viii. gita

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«Puoi anche evitare di truccarti, a parte che stai bene comunque, ma poi ti porto in un posto per il quale non vale la pena farlo» disse lui con aria misteriosa.
«Uhm.. Okay, dove mi porti?» chiesi con coriosità.
«È un segreto» si limitò a rispondereZ
«Ma io voglio saperlo!» ribattei guardandomi allo specchio e poggiando le mani sui fianchi, in modo per niente aggraziato.
«Se te lo dicessi un sarebbe più un segreto»

[ ... ]

Salimmo sulla sua auto nera, lui mise in moto e io accensi la radio continuando a scorrere per trovare una bella canzone.
Ad un certo punto posò la sua mano sopra la mia, la tolti di fretta, fingendo di dovermi allacciare una scarpa.
Lasciai che fosse lui a girare le stazioni radio, almeno fino a quando non sentii il mitico Styles. «C'è Harry! Non cambiare per nessun motivo al mondo.» annunciai quasi urlando.
«Okay, okay padrona»
«Mi piace!»
«Cosa?»
«Il nome padrona»

Il viaggio fu tutto sommato piacevole, trascorse in fretta l'ora di auto, tra le sue battute e le mie risate, tra il suo sguardo rassegnato quando partiva una canzone presente nella mia playlist. Inutile sottolineare che, ogni volta che questa prtiva, mi ritrovavo a ballare come se non ci fosse nessuno e a cantare a squarciagola.

«Siamo arrivati» disse lui fermando l'automobile in mezzo al verde.
Meno male, dopo quasi due ore di viaggio era anche ora di giungere a destinazione, pensai io. «Dove siamo?» domandai una volta scesa dall'alto. Attorno non vedevo nulla al di fuori della natura.

«Tra poco lo saprai, lascia in auto il telefono e qualsiasi cosa tu abbia con te»
«Va bene signor Capitano, però cosi mi metti davvero paura» ribattei io mentre poggiai sul sedile della macchina ciò che tenevi tra le mani. Per quale motivo dovevo lasciare tutto lì? Soprattutto il telefono, che mi ostinai a prendere comunque.

Nathan aprì il bagagliaio e prense una borsa nera, non lasciandomene capire il contenuto.

Passammo in mezzo alla natura, per un piccolo sentiero sterrato, i rami degli alberi erano piegati dalla brezza e creavanouna specie di cupola sopra le nostre teste. Era bello, rilassa, pensavo. I rumori del bosco mi tranquillizzavano, ma, l'umidità non mi piaceva per niente; infatti mi ritrovai accaldata e umidaticcia.

[ ... ]

Nathan tenne le mani sui miei occhi e mi condusse sempre avanti; «Siamo arrivati» disse mentre lentamente riaprii gli occhi.
Davanti a me trovai un maestoso paesaggio, notai una cascata poco elevata che dava su un laghetti circondato da rocce muschiose.
«È pazzesco» ammisi guardandomi intorno, ancora assorta tra i miei pensieri.
«Già, un bel posto per una bella ragazza come te» rispose lui, mettendomi nuovamente a disagio.

Repetevo a me stessa "È colpa tua, Alexis, probabilmente gli stai lancindo falsi segnali."

«Facciamo il bagno» chiese mentre eravamo seduti su un sasso decisamente alto.
«Ehm.. Ma-» iniziai a parlare ma venni interrotta subito dopo, «Non era una domanda, la mia.»
«Non abbiamo il costume» dissi.
«Certo, se fossi stato cosi gentile da avvisarmi l'avrei preso» continuo dopo.
«Ma ehi! Se te l'avessi detto, non sarebbe stata una sorpresa, poi, dico io, a che ti serve il costume quando puoi stare in intimo?»

Mentre parlava si spogliava, tolse la maglia sentendo quanti più muscoli possibili e poi fece lo stesso con le scarpe e i calzini.

«Ugh, amo l'acqua ma essere in costume o in intimo non è proprio la stessa cosa..» fecu io fissando il vuoto; «Andiamo Looke, non ti facevo una che si tira indietro tanto facilmente e so quanto ti piacciano le sfide» disse lui alzando le spalle e voltandosi, in segno di sfida.

Era proprio vero che amavo le sfide, ero anche una ragazza che non amava farsi pregare per compiere qualche azione; perciò decisi, forse stupidamente, di spogliarmi a mia volta, rimanendo con mutande e reggiseno neri di fronte a lui.

«Bene, ora entri?» chiese retoricamente.
«Prima tu, SantClair.» dissi con un cenno al volto. «Le donne vanno prima» continuò lui insistentemente.
«Vedremo» annunciai io fiera.
Mi avvicinai a lui, posai, con tutta la delicatezza presente in me, una mano sul suo petto e poi lo spinsi con l'intenzione di farlo cadere in acqua.
Ma, poco prima che im suo dannato tallone destro lasciasse la roccia, riuscì ad afferrare il mio polso e a trascinarmi con lui, cadendo entrambi da un'altezza di.. Forse cinque metri.

«Sei uno scemo» ridacchiai schizzandolo una volta in acqua; «Tu mi hai spinto!» ebbe da ridire, a sua volta bagnandomi.
«Posso farti un po' di foto?» domandò raggiungendo la riva, a quabto pare anche lui aveva deciso di prendere il suo telefono.

𝐓𝐄𝐀𝐑𝐒 𝐀𝐍𝐃 𝐇𝐎𝐍𝐄𝐘Where stories live. Discover now