sorrisi all'uomo inchinandomi leggermente.
«La ringrazio mio signore, ma non sono interessata. Non sono adatta a rassettare la cucina né a crescere pargoli.» Tentai per l'ennesima volta di andarmene, ma la stretta divenne quasi dolorosa.
«Non fare la donna di classe, sappiamo tutti chi sei davvero. Tua madre era una puttana insolente che ha avuto l'affronto di aprire un bordello e tu non sei sicuramente da meno. Una donna a capo di qualcosa, è ridicolo!» Mi strattonò con forza il braccio, ma non sentii dolore, la rabbia ribolliva forte impedendomi di provare qualsiasi altra sensazione, quel bastardo impudente stava volando troppo vicino al sole e presto si sarebbe bruciato. Fortunatamente grazie al ballo insieme eravamo arrivati fino alla parte opposta della sala, lontani da sguardi indiscreti. Mi apprestai a sputare tutto il veleno accumulato in anni di soprusi, odio e insulti, perché ero donna e indipendente, in un mondo fatto di uomini al comando e donne buone solo da mostrare in pubblico come accessori e per mettere al mondo un erede.
Prima che riuscissi a emettere un solo fiato, una figura si frappose fra di noi, riconobbi immediatamente il bel volto di Jack distorto dall'ira, superava di parecchi centimetri Joseph e immediatamente lo spinse al muro bloccandogli la gola con l'avambraccio, distinsi chiaramente le parole pronunciate a denti stretti:
«Chiedile. Immediatamente. Scusa.» Le spalle dell'uomo tremavano contratte di rabbia, potevo quasi scorgere le saette nei suoi occhi castani, ridotti a due sottili fessure. Il ragazzo che fino a qualche attimo prima mi fissava con arroganza e superiorità, rabbrividiva bloccato dalla paura, i suoi occhi saettavano dalla mia figura a quella di Jack, senza capire il rapporto che ci legava e la reazione così smisurata del suo amico.
«Ti ho detto di chiederle scusa!» Sussultai mentre il moro sbatteva nuovamente al muro Joseph, facendogli battere la testa contro la parete.
«Amico che ti prende? É solo una lurida puttana.» Sputò quelle parole con ritrovata arroganza e immediatamente vidi una furia cieca farsi largo sul volto impallidito di Jack.
Vidi il suo pugno levarsi in alto, ero certa che gli avrebbe come minimo rotto il setto nasale e immediatamente corsi ad aggrapparmi a lui, impedendogli così di colpire il figlio del sindaco, non potevamo certo dare spettacolo e uno scandalo del genere avrebbe rischiato di rovinargli l'esistenza e certamente il matrimonio, non che quest'ultimo mi interessasse, per me potevano pure sposarsi e vivere felici, contenti e morire tra atroci sofferenze.
«Lascialo Jack! Immediatamente!» Lo scossi con tutta la forza che avevo e cercai di ricevere la sua attenzione, il volto ancora irato dell'uomo si girò e appena incontrato il mio sguardo, vidi la calma diffondersi nuovamente sul suo volto, le spalle si rilassarono e finalmente mollò la presa da Joseph, che aveva iniziato a divenire paonazzo.
La voce di Jack mi raggiunse stranamente timida:
«Scusami, ma non posso sopportare chi ti tratta senza il rispetto che meriti, sei una donna meravigliosa e non capisco cosa io abbia fatto per meritarmi il trattamento di prima.»
Trattenni una risata isterica, con la coda dell'occhio vidi il giovane Clay, raggiungere il padre per poi sussurrargli qualcosa all'orecchio indicandoci da lontano.
«Non voglio il rispetto di qualcuno così ottuso, gestirò un bordello, non sarò una santa, ma puoi star certo che non sono l'amante di nessuno e nemmeno una seconda scelta!» Lo fissai risoluta, la continua confusione che leggevo nel suo sguardo iniziava ad irritarmi, era stato così spavaldo da invitarmi al grande annuncio del suo matrimonio ed ora sembrava divertirsi a far finta di nulla.
«Ma di che diavolo stai blaterando Roza!» allargò le mani più stranito che mai.
All'improvviso la nostra discussione venne stroncata dall'assordante fischio di un microfono, ci girammo entrambi verso il palco, sopra il quale, davanti all'orchestra, si erano piazzati il sindaco e un altro uomo che non conoscevo, il quale fissava con malcelata superiorità gli invitati. Il fisico asciutto era fasciato da un completo elegante bianco, abbinato alla maschera avorio dai preziosi intarsi.
L'uomo prese la parola:
«Buonasera miei cari, è un onore poter annunciare dinanzi a così tanti amici e familiari una notizia tanto lieta. Sono orgoglioso di poter comunicare che mio figlio Jack Ezra Atlas si unirà in matrimonio con la meravigliosa Charlotte Elisabeth Clay.» L'irritante fastidio per quelle parole venne surclassato dalla sorpresa, quell'uomo così austero era il padre di Jack?
«Ma che cazzo sta succedendo?»
«Ti sposi, perché non lo sapevi?» domandai ironica.
«No. Devono essersi dimenticati di dirmelo.»

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