XV

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(Ryokku)

«Lo hai fatto di proposito, vero?» berciai acida, stringendo le dita nella carne delle gambe.

Non c'erano mai stati animali veri al Nido, né si aggiravano vicino ai campi circostanti, ma un giorno trovai un uccello. Era un corvo, uno piccolo, con ancora qualche piuma grigia svolazzante. A quel tempo non avevo nessun amico, Drogo non era ancora arrivato, papà era impegnato con le missioni e Andy se ne stava per conto suo. Pensai che quel corvo fosse caduto dentro le mura per sbaglio e che dato l'avessi trovato io, la responsabilità era mia. Non volevo tenerlo, era vietato, comunque andai a casa e presi del pane, contenta di aver trovato qualcosa da fare.

Quando tornai, Alderyu lo aveva fatto a pezzi. Morì tra le mani di mio fratello, ricoperto di sangue. Stavo ancora piangendo quando si alzò e buttò la carcassa sanguinante nel cestino della spazzatura, poi tornò da Ally e le accarezzò la testa, andandosene via. Non odiai mio fratello, solo non lo capii. Aveva una sua scala d'importanza e io avevo sempre temuto di chiedergli a che gradino fossi.

Il Demone mi guardò da capo a piedi. Anche ad un occhio inesperto sarebbe subito parso qualcosa di strano in quel corvo; era più grosso del normale, il becco era di un sfumatura argentea poco comune e i movimenti erano fluidi, calcolati.

«Hai tentato di divorarmi» gli feci presente con tono scontroso.

«Io non ricordo di averti mangiata» vaneggiò.

«Tu... Tu ci hai provato!» scattai. «È stato solo grazie a mio fratello che tu... tu...» I suoi occhi neri si ingrandirono e notai un'emozione saccente e divertita percorrergli il viso d'animale. Mi stava prendendo in giro. «Sei uno stronzo.»

«Oh, mi ferisci davvero, bestiolina. Non so come farò a vivere d'ora in poi.»

Sarcasmo. No, non andava bene.

«Avevamo un patto: tu mi aiutavi a salvare mio fratello e io ti portavo nel mondo esterno. Pensavo che avessimo potuto diventare amici, tu mi hai solo usata. Per poco non sono morta a causa tua. Che tu ci sia riuscito o meno, hai cercato di possedermi!»

Non mi rispose e io cominciai a perdere la pazienza, afferrai la boccetta di vetro e gliela tirai. Era difficile per me usare il braccio sinistro, non ero mancina e seppure a tutti i soldati venisse insegnato a padroneggiare l'arma con entrambe le mani, affinché destra e sinistra risultassero pari, ero sempre stata un po' pigra ad imparare cose nuove, specie quelle a lungo termine e difficili. La mia mira risultò pessima.

Il Demone osservò la fialetta sbattere contro il muro, lontano da lui, poi mi guardò. Se avesse avuto un sopracciglio lo avrebbe alzato per canzonarmi e per fortuna il corvo si limitò a fare uno stridulo gracidio di scherno.

«Tra tutti i soldati dell'Esercito ho scelto quella con la mira più scarsa. Fantastico» proruppe, quasi sollazzato dal mio gesto. «Pensavo che volessi salvarlo a tutti i costi, è ciò che ripetevi. Ho messo il tuo desiderio al primo posto, dovresti essere felice. Da quel che ho visto dai tuoi ricordi, non sei mai stata calcolata da molti, o sbaglio?»

«Lurido sacco di piume bastardo» ringhiai fuori di me. Curvò la testa in avanti e aprì il becco in una gutturale risata. Non avevo superato la sufficienza di insulti verbali. «Non nutrirò uno come te. Ti farò morire di sete.»

Invece di provare una malvagia soddisfazione, mi sentii a disagio. La sete dei Demoni era uno strazio, un inferno terrestre e dagli occhi del Demone capii di aver detto una cosa sbagliata. Lui era una mia responsabilità ora, era un Dominatore che aveva il compito di temprare il proprio Demone, di addestrarlo, educarlo e nutrirlo. Erano come dei bambini a cui andava messo un filtro.

RyokkuWhere stories live. Discover now