XXIII

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L'acqua era così calda che mi pizzicava la pelle delle cosce e delle ascelle. Adoravo farmi il bagno la temperatura a quota supernova solare, tant'è che la mia pelle rimaneva rossa dopo essermi asciugata a lungo.

Ero a mollo da un bel pezzo, forse venti minuti, i polpastrelli avevano cominciato a diventare grinzosi, i capelli galleggiavano sulla superficie dell'acqua, ancora calda e fumante. Giocherellavo con una piccola paperella di gomma gialla, uno dei vecchi tesori di mio padre riportati dall'esterno, quando mio fratello entrò e mi diede un'occhiata silenziosa.

Sospirò. «Da quanto è che sei lì a prendere polvere?»

Gli feci una smorfia e presi altro sapone al pino, blu e profumato, passandomi per la terza volta le spalle e le braccia.

«Io scommetto che nella mia precedente vita ero un pesce» esclamai.

«Per me eri solo una cretina, o uno di quegli insetti piccoli e puzzolenti» mi liquidò.

Si avvicinò allo specchio e si sistemò le spalline rosse dell'uniforme, i bottoni dorati perfettamente lucidi come le medaglie, i pantaloni stirati e persino i capelli in piega. Si passò un'altra manata di gel tra i capelli e si rimise a posto i ciuffi ribelli sulla testa, piegandoli contro la loro volontà di stare alti e mossi.

«Te ne vai?» borbottai contraria.

Lui annuì vagamente, ma non staccò gli occhi dal suo riflesso. «Entro questa sera sono qui. Io e Louis dobbiamo andare a Londra e sistemare alcune faccende con l'OverTwo. Non ci metterò troppo, lo prometto. E poi questa sera mangiamo i tuoi hamburger, vero? Non me li perderei mai. Quando hai finito, non dimenticarti di andare a prendere il rapporto della missione, non scordartelo.»

Quando ero una sorvegliante di solito erano gli altri a rincorrermi per dare a me i loro resoconti o avere i rapporti, a quanto pareva dovevo scomodarmi io ad andare al Distretto e non li recapitavano loro.

Appoggiai un gomito al bordo vasca. «Drogo ha avuto comodamente il suo rapporto prima di me e lui è... lui. Perché io non posso averla comoda?» grugnii.

«Perché Drogo ha un padre che gli copre il culo e fa ciò che lui non vuole fare altrimenti. Non sono qui per coccolarti, o alzi il culo e vai a prenderti quel cazzo di fascicolo da sola o ti attacchi. Il mio non posso dartelo, prima di tutto non hai il mio grado e la quantità di informazioni è diversa. E poi mi piace molto quando ti costringo a fare cose controvoglia.»

Afferrai la paperella di gomma e gliela lanciai. Lui la evitò ridacchiando, poi si sedette sul water e scosse la testa. Prese la spugna di gomma, la intinse nell'acqua e mi sfregò la schiena come se fosse una specie di armistizio. Sorrisi beata, accasciandomi sul bordo e socchiudendo gli occhi.

«Scommetto che Erik ha fatto qualcosa al mio rapporto, altrimenti non si spiega» pigolai furente.

«In quel caso potremmo pestargli il culo in due» optò. «E poi credo che sia Damian quello che ha insistito per darti il rapporto di persona. Ora che ha scoperto che hai un paio di tette sarà tutto accondiscente con te.»

Strinsi le dita con aria minacciosa. «Vuoi un pugno?»

Lui alzò le spalle, si inclinò e mi diede un bacio veloce. «Regola numero uno: non fare casini. Regola numero due: non crearli. Torno presto, mi raccomando.»

Gli feci il saluto militare e lui scosse la testa, alzando le mani.

«Oh, aspetta, aspetta! Un altro!» mi lagnai e arricciai le labbra, chiedendogli un altro bacio, non soddisfatta.

Quando se ne andò rimasi ancora un po' in acqua, godendomi il silenzio dell'appartamento, il rumore delle gocce del rubinetto e il vociare esterno di alcune truppe. Guardai l'ora nel piccolo orologio a parete e costatai che fosse tardi, erano più o meno le dieci e mezza. Avevo fatto colazione, ma avevo ancora fame, perciò uscii dalla vasca con l'idea di passare prima in mesa e spizzicare qualche budino.

RyokkuWhere stories live. Discover now