LII

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Due giorni dopo casa nostra fu invasa da uomini in divisa e soldati, impacchettarono le nostre cose in orrendi scatoloni e li spedirono. Non misero nemmeno tutta la roba, solo quella che avevamo all'inizio. Le altre, quelle che avevo amato o avevamo comprato, sarebbero rimaste lì ad addobbare le pareti vuote, in attesa di un'altra famiglia.

Andy ci chiuse in casa, tolse tutte le chiavi in modo da non farci allontanare, tenne sempre sott'occhio il GPS e noi. Rimasi nella mia stanza a piangere e ad odiarlo, promettendo a me stessa di non perdonarlo mai. Drogo non capì il motivo di quella dipartita improvvisa, credo che una parte di lui intuisse che fosse in verità colpa mia, eppure non disse nulla.

Cercò di parlare con Andy, quando capì che non sarebbe servito a niente persino pregò di farci restare fino alla fine dell'anno, o almeno di dare un ultimo saluto ai nostri amici. Nulla.

In quarantotto ore Andy organizzò il nostro viaggio di ritorno, sarebbero servite delle spiegazioni da parte mia e avrei dovuto presentare rapporto al generale Mordecai una volta tornata. Non sapevo se ce l'avrei fatta.

Andy arrivò in camera mia, mi diede un'occhiata superflua e vide gli occhi arrossati, le guance umide e il mio sguardo ricolmo d'odio. Non voleva scusarsi, si avvicinò e mi disse piano: «Osa aprire quella boccaccia con il generale e ti giuro che ti aprirò la gola e ti guaderò morire.»

Fece appena in tempo a sedersi sul letto che il generale Smith entrò e, come se si fosse trovato davanti a un funerale, si tolse il cappello dalla testa, in una strana forma di rispetto. «O'Riley ha fatto programmare tutto, potete partire» annunciò. «Siete sicuri di voler abbandonare la missione?» domandò incerto, scrutando la mia espressione.

«Sì, vogliamo tornare a casa» disse mio fratello, stringendo la presa sul mio braccio.

Ci accompagnò fuori e, non aspettandomi di meglio, Drogo diede un bel po' da fare. Urlò e scalciò al posto mio, non si lasciò prendere facilmente e ruppe persino il labbro ad un soldato. Gli iniettarono un sedativo e lo caricarono nel furgone come se fosse un sacco di patate, e nel frattempo continuò a lagnarsi ancora.

Andy afferrò il mio zaino e mi spinse fuori di casa, seguito dal generale. «Il vostro aereo vi attende, arriverete alle prime luci dell'alba. Il vostro rapporto non è stato chiaro, ma confido nelle vostre decisioni. È stato un onore conoscervi.»

Mi asciugai gli occhi con la manica della giacca e quando li alzai vidi Will alla finestra di casa sua, aprì la bocca e uscì di casa in tutta fretta. Urlai il suo nome, come un matto si gettò in mezzo alla strada senza guardare e sua madre mi imitò spaventata. Andy mi bloccò, mi sollevò e mi caricò in macchina.

«Tu» lo avvertì a denti stretti appena fu abbastanza vicino, «avvicinati ancora a lei e ti ammazzerò.»

Battei i pugni contro il finestrino, imprecai e l'unico a cui importò fu o'Riley, il quale era sinceramente sconvolto e addolorato per gli ultimi eventi. Nessuno era al corrente che Will conoscesse il segreto, né che io avessi avuto una relazione con un Demone, tuttavia pregai che nonostante quelli che io non definivo ancora errori gli altri potessero vedere il mio sincero dolore.

«Non voglio andare via! No! No!» strillai.

Andy salì in macchina e mi diede uno strattone per allontanarmi dal finestrino e il lunotto, costringendomi a non voltarmi. L'ultima cosa che vidi fu Will e sua madre, corsa dall'altro lato della strada per fermarlo e stringerlo forte, lui a malapena si reggeva sulle gambe.

Il volo durò quasi undici ore, senza scali. Io continuai a piangere senza sosta, Drogo era seduto accanto a me, non osò parlare o muoversi, tanto meno mangiare. Ryokku e Hejji Igel non si fecero vivi, temetti che se Ryo si fosse mostrato mio fratello avrebbe potuto aggredirlo e non volevo che succedesse una cosa simile, non a diecimila metri di altezza.

RyokkuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora