Cap.10- La prima notte

4.2K 81 1
                                    

Alyson

ll vibrante e ritmato suono di una goccia d'acqua spezzava il silenzio della stanza e accompagnava lieve il battito del mio cuore, stavo per impazzire.
Sospirai prendendo dal cesto al mio fianco una fragola, che portai alla bocca; addentai il dolce frutto assaporando la polpa corposa, cercai invano di ipotizzare che ore fossero, Eric ancora non si era visto e iniziavo a sentirne la mancanza.
Era certamente un idiota, un arrogante e un pervertito, ma era anche l'unico uomo fin ora ad avermi trattata con gentilezza. Lungo il mio percorso mi sono imbattuta spesso in nobili, servi, paesani e mercanti, tutte le volte non era finita molto bene, tra chi cercava piacere nel toccare nascosto da occhi indiscreti una giovane bambina, che già possedeva fattezze da donna e chi desiderava sfogare la propria rabbia e frustrazione con la violenza.
Portavo ancora le cicatrici di molte di queste avventure, alcune erano più evidenti, costellavano lucide e sottili la mia pelle pallida, mentre altre erano più profonde, erano squarci, tradimenti troppo gravi per essere perdonati, come l'essere stata venduta a degli schiavisti dal mio stesso padre.
Mi mancava il calore della mia casa, ero nata come nobile, mia madre era una viscontessa e mio padre un medico corrotto dai vizi mondani, che aveva acquisito grazie al matrimonio, un titolo nobiliare e le ricchezze ad esso legate.
Rabbrividii ricordandomi quel giorno, quando fui rapita dal mio letto caldo e trascinata nel freddo della notte, denudata della mia vestaglia in seta e marchiata con il simbolo della schiavitù. La mia mano scattò automaticamente a sfiorare il segno cremisi, lasciato mesi prima dal ferro incandescente.
Un altro segno si era aggiunto a sottolineare il mio nuovo status, quello della puttana, accarezzai delicatamente con i polpastrelli il piccolo fiore inciso al centro del mio seno con un coltello e dell'inchiostro, mi aveva riferito Eric che si trattava di una dulcamara, un fiore tanto bello, quanto velenoso.
Il mio sguardo continuava a posarsi con insistenza sulla piccola finestrella, dalla quale entrava un flebile fascio di luce, indicando con la sua posizione, che parte del giorno fosse; doveva essere primo pomeriggio e di Eric ancora nessuna traccia.
Finalmente il suono sordo di qualcuno che bussava alla pesante porta in legno, si propagò nella stanza, coprendo per qualche istante, l'irritante sgocciolio.
Mi sistemai in fretta i capelli e i nuovi abiti, che mi avevano donato, guardando con desiderio verso l'uscio ancora chiuso.
Un lento stridio accompagnò l' aprirsi del battente, ma al posto dell'aitante uomo dai capelli biondi, nella stanza entrò un ragazzo molto giovane e snello.
Si avvicinò con passo felpato e mi sorrise con estrema dolcezza, cercai di nascondere la delusione, il ragazzo aveva i capelli chiari, ma non era il biondo che desideravo al mio fianco in quel momento.
Lo studiai con attenzione, lo avevo già visto poche altre volte, si chiamava Armin.
I tratti del giovane erano dolci e femminili, era più basso di me e indossava degli abiti azzurri di un materiale leggero e semi trasparente che risaltavano ancora di più gli occhi cerulei e i capelli chiarissimi. Sembrava quasi brillare di luce propria.
«Ciao, piacere di conoscerti di persona finalmente, mi chiamo Armin. Eric mi ha riferito che ti chiami Alyson é corretto? » un sorriso candido spuntò sulle labbra sottili, tinte di rosa.
«Sì, é un piacere anche per me. A cosa devo la tua visita?» un lampo di confusione attraversò il suo sguardo.
«Come? Non ti hanno avvertita? Eric non é passato? » negai con un movimento appena accennato e aspettai in silenzio una spiegazione.
«Capisco, mi dispiace essere io a darti la notizia,» fece una leggera pausa, come a trovare le parole appropriate per parlarmi «la tua prima notte é stata acquistata da un viandante, ha pagato profumatamente per averti e arriverà fra un' ora, il tempo necessario per prepararti.» Mi guardò spaventato al notare l'ira crescente deformarmi il volto.
«Vi siete dimenticati di dirmi che sto per essere venduta come un pezzo di carne? Soprattutto quella demente del vostro capo non aveva detto che sarei stata io a scegliere il mio primo cliente?» ringhiai digrignando i denti.
Sussultò, indietreggiando di un passo per poi fissarmi con ritrovata sicurezza:
«Sei stata acquistata per dare piacere ai nostri clienti, é il tuo scopo. Devi solo essere grata di essere finita qui tra le mani di Roza e non da altre parti, a differenza di molti, lei si preoccupa per noi, si prende cura della nostra saluta e del nostro benessere. É generosa, ci permette di tenerci i doni e le mance dei clienti,di andarcene in giro liberamente, di viaggiare. È il minimo ripagare con il nostro corpo l'averci salvati da morte e malattie, dalla strada e dalla violenza,» il suo sguardo brillava di affetto verso quella ragazza che avevo già incontrato, ammiravo il fatto che una donna avesse così tanto potere, sembrava essere davvero rispettata dalle sue cortigiane.
«Non hai avuto possibilità di scelta per il semplice motivo che il viandante ha superato tutte le offerte che hai ricevuto e di molto anche. Ti voleva ad ogni costo!»
Sospirai sentendo lacrime amare pungermi gli occhi, non ero pronta a tutto questo, non ero una donna legata all'amore romantico e all'idea del matrimonio, ma mai in vita mia mi sarei aspettata di arrivare a ciò, perdere la mia purezza, perché venduta ad uno sconosciuto invece che nel talamo nuziale.
Una stretta lieve si avvolse intorno alle mie spalle e la voce argentina di Armin tentò di consolarmi:
«So come ti senti, ci siamo passati tutti e tutte. Sei anche una tra le più fortunate, ho visto il viandante e non é affatto male.» La risata cristallina riempì dolcemente la stanza.
Mi sentii leggermente rincuorata e mi appoggiai con la testa alla sua spalla.
«Ho paura Armin, non era la vita che desideravo...»
«Non so come ci si senta a perdere tutto, io sono nato e cresciuto in questo bordello, per me é normale questa vita e puoi fidarti, diventerà normalità anche per te.» Iniziò ad accarezzarmi lieve i capelli e sospirai sull'orlo delle lacrime.
«Ti voglio raccontare una cosa. Ognuno di noi ha una specie di valore o di debito, una volta raggiunta la cifra corrispondente siamo liberi di andarcene per la nostra strada, oppure di rimanere. Il debito può aumentare nel corso degli anni, con l'acquisto di abiti, gioielli o mobilio per arredare le proprie stanza private. Una volta saldato non siamo vincolati a rimanere qui. »
«Chi ha raggiunto quella cifra? » Armin sorrise dolcemente guardandomi.
«Quasi tutte in realtà, io l'ho raggiunta due anni fa, Eric invece dopo appena un anno dal subentro di Roza alla madre. É molto richiesto. » Rise mentre una sensazione di fastidio mi invase il petto.
«Perché siete rimasti? Non siete vincolati a lei.» Lo guardai confusa.
«Perché le vogliamo bene. Non rimaniamo perché siamo obbligati, ma perché lo desideriamo, in più una volta finito il vincolo, prendiamo una percentuale dei guadagni. É una specie di lavoro. » Sorrise.
Lo guardai con attenzione e annuii.
«Ho capito, una volta saldato il mio debito potrò andarmene giusto? »
«Se é quello che vorrai, sì. Nessuno ti fermerà».
«Benissimo, andiamo, devo prepararmi giusto? » sorrise annuendo e mi prese per mano portandomi nei bagni.

Il Giardino delle RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora